(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 432-435
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(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — article » pp. 432-435

Biancolelli Giuseppe Domenico, figlio della precedente, più noto in Francia col solo nome di battesimo « Dominique, » nacque a Bologna nel 1646 secondo i più, compreso lo Jal ; tra il’37 e il’38 secondo Carlo Cantù (Buffetto), il quale nel citato Cicalamento ci avverte aver avuto Menghino, il minor figlio d’Isabella, al 1645, sette anni e mezzo. Ed è il Cantù che lo chiama Domenico Giuseppe ; e Domenico Giuseppe è chiamato nel ritratto di Ferdinand che qui riproduciamo, mentre lo Jal non sa del secondo nome capacitarsi, non avendo mai trovato il Biancolelli, in quanti documenti abbia veduti, firmato se non col primo. Da tal Cicalamento parrebbe accertato avere avuta il Biancolelli la prima educazione da Carlo Cantù, dal quale, espertissimo Zanni, molto probabilmente accolse l’idea fondamentale del teatro e del tipo che dovea poi, non molti anni dopo, farlo al sommo famoso. Pare che egli recitasse, ancor giovinetto, nella Compagnia del celebre Tabarrini a Vienna, quando per invito di Luigi XIV, con lettera del 5 luglio 1661 al Duca di Parma, fu mandato a Parigi.

Il Duca di Parma più che protettore e benefattore, fu amico di Buffetto ; e durante le noie che questi ebbe a patire pel suo matrimonio con Colombina, il Duca potè conoscere e amare anche il piccolo Domenico, il quale, molto probabilmente, per intromissione e raccomandazione di Buffetto stesso, che volea bene al figliastro come a figliuolo, fu dal Duca mandato a Parigi per assumervi nella compagnia italiana la maschera dell’arlecchino. Dominique, stando sempre al Cicalmento (pag. 46) non si recò allora a Parigi per la prima volta : egli vi andò sul finire del’45, quando da quella Cristianissima Maestà vi fu chiamato Buffetto, il quale anche ci fa sapere come, presentate le commendatizie e ricevuti con ogni degnazione da’Sovrani e dall’eminentissimo Cardinal Mazzarini, fosser dati a Menghino e denari e un vestito bellissimo. I genitori, a ogni modo, avean recitato anni a dietro a Parigi, e la madre vi avea lasciato assai buona memoria : non dunque vi andava il figlio sconosciuto. Non mi fu dato rintracciare il titolo della commedia colla quale egli esordì : si sa solo che il primo Zanni della compagnia era Locatelli (Trivelino), e il secondo Biancolelli ; che, recitando con istraordinaria verità, finì col vincerla sulla recitazione raffinata, ma un po’manierata di Trivelino ; morto il quale, nel 1671, egli ne prese il posto, conservando la maschera di arlecchino, e diventando in breve l’idolo del pubblico.

Sposò il 2 aprile ’63 Orsola Cortesi (Eularia), da cui ebbe otto figliuoli, tre de’quali, due femmine e un maschio, seguiron l’arte de’parenti.

Povero Biancolelli ! La cieca devozione e un sentimento profondo di gratitudine verso il monarca, che a lui tante prove avea dato di benevolenza e di famigliarità, il desiderio vivissimo di servirlo fedelmente ogni qualvolta se ne porgesse occasione, furono il vero motivo della sua morte. Il maestro di ballo del Re, Pietro di Beauchamps, avea fatto un giorno alla Corte, in una specie di intermezzo che i comici italiani aveano inventato in una commedia che rappresentavan dinanzi al Re, un nuovo passo assai singolare che fu molto applaudito. Dominique, non meno eccellente ballerino che eccellente attore, si diede alcun tempo dopo ad imitare il ballo di Beauchamps, e vedendo quanto il Re prendesse diletto da quella parodia, maestrevolmente eseguita, la prolungò più che potè. Ma sciagura volle che, abbandonata la scena sudatissimo, egli prese tal raffreddore che, mutatosi di punto in bianco in polmonite, lo condusse in capo a pochi giorni al sepolcro : e ciò fu il 2 agosto 1688.

La Comedia italiana restò chiusa poco men d’un mese in segno di lutto ; e il giorno in cui si riaprì, fu affisso ai muri di Parigi un manifesto, ov’era espresso tutto il cordoglio per la grave perdita, e tutto il rammarico per non saper come colmare la immensa lacuna.

Ecco lo stato della Compagnia alla morte di Dominique, che traggo dal prezioso manoscritto del Gueullette sullo Scenario del Biancolelli e sul Teatro italiano, esistente alla Biblioteca dell’Opera di Parigi.

Il Dottore Lolli
Eularia Cortesi vedova Biancolelli
Aurelia Brigida Bianchi vedova Romagnesi (Orazio)
Diamantina Patrizia Adami
Cintio Romagnesi Cintio
Aurelio Ranieri
Scaramuccia Tortoriti
Pascarello Fiorilli
Pierrot Geratoni
Isabella Fr. M. Ap. Biancolelli
Colombina Caterina Biancolelli
Mezzettino Angelo Costantini

Attori ricevuti dopo la morte di Dominique :

Ottavio al posto di Aurelio, G. B. Costantini.
Arlecchino al posto di Dominique, Evaristo Gherardi.
Marinetta Angelica Toscano, moglie di Tortoriti.
Leandro Carlo Virgilio Romagnesi, al posto di Cintio suo padre che prese il posto di Dottore invece di Lolli.
Spinetta Moglie di un attore italiano, Vittorio D’Orsi, che in Italia faceva i Dottori, fratello di Angiola.
Auretta figlia di Angiola.

Dominique fu di statura più che mezzana, e snello…. ma innanzi di morire, impinguatosi alquanto, aveva perduto un po’di quella elasticità indispensabile alle parti di Arlecchino. Fu colla moglie naturalizzato francese nell’aprile del 1680, ed ebbe onori di ogni specie ; primo, la intrinsichezza di Luigi XIV ; al proposito della quale si raccontan gli aneddoti seguenti :

Gli attori della Comedia Francese volevano impedire a quelli della Comedia Italiana di parlare francese. L’affare si fece serio, e ne volle essere giudice lo stesso Re, che ascoltò gli avvocati delle due compagnie : Baron e Biancolelli. Allorchè il Baron ebbe terminato di perorare la causa de’suoi colleghi, il Re accennò a Biancolelli di parlare.

— Che lingua – disse al Re il bizzarro attore – vuol Sua Maestà ch’io parli ?

— Quella che tu vuoi – rispose il Re.

— Non m’occorre altro, Maestà…. La mia causa è vinta.

Baron voleva protestare, ma il Re, dopo aver riso della interpretazione spiritosa, conchiuse :

— Quel che è detto è detto, e non se ne parli più. — 

Assistendo una sera Biancolelli alla cena del Re, contemplava con occhio avido e invidioso due magnifiche pernici servite su di un piatto d’oro. Luigi XIV che se n’accorse, volto al direttore di tavola :

— Date – disse – questo piatto a Dominique….

— Come !… Sire !… – sclamò Dominique – anche le pernici ?

Il Re lo guardò un istante, poi, sorridendo, rispose :

— Anche le pernici !… — 

Nè a queste intimità si fermò la degnazione sovrana, chè Luigi stesso volle essere il padrino del primo figliuolo di Dominique cui fu messo il nome di Luigi, e che, entrato giovanissimo nella milizia, morì nel 1729 a sessant’anni circa, in Tolone, direttore delle fortificazioni nel dipartimento di Provenza, e cavaliere dell’ordine militare di S. Luigi. Molte commedie egli scrisse pe’l teatro francese, e solo, e in società col Du Fresny. (V. Teatro di Gherardi, vol. V e VI).

E per farsi un’idea della stima in cui era tenuto Domenico Biancolelli a Parigi, e della specie de’suoi ammiratori, protettori e amici, basti vedere nello Jal (op. cit., pag. 214 e segg.) la lunga sfilata degli alti personaggi che tennero a battesimo gli otto figliuoli.

Dopo la morte del grande artista il Mercurio di Francia pubblicò i seguenti versi :

SUR LA MORT D’ARLEQUIN

Les plaisirs le suivoient sans cesse,
Il répandoit partout la joie et l’allégresse.
Les jeux avec les ris naissoient dessous ses pas :
On ne pouvoit parer les traits de sa satire ;
Loin d’offenser elle avoit des appas.
Cependant il est mort, tout le monde en soupire.
Qui l’eût jamais pensé sans se deséspérer
Que l’aimable Arlequin qui nous a fait tant rire
Dût sitôt nous faire pleurer ?

Se egli avesse molta istruzione non è affermato : almeno il suo Scenario (V. F.lli Parfait, e Biblioteca de l’Opera di Parigi, che conserva lo Scenario intero trascritto da Gueullette) non ne è indizio certo ; e questo sembrò anche agli stessi Parfait. Ma quel che appare fuor d’ogni dubbio è che il Biancolelli aveva siffatta intuizione artistica, era siffattamente padrone de’così detti ferri del mestiere, de’salti, delle cadute, delle capriole, delle scalate arlecchinesche, da essere meritamente acclamato uno de’più forti artisti del suo tempo : il che parmi anche provato dalla somma ch’egli lasciò, morendo, agli eredi, la quale ascese a 100,000 scudi.