Castagnola…….. Nobile padovano che recitava nella Compagnia del famosissimo Ruzzante, sostenendovi il personaggio di Bilora. Vedi il secondo de’ dialoghi in lingua rustica, in cui sono interlocutori : Bilora e Pittaro villani, Dina moglie di Bilora, M. Andronico venetian, e Tonin bergamasco, suo fante. Il dialogo è de’ migliori e le scene fra Dina e Bilora e fra Bilora e il vecchio Andronico ove son descritti gli amori di questo per Dina son della più schietta comicità.
Castiglioni Leonora. Per quante ricerche fatte a Ferrara, a Mantova e altrove, non mi fu possibile rintracciar altre notizie su questa comica, che le due lettere, che metto qui ; di cui una comunicatami dal cav. Azzolini, e una dal conte Malaguzzi dell’Archivio di Modena.
Ill.mo Sig.re et Pad.e Coll.mo
L’allegrezza che mi ha apportato la sua cara lettera, per vedere ch’ella tien di me memoria, ben che sua minima nell’operatione, ma nell’affetto riuerente serua maggiore, vien mitigata oltre modo dal quasi accertarmi ch’ella non ritorni in Ferrara p. q.º Carnev.e e ben che alle cose impossibili vi sia maggior rimedio il non più pensarci, io non potrò non pensare a quegli onori che la sua presenza mi concedeua, et al mio sommo desiderio di seruirla di persona : dorrommi della mia pouera ventura. l’amoreuole proferta ch’ella mi fa si nuovo della sua casa, sarà da me accettata nelle occorrenze, et me li chiamo sempre più obligata, mi duole grandem.te che le comedie di costì non li piaccino, nè possa qui goder le sue che p. la dio gratia a tutti q.i Sig.ri danno il solito gusto, ancorchè i Comici siino p. l’absenza di V. S. Ill.ma quasi smarriti, et io più di loro trauagliata. li scrissi jeri che sabbato prossimo faremo i 7 infanti dell’ara con machina nel prologo dell’Aurora, ma doppo la mia lettera vennero in mia casa gl’ Ill.mi Sig.ri D. Ascanio, et il fratello del Sig.r Duca Conti, et mi portarono versi p. doi altre machine, cioè il sole che p. non ueder il tradim.º che corse nell’opera si asconde, et il terzo, Nemesi Dea del Gastigo palesa che i traditori saranno puniti, come si uede nel fine di detta opera. Fatte che saranno, hauiserò V. S. Ill.ma come riescirà il tutto. Circa della memoria ch’ella tien di me nell’interesse dell’Ill.mo Sig.r Duca Conti, non saperei se non con il cuore tacitam.e ringratiarlo, et attenderne gl’effetti, a suo piacere. Mio marito, et io se li dedichiamo di nuouo veri serui et li facciamo riuerenza.
Di Ferrara li 15 feb.º 1634.
Di V. S. Ill.ma

Ill.mo Sig.re et padron Coll.mo
I Comici a quali mio marito, già molti giorni sono, promesse per le nostre due parti, sono quelli che il Sig.r Cinzio nella sua li descrive ; che giudicati buoni, e per esserui il detto Cinzio, presi ardire col fauore di V. S. Ill.ma d’offerirli a Sua Altezza Ser.ma mio sempre riuerito padrone suplico dunque riuerente la bontà di Sua Altezza Ser.ma a non rendermi per questo indegna della sua gratia, poi che il tutto scrissi con puro affetto di riuerentemente seruirla, e farle saper il uero del passato perche mi scrisse V. S. Ill.ma che si sapeua ch’io non ero in parola con nissuno.
Hora con questa sua consegnata dall’Ill.mo Monsig.r Bentiuogli suo nepote a mio marito, mi persuade a non rifiutare il fauore che mi uien fatto da cossi gran principe di mettermi nella sua Compagnia con mio marito, rispondo a V. S. Ill.ma che la maggior brama ch’io mi habbi, e di seruir Sua Altezza Serenissima ma lo accomodarmi con il Sig.r leandro, e Brighella, e quell’estremo dolore che mi fa, con hogni humiltà, suplicare il Ser.mo Sig.r Duca a comandarmi più tosto che io mi rimanghi di recitare, che il riunirmi con loro. le cagioni sono tante, e tali, che mi uergogno di fargliene riassunto, non che minuto. e mi creda per quella riuerenza che si deue, e ch’io osseruo al Serenissimo padrone : che se mio marito non fosse in’atto all’armi per la infermità della podagra, che sarebbe stato necessitato a perderci la uita, o farla perder ad’altrui ; poi che il loro fine, e stato d’oltraggiarmi nella riputazione, e danneggiarmi nell’utile ; e giornalmente con termini insofferibili, non cessano di prouocare l’altrui incredibile pacienza : e massime doppo che hanno riceute le lettere di V. S. Ill.ma per parte del Serenissimo Sig.r Duca. di quanto scriuo gliene potrà far fede il nostro Beltramme che sempre a procurato l’unione di questa compagnia, et ora ne confesso l’impossibilità. si come mi rimetto allo stesso che dica s’io mai diedi occasione a niuno dei sudetti di maltrattarmi. spero che le mie potenti ragioni appresso la natural Clemenza di Sua Altezza Serenissima mi faranno degna della grazia che humilmente suplicando le chiedo di non esser non questi doi. et io come riuerente serua di Vostra Signoria Ill.ma la prego a proteggermi, et a compassionarmi, e uietar ch’io sia con li sudetti leandro e brighella, che sarà tanto, quanto il conseruar la uita, e la salute dell’Anima, ad una sua riuerente serua. Con che fine offerendomi a pregare iddio per l’intera felicità del Serenissimo Sig.r Duca e di V. S. Ill.ma unita con mio marito riuerenti gli si inchiniamo.
Roma li 13 feb.º 1630.
Di V. S. Ill.ma
Aff.ma Serua
Leon. ra Castig. ni