(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 251-253
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(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 251-253

Peracchi Giuseppe. Nacque a Piacenza il 7 aprile del 1818, e si laureò medico allo Studio di Parma il 1841. Preso d’amore per Antonietta Robotti, formosissima donna e valentissima attrice della Compagnia Reale Sarda, si diè a seguirla per quasi due anni, finchè ammalatosi quel primo amoroso, Pietro Boccomini, egli, che s’era già acquistata fama tra'filodrammatici di artista promettentissimo, fu scritturato qual primo amoroso a vicenda col Boccomini, passando poi per la morte di Giovanni Battista Gottardi, al posto di primo attore che sostenne con molto onore al fianco di artisti egregi, quali la Robotti e la Romagnoli, il Gattinelli, il Domeniconi, il Dondini.

Il '51-'52 fu aggregato alla Compagnia altro primo attore – Ernesto Rossi – pel quale il povero Peracchi, dapprima legato a lui d’amicizia saldissima, ebbe a patire gran pena, come si vede in una lettera a Francesco Righetti, Capo della Compagnia Reale, in cui è il seguente brano :

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Voci di poco galantuomismo co'suoi attori su Rossi, l’aver egli cessato affatto di scrivermi dopo mie ripetute lettere, e tante e tante altre cose m’hanno finalmente convinto che tutte le sue dimostrazioni d’amicizia per me in Torino erano interessate, e dirette al solo scopo d’abindolarmi, e far si che io sopportassi la sua concorrenza in Compagnia Reale ; per cui già garantisco fin d’ora, che fra me e lui non vi sarà più accordo, anzi urto continuo, disprezzando io per principio, chi si serve di gesuitico artificio per sorprendere l’altrui buona fede.

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E si raccomanda a mani giunte alla carità dell’amico perchè lo sciolga, sia pur con penale…. Scioglimento che, sappiamo poi, non gli fu accordato, che dopo un anno di prova, trascorso il quale, egli si scritturò con la Compagnia Astolfi e Sadowski, per un anno. Passò nuovamente, e per un triennio, con Antonietta Robotti, uscita dalla Reale Sarda, poi con Giuseppe Trivelli, conduttore di una Compagnia, famosa allora per ricchezza di arredo scenico, di cui era prima attrice Elena Pieri Tiozzo.

Rappresentò al Teatro Re di Milano il marzo del 1854 la parte di Goldoni nella commedia di Ferrari, coi grossi mustacchi incipriati, e n’ebbe dalla critica acerbo biasimo. E il Costetti ne'suoi Dimenticati vivi aggiunge : « O era la vanità che lo dominava, o la voglia d’imitare l’artista Majeroni che non toglieva per niun conto l’enorme pizzo, serbandolo fin anco nel Luigi XI. » Ma qui erra lo scrittore, poichè, proprio nel Goldoni, il Majeroni sacrificò e pizzo e mustacchi.

Al '59, noi vediamo il Peracchi capocomico, e assistiamo, come ci avverte esso Costetti, al cominciamento della sua parabola discendente.

Fu dal '60 al '65 primo attore di Bellotti-Bon (il '61 aveva sposato Celestina De Martini) poi di nuovo capocomico, poi direttore ('75-'76-'77) di una delle tre compagnie del Bellotti-Bon.

Non posso ricordare il Peracchi nel primo tempo della sua vita artistica, il quale fu, a detta del Costetti, glorioso. Lo ricordo nel secondo, in cui, nonostante certi difetti di recitazione, emergeva l’antico pregio dell’originalità per alcune parti specialmente, come dell’ Oliviero di Jalin nel Demimonde, in cui non ho mai trovato chi per la eleganza e la verità, lo facesse dimenticare, o del Cavaliere d’ Industria, a proposito del quale, l’ Arte del 28 gennaio '55, in una lettera a Fanny Sadowski, dice :

Vi ricordate di Peracchi nel Caralier d’Industria ! È impossibile di trovare qualcosa di più perfetto ; la parte era tagliata per lui meglio del suo abito nero – è tutto dire ! e l’abito faceva sparire i difetti dell’uomo ; o meglio, i difetti dell’artista, per un epigramma del caso, come è stato già detto, in questa parte si camblavano in belle qualità. Io dissi solamente che egli era stato degno della sua parte – se fosse valso meno, ne avrei parlato di più.

Il Peracchi fu lungo tempo maestro della moda : signorilmente austero dapprima, poi grottesco a segno da mostrarsi in abito nero con le falde foderate di raso bianco. Alla quale stravaganza si accoppiò quella di una dizione lenta e nasale, originalissima, a base, tal volta, di improvvisazioni curiose.

A lui si attribuiscono il famoso [ILLISIBLE]mente morta sillabato sul corpo della povera Margherita, e il non men famoso per me non è è più demani, nè dopodomani….

Egli ebbe aspetto funerale… l’occhio aperto, semispento ;… i capelli e i baffi di un nero corvino artificiale…. la faccia incartapecorita. Andava poi così diritto e impettito, che si volle dai più portasse il busto. Fu incline alla melanconia e alla solitudine, e passò talvolta serate intere in compagnia di amici senza aprir bocca. Abbandonata l’arte, si ritirò a Milano, dove morì il 14 settembre del 1887.