Polvaro Carlotta. Nacque a Gorizia da genitori non comici, nel 1801. Occorrendo a una Compagnia di comici di passaggio a Gorizia una ragazzina per non so più qual parte, e fattasi già notare la piccola Polvaro per la grande svegliatezza della mente e la scioltezza nel recitare, fu in essa accolta, e in breve tempo tanto progredì, che a dodici anni vi sostenne parti di prima attrice. Entrò il 1816 qual prima amorosa nella Compagnia del rinomato Pellegrino Blanes, e il '17 in quella di Domenico Righetti, in cui sposò il primo amoroso Alessandro Angiolini (V.), dal quale era già separata per incompatibilità di caratteri il '22, quand’ella era prima attrice della Compagnia Rafstopulo. Fece il carnevale '22-'23 al Goldoni di Firenze, e il Colomberti, descrivendo la Polvaro nella Giovanna d’Arco, uno dei tanti spettacoli della Compagnia, dice : « nel vederla vestita in armatura, quale ci vien rappresentata quella martire nelle sue statue, con i suoi lunghi e bellissimi capelli biondi sparsi sulle spalle ; con il più vezzoso volto che immaginar si possa, con quegli occhi grandi e cerulei, io rimasi sorpreso. La voce pubblica l’acclamava la più bella attrice della sua epoca, e per certo non s’ingannava. » Il 1826 recitò a Padova la Francesca da Rimini. Passò il '28 in società con Giacomo e Gustavo Modena fino al '31, poi col solo Giacomo, quando Gustavo partì da Bologna coi volontari per Rimini, fino a tutto il '32. Fu poi, alcun tempo, capocomica in Sicilia. Il '42 passò col ruolo di Madre tragica nella Compagnia di Luigi Domeniconi, e morì a Brescia il 1851 d’apoplessia fra le braccia del secondo marito, Luigi Pezzana, compianta da tutti i fratelli d’arte. Di lei scrisse Paolo Pola nella Galleria de' più rinomati attori italiani (Venezia, Picotti, 1825) :

Le belle sue forme assistite dalle grazie le più seducenti cara la rendono agli occhi del pubblico al primo suo apparir sulla scena. Molte potranno correre a gara con lei nella difficile palestra dell’arte, niuna potrà però superarla nel prezioso dono della retentiva. Grande nella tragedia, più grande si mostra nella variabilità della famigliare Commedia. Applaudita con poesie, con articoli di gazzetta e per la Mirra d’Alfieri, e per la Saffo di Beltrame, fu laudata moltissimo in varie culte città d’Italia per la parte di Chiara di Rosemberg, per quella di Herfort nell’Atrabiliare di Nota, e negl’Innamorati di Goldoni.
A proposito della Saffo, le fu indirizzato il seguente sonetto di anonimo, inserito nella citata Galleria :
Tragico, puro spirto in te sfavilla,qualora sciogli il ben vibrato accento :Tien, chi t’ascolta, immota la pupilla,teco divide l’aspro tuo tormento.Di pianto scorre la perenne stilla,se mai ti cruccia il sen crudo lamentol’alma d’ognun ilarizzata brilla,quando prova il tuo cor gioja e contento.La Cantrice di Grecia ora ti vedopinger con retta veritade tanto,che d’essere in Leucadia ormai mi credo ;e libero disciolgo mia favella,gridando, fra il terror, la gioja, il pianto :Non la Polvaro, ma la Saffo è quella.