Colli-Pellegrini Aldigonda, nata in Fermo nel 1783, entrata in arte giovanissima, trovò modo di farsi ammirare in molte città del napoletano. Recatasi il 1806 nella capitale recitò le parti di seconda donna alla Fenice e al S. Carlino, non lasciando alcuna traccia del valor suo. Ma quando a varj attori della antica Compagnia Giancola venne in mente di rappresentar l’Annella tavernara di Porta Capuana, ella si rivelò attrice fortissima nella caratteristica parte della vecchia Porzia che recitò colla maschera al viso ; e a quella della Porzia seguì la parte della Baronessa Cofani che rappresentò con successo ognor crescente. Venuta l’amministrazione del teatro nelle mani di Silvio Maria Luzj, si deliberò di rinsanguare il S. Carlino, rifacendo di pianta il repertorio ; a cotesta riforma cooperò validamente Filippo Cammarano, il quale ebbe in Aldigonda Colli la più forte e valorosa interprete dell’opera sua varia e copiosa.

Di lei, scrive la Moda del 1841 :
Sdegno, amore, gelosia, puntiglio, vanità, presunzione, ironia, sarcasmo, civetteria e moine d’ogni specie, tutto quanto appresentavasi alla ferace fantasia del Cammarano, trovò nella Colli il riso, il gesto, il contegno, la voce, il piglio ed i lazzi convenienti ; si che penato si sarebbe a trovarle non che l’eguale, la seconda. Efficace in tutte queste cose fu il potere del suo ciglio e tanto animato il volto che bastava vederla una sola fiata per non dimenticarla più mai.
Ma in nessun’altra forma portò ella mai la naturalezza e la verità ad un più alto segno, nè mai fu più lepida e sagace che nel carattere di quella donna che i Francesi esprimono interamente col termine prude e che noi indichiamo a metà con gli aggettivi schifiltosa, schizzinosa, smancerosa, leziosa, smorfiosa, ecc. Se questa penna far potesse l’ufficio di pennello, i nostri lettori vedrebbero la vera immagine d’una pulcella di 45 anni che tutto ha perduto fuorchè la speranza di piacere, e, contro l’aspettativa, si trovi per caso o malizia altrui, al cospetto di un qualche bell’uomo.
L’effetto che produce in una donna dimenticata una equivoca dichiarazione di amore, il passaggio che ella fa da una finta modestia ed un finto sdegno alle leziosaggini d’un simulato pudore, e ’l raccoglimento o sconcerto dello spirito, la ricomposizione o turbamento del volto, e la mutazione della voce che in lei succedono al disinganno, tutto questo ed altro ancora dipingevasi si vivo nella Colli, che la illusione toccava il massimo suo grado. Ajutata era in ciò da un volto in cui leggevasi come in nitidissimo specchio il transito d’ uno in altro pensiero, indizio d’una mente studiosa di quanto le accade intorno, indizio d’una fibra da cui riverbera la sensazione come raggio da superficie lucente.
E Salvatore Di Giacomo :
Altigonda Colli, la romana passata dalla Fenice al S. Carlino, preparò il suo debutto di caratterista nelle Funnachere, con pellegrinaggi continui ai quartieri di Porto e di Pendino ove imparò la lingua e il costume della nostra gente, diventandovi, pur dopo breve tempo, di tutte e due cose padrona in tale maniera da meravigliare quanti l’avevano udita, da prima, romaneggiare nell’antico repertorio semidrammatico. Or ella …….. interpretava meravigliosamente la nuova produzione artistica di Cammarano, colorendola ove mancasse di colore, drammatizzandola quando vi languiva il dramma, alitandovi per entro la passione e la verità.
Ammalatasi nel Carnevale del 1840, fece ancor qualche rara apparizione sulla scena, che dovette abbandonar poi per sempre nell’aprile. Morì il 6 di ottobre, sostituita da Serafina Zampa, l’unica, a detta del pubblico, veramente degna di accogliere la grande eredità da lei lasciata al celebre teatrino di Piazza Castello.
Collinetti Francesco, veneziano, fu attore di assai merito nella maschera di Pantalone, ch’egli assunse per sostituire Andrea Cortini al S. Samuele. Il Goldoni, che lo chiama Francesco Bruna, detto Golinetti, dice di lui nel vol. XV dell’ Ediz. Pasquali :
Passabile era il Gollinetti colla maschera di Pantalone, ma riusciva mirabilmente senza la maschera nel personaggio di veneziano, giovane, brillante, giocoso, e specialmente nella Commedia dell’Arte, che chiamavasi il Paroncin. Il Paroncin veneziano è quasi lo stesso che il Petit-Maître francese ; il nome almeno significa la stessa cosa ; ma il Paroncin imita il petit-maître imbecille, ed evvi il Cortesan veneziano, che imita il petit-maître di spirito. Il Golinetti era più fatto per questo secondo▶ carattere, che per il primo.
L’ osservai attentamente sopra la Scena, l’ esaminai ancora meglio alla tavola, alla conversazione, al passeggio, e mi parve uno di quegli attori, che io andava cercando. Composi dunque una Commedia a lui principalmente appoggiata, col titolo di Momolo Cortesan…… Il Golinetti la sostenne con tutta la desiderabile Verità…..
Delle due commedie il Paroncin e il Momolo Cortesan sulla Brenta, divenuto poi il Prodigo, altra commedia dal primo Momolo Cortesan che fu poi l’ Uomo di mondo, il Bartoli erroneamente dice il Gollinetti inventore. Il Goldoni (ivi, XVI) ci narra particolareggiato l’ accaduto, generato dalla vanità dell’ attore.
Circa all’ incontro di questa Commedia, è necessario che prima di parlarne racconti una burletta, una bizzarria che mi è caduta in capo in quel tempo. Il bravo Gollinetti non contento dell’ applauso, che meritava la buona esecuzione della parte, che io gli aveva data nel Momolo Cortesan, ha voluto ancora arrogarsi il merito dell’ invenzion delle scene e del dialogo che piaceva. Siccome una gran parte di quella commedia era a soggetto, ha fatto credere agli amici suoi, che anche la parte sua era opera del suo talento, e che tutto quel che diceva, lo diceva all’ improvviso. Tutti non pensano che chi parla all’ improvviso non dice sempre le stesse cose, e molti non badavano che il suo discorso era sempre il medesimo ; e gli credevano. Piccato anch’ io, non so se dall’ amor proprio, o se dall’ amor della verità, ho immaginato di trovar la via di umiliarlo e di farlo in pubblico. Ho scritto dunque intieramente il Prodigo sulla Brenta, e poi ho ricavato dalla Commedia lo scheletro, o sia il soggetto, e l’ ho dato ai Comici, tenendo nascosta la Commedia scritta. Trovarono il soggetto buono ; accennai qualche cosa per istruire gli attori sopra quel che dovevan dire ; la Commedia andò in iscena e non dispiacque ; ma il Golinetti andò in terra, perdette affatto il suo spirito, la sua facondia ; e non riconoscevan più quel bravo Momolo che li aveva incantati. Ritirai la commedia tre giorni dopo, ed il medesimo giorno diedi ai comici l’altra ch’ io avevo scritto ; e copiate le parti e provata e rappresentata, comparve un’altra, e riuscì sì bene che niente più si poteva desiderare. Il Gollinetti confessò il suo torto, riacquistò il suo credito di buon attore, senza usurparsi quello di Autore……
Nel 1748-49 passò in Varsavia colla Compagnia italiana, e nello schizzo apparso a Stuttgart, nel 1750, è detto di lui che era un uomo alto e ben tagliato. Il suo ruolo era quello del Pantalone che rappresentava nel modo più naturale : pure sosteneva con egual valentìa un giuocatore o un buontempone. Era di carnagione bianca e di lincamenti finissimi. Aveva a pena quarant’ anni. E di lui, del Bertoldi, del Canzachi, del Vulcano è detto in massa : Queste persone acquisterebber la stessa fama su di un teatro francese. Voce, azione, memoria tutto è in lor potere ; e sanno esser naturali anche nelle commedie le men naturali….
◀Secondo il Bartoli, morì fuor de l’ arte in Venezia circa l’ anno 1767.