Biagi Luigi. Figlio di un ingegnere bolognese, errò bambino pel Veneto colla famiglia, passando dal Polesine a Verona, poi a Vicenza, poi a Padova, ove passò l’adolescenza. La morte del padre l’obbligò a lasciar gli studi di filosofia per un impiego ferroviario che gli desse da vivere. La passione dell’arte scenica l’occupava tutto ; e trovava modo e tempo di recitare ed assistere alle lezioni di arte drammatica fatte da A. Bon a’ filodrammatici di Padova. Esordì nella Compagnia di Alessandro Monti e del noto meneghino Luigi Preda, scritturatovi da Majeroni padre con cinque svanziche al giorno, a Casal Monferrato, ove non fece la miglior delle prove.
Passato come secondo▶ amoroso con Tommaso Salvini, ebbe la fortuna, per la insufficienza del primo attor giovine Bregaglia, di averne tutte le parti e di poter mostrare tutte le sue attitudini. Fu dal ’62 al ’64 con Gaetano Gattinelli e dal ’65 al’ 66 con Achille Dondini. Il ’67, fu di nuovo con Tommaso Salvini, per entrar poi nella grande Compagnia di Bellotti-Bon, a sostituirvi colla Tessero e con Salvadori la Pezzana, Ciotti e Lavaggi che ne uscivano. « Qui » – egli scrive – cominciò quel « periodo per me indimenticabile, in cui non so, nella gara, se vincesse il merito degli artisti, o l’entusiasmo del pubblico, la valentia del direttore, o la fecondità degli autori ; forse tutte queste cose unite insieme con tribuirono a crearci anni beati, compiacenze indescrivibili, trionfi incancellabili ! » Nel ’72 lasciò il Bellotti per formar società con Casilini e Rosa. Dal’ 76 al ’78 fu con Morelli e la Tessero ; sostituì il Salvadori con Bellotti nel ’79, tornò socio con Casilini nell’ ’80, passò colla Tessero in America l’ ’81 e ’82, poi entrò primo attore in sostituzione di Ceresa, e vice-direttore sotto Paolo Ferrari nella Compagnia Nazionale. Nell’ ’85 si unì in società con la Tiozzo e nell’ ’87 fu scritturato dal Bertoni e dalla Tessero. Dall’ ’88 all’ 89 entrò in Compagnia Maggi nella nuova qualità di generico primario, poi in quella di Favi, e finalmente in quella di Pasta, col quale è rimasto tutto l’anno comico 1895-96.

Bella e gloriosa fede artistica questa di Luigi Biagi. Attore intelligente quant’altri mai seppe imporsi a ogni pubblico, nonostante una certa leziosaggine di gesto e di dizione. Le parti che gli dettero maggior fama furon quelle di Nerone e di Antonio nel Nerone e nella Cleopatra del Cossa, ch’egli creò.
Vale la pena ch’ io metta qui alcune parole che tolgo da una sua lettera, e che concernon l’andata in scena appunto della commedia Cossiana.
Pietro Cossa presentò il manoscritto del Nerone a Bellotti nell’aprile del ’71. Il Bellotti comprese subito da quell’esperto conoscitore che era, il merito dell’opera : fece subito copiare le parti e le distribuì. Non rinuncio all’onore di essere stato il primo ad eseguire il Nerone, e di avere contribuito in parte, scusa la poca modestia, alla buona riuscita del lavoro. Consumai 4 notti ad impararne la parte, che mi piaceva assai. Di getto, ◀secondo l’idea fattami del personaggio, ne improntai il carattere ; e n’andai si franco e sicuro, che nelle successive rappresentazioni non ebbi nulla da modificare.
Atte era la Tessero, Egloge la Campi, Menecrate Belli-Blanes, Icelo Salvadori : non c’era male !
Il pubblico romano non fu all’altezza del poeta : Nerone piacque, ma…. nulla più. Fu come un successo di stima, e si replicò, come s’usa dire, per onor di firma. Da Roma passò in sei altre città, le quali, compresa Firenze, gli fecer la stessa accoglienza : fu solo nel carnovale ’71-’72 che sulle scene del Vecchio Teatro Re di Milano, il Nerone ebbe il battesimo degno di un gran pubblico e di un grande autore. Fu dato la prima sera per mia beneficiata di nome. Niuna réclame, niun annunzio su pe’ giornali. Pochini, pochini in teatro ! Ma questi pochini fecer chiasso per mille : fu un vero crescendo di ammirazione, di applausi, di frenesia. Il giorno dopo, tutto venduto ; era il teatro delle grandi occasioni…. il quale continuò, inalterato, per quattordici sere di fila. Fu una vera prova della elasticità e forza de’ polmoni miei e di quelli della povera Adelaide. Fu chiamato Cossa da Roma, onde sull’animo suo fosse viva la voce dell’entusiasmo che Milano tributava al poeta. Povero Cossa ! Quanta riconoscenza tributava il suo cuore a noi, modesti esecutori del suo lavoro. Egli tradusse poi in atto le speranze che di lui si eran concepite ; ma se Bellotti non accettava il lavoro, se Milano non era all’altezza dell’autore, chi sa se l’umile maestro avrebbe potuto diventare il pittore di quell’epoca, a cui poteva egli solo dar vita sulla scena.