(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 649-650
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(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [C]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 649-650

Checchi-Bozzo Amalia. Se Tebaldo e Luigi Checchi non riuscirono a lasciar traccia di sè nella storia del teatro, unitisi in matrimonio, ebbero molti figli che furon, le femmine specialmente, ornamento e decoro dell’arte per chiare attitudini, per molta intelligenza, per venustà di forme e piacevolezza di volto singolarissime.

Dal figlio Luigi nacque Tebaldo, Michele, Amalia e Giulia. Quello, generico primario assai pregiato per correttezza di dizione, per aristocrazia di modi, per intelligenza e coltura non comuni, fu poi marito di Eleonora Duse, dalla quale separato, si allontanò dall’arte, per darsi alla vita politica e alla diplomazia, in cui fece ottima prova. Michele si diede alla milizia, e Giulia, seconda moglie di Angelo Zoppetti, fu una vezzosa e cara amorosa prima, e seconda donna poi nelle compagnie nostre di maggior conto. Di Amalia, che divenne poi la moglie del brillante Antonio Bozzo, dovrò dire più distesamente.

Essa, come l’Adelia Arrivabene, apparve nell’orizzonte artistico, e vanì d’un tratto come una meteora. Aveva dato tante speranze di sè ! Firenze specialmente l’aveva battezzata una delle più chiare promesse dell’arte, quando si mostrò nel 1871 quasi esordiente sulle scene del Niccolini a fianco della Pezzana, di Monti, di Privato. E la promessa fu tenuta largamente, quando sei anni più tardi nella terza Compagnia di Bellotti-Bon, capitanata da Cesare Rossi, l’Amalia Checchi si presentò prima attrice assoluta, piacendo sempre, talora fanatizzando come nel Vero Blasone di Gherardi del Testa, e nella Dora, ch’ella creò, e che fu una vera e propria rivelazione. La sera, dopo la prima rappresentazione, Yorick scriveva di lei nella Nazione :

La signora Checchi-Bozzo ci riempi tutti di stupore. Nessuno si sarebbe aspettato da lei giovane, da lei nuova, da lei inesperta, tanta perfezione di giuoco, tanto acume d’intelligenza, tanta padronanza di scena, tanta forza di passione, tanta verità e tanta furberia, tanta dignità e tanta grazia, tanta sobrietà e tanta forza, quanta ne sfoggiò per ritrarre con arte stupenda il personaggio di Dora. Quando, alla fine del quarto atto il pubblico plaudente la volle salutare cinque volte alla ribalta, il pubblico si rammentò che era suonata mezzanotte, altrimenti avrebbe durato ad applaudire un’altra mezz’ora.

E tanta esuberanza di gioventù, di forza, di intelligenza, dovè sfasciarsi sotto il colpo improvviso e terribile di una malattia che la condusse in pochi dì al sepolcro, proprio nel momento in cui al fianco di Tommaso Salvini si faceva ammirare e applaudire in su le scene del Teatro Italiano di Parigi. Povera attrice !… Il martedì 20 gennaio del 1878, rendeva l’anima al Signore, e il dì dopo fu condotta a Père Lachaise, con modesto, ahi troppo modesto trasporto, al quale, oltre a’pochi intimi amici, appena intervennero il Vitu e il D’Harcourt del Figaro, e la signorina Rousseil, unica fra le attrici parigine – scrisse l’Yorick – che stimasse suo dovere rendere quest’ultimo omaggio alla compianta consorella.