(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 499-500
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(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 499-500

Salvini Gustavo. Figlio del precedente e di Clementina Cazzola, nacque il 1859 a Civitavecchia, donde, poche ore dopo, fu condotto per mare a Livorno, acciocchè non fosse suddito del Papa. Studiò fino a sedici anni, poi, per la salute cagionevole, lasciò le scuole e andò col babbo a Londra, ove sostituì nell’Amleto l’attore che sosteneva la parte di Rosencrantz. L'arte drammatica lo adescava fatalmente. Io lo ricordo giovinetto a Torino, quando a notte alta per le vie ci ripeteva i brani più salienti delle interpretazioni paterne : nelle modulazioni musicali della voce la imitazione era tal volta perfetta. Un po'appunto per questo, e molto per la fibra che appariva più tosto debole a sostener le lotte e le fatiche della scena, il padre gli fu sempre avverso a che si facesse comico ; ma egli, malgrado tutto, complice lo zio Alessandro, entrò il '78 nella Compagnia di Achille Dondini come generico, e il '79 in quella di Marazzi-Diligenti come generico primario. Fu l’81 con Ferrante, poi, per un triennio e per sua fortuna, con Vittorio Pieri, direttore Alamanno Morelli. Formò società fino all’ '88 con Raspantini, facendosi poi da solo capocomico con avversa fortuna ; tanto che il padre dovè corrergli in ajuto ; ma col patto ch'egli avrebbe lasciato l’arte per sempre. E il patto fu mantenuto…. per cinque anni ; dopo i quali (1894) risolse di bel nuovo di cedere all’invito della grande sirena, e lasciati moglie e figliuoli in Italia, si recò nell’America del Sud, ove, prima a Buenos-Ayres, poi a Rosario di Santa Fè e a Montevideo, s’ebbe il più vivo dei successi. Tornato in patria si unì ad Angelo Saltarelli (già conduttore per quattordici anni della Compagnia di Ernesto Rossi), uomo di molta esperienza e di molta onestà, che gli fu sin ad oggi, e gli sarà lungo tempo ancora, amico, fratello, padre ; e con esso vide la Russia, l’Austria, la Serbia, la Croazia acclamatissimo, a fianco d’Ida Bertini, una filodrammatica pisana, che, divenuta sua moglie, sostenne prima i ruoli di amorosa, poi di prima donna assoluta. Ma ormai egli aveva una spina nel cuore, che gli dava spasimo forte e continuo : all’applauso del pubblico mancava quello di suo padre, il quale risentitolo a Roma e a Firenze (non ne aveva più l’idea dall’'89 a Ferrara), non solamente gli die' col bacio del perdono il suo assenso a continuare, ma si mostrò con lui nel Saul e nell’Otello, lasciandogli in quello la parte del Protagonista, e in questo la parte di Jago. Incitato a nuovi e severi studj s’ebbe ognor nuovi trionfi. Tra le maggiori e migliori sue interpretazioni van notate in campo sì disparato quella di Petruzzo nella Bisbetica domata di Shakspeare, di Edipo Re di Sofocle, e di Jago in Otello di Shakspeare : quest’ultimo recitato maestrevolmente a fianco del padre nel suo giro di addio.

Anche lo volle Eleonora Duse compagno nella Francesca da Rimini di G. D'Annunzio. Ma alla forma antica e pura dell’opera, e alla recitazione musicalmente languida di Eleonora Duse, il modo esuberante di Gustavo Salvini venutogli col repertorio forte, mal si attagliò taluna volta e formò dissonanza. Egli è ricco di attitudini chiare e rare, congiunte a una più rara volontà. Gli ostacoli non lo impacciano, lo studio non lo prostra, purchè quelli affronti, si dia a questo per l’arte sua, nella quale, e ciò forse gli nocque veramente a conseguir la purezza classica delle linee, si gittò a capo fitto, troppo presto liberato dalla man forte del guidatore. Egli stesso con amorevole modestia scriveva, a' primi del '900, di sè : « …. lo studio mi aveva reso più forte nelle interpretazioni, ma io adesso posso confessare candidamente che come ho recitato gli ultimi anni in Compagnia Morelli-Pieri non reciterò mai più. Sarò e potrò diventare ancora più profondo nelle concezioni, ma recitare più vero, più spigliato, più spontaneo di quell’epoca, No. » Proprio così : la verità, la spigliatezza, la spontaneità gli mancano tal volta ; e come gli sarebbe agevole riacquistarle potè far fede la parte di Jago, recitata sotto la guida del padre con tal chiarezza e vivacità e sobrietà insieme, che la magnifica figura shakspeariana, troppo sovente fatta consistere in un artifizioso, leccato strisciar delle parole a viemmeglio insinuar la gelosia per vendicarsi o dell’ oltraggio maritale di Otello, o della superiorità di Michel Cassio, balza viva e saltante, quale essa è veramente : figura di cinico, egoista, maligno, calcolatore, sottile, feroce, che va diritto al suo scopo, serbando in quella sua servilità tutta la libertà del pensiero e dell’azione ; e, come al bel tempo, in cui la prima volta la incarnò il padre al Niccolini, è rivissuto nell’arte del forte scolaro tutto il genio selvaggio di Shakspeare.