Bon Francesco Augusto. Nacque a Venezia il 7 giugno 1788 da’nobili parenti Giovanni Antonio e Laura Corner. I suoi nomi – dice il Regli – furon Francesco Giorgio Maria, ma egli assunse a Parma il nome di Augusto, quando la Duchessa Maria Luigia, vedova di Napoleone I, presentatale dal Bon l’edizione delle sue commedie, gli disse : Signor Augusto Bon non so come ringraziarla…. Ma gettati gli occhi sul volume, e accortasi dell’errore, aggiunse : veggo che mi sono ingannata, ma per il di lei genio, il solo nome che gli si compete è quello di Augusto. D’allora in poi – continua il Regli – il Bon si chiamò Francesco Augusto, in onore di colei che fecesi sua matrina in questo battesimo di gloria. Secondo il Costetti invece (op. cit.) il nome del Bon sarebbe stato quello di Augusto, al quale poi fu aggiunto quello paterno(?) di Francesco. Preso d’amore ardente per l’attrice Assunta Perotti, lasciò Venezia, ed entrò in quella▶ Compagnia, diventandone in poco tempo uno de’principali ornamenti e come attore e come poeta. Fu il 1821 nella R. Compagnia Sarda di Torino, dalla quale uscì dopo un anno, per entrare in ◀quella▶ Goldoni-Riva, di cui sposò la prima attrice Luigia Ristori, vedova dell’attore Bellotti (V. Bellotti-Bon Luigia). Morto improvvisamente il Riva a Trieste nella primavera del ’22, e troncato dalla vedova Gaetana Goldoni ogni contratto, il Bon formò ◀quella▶ società comica Bon-Romagnoli-Berlaffa, colla quale si ripromise di ridar vita a tutto il repertorio goldoniano : e tanto vi riuscì che si acquistò il titolo di fedele esecutore testamentario delle volontà dell’italiano Terenzio. La Compagnia, che si chiamò appunto Carlo Goldoni, ebbe dal Duca di Modena il titolo di Compagnia ducale e il teatro gratis per l’autunno e carnevale con un assegno di 8000 lire…. La società dalla quaresima del 1823 ebbe florida vita sino a tutto il carnevale del 1831. Fu poi il Bon in Compagnia Cesaroni e in ◀quella▶ di Camillo Ferri colla moglie prima attrice. Rimasto vedovo, fu scritturato colla figlia Laura e il figliastro Luigi (V. Bellotti-Bon) nella Compagnia lombarda di Giacinto Battaglia, come direttore. Si fece poi egli stesso conduttore di ◀quella▶ impresa, la quale dopo tre anni cedette ad Alamanno Morelli e Bellotti-Bon, e della quale restò sempre direttore, recitando ancora talvolta, benchè in età avanzata, la sua Trilogia di Ludro.

Lasciata l’arte e ridottosi a Padova, fu nominato direttore di ◀quella filodrammatica. Quivi sposò in seconde nozze una giovine padovana, e quivi morì nell’età di oltre settant’anni. – Ebbe onoranze funebri degne di lui : una pietra commemorativa fu alzata sulla sua tomba dalla figlia Laura colla seguente iscrizione :
qui riposa Francesco Augusto Bonpatrizio venetoscrittore comicodopo Goldoni primomorto in Padova il xvi decembre mdccclviiiLaura figlia sua maggiorecon doloroso affetto questa pietra poseil gennaio del mdccclix
A questo punto lascio la parola a Giuseppe Costetti che con tanto amore ed acume dell’opera letteraria del Bon discorse nel suo studio sulla Real Compagnia Sarda (pag. 23-24).
Scrisse più di quaranta commedie tra le giovanili e sconfessate, e quelle che più recarono in alto la fama di lui. Vive ancora sul teatro la trilogia dei Ludri, un tipo tolto ad imprestito a Carlo Goldoni ; e cioè, Ludro e la sua gran giornata, il matrimonio di Ludro, e la vecchiaja di Ludro. La prima delle tre è un capolavoro di furberia, di comicità, di movimento scenico. Così faceva mio padre, modellato sul Todaro brontolon e sul Burbero benefico, durò anni ed anni sulle scene con successo commozionale. Il vagabondo e la sua famiglia ha tutte le attrattive del dramma francese, senza nulla perdere delle fattezze della commedia italiana. Nel Testamento di Figaro si mostrò degno di proseguire la trilogia del Beaumarchais. Il suo capolavoro però è una semplice commediola in due atti, Niente di male ; un giojello ancor luccicante nello scrigno dell’arte nostrana. Alla distanza di due terzi di secolo quelle quattro figurine onde si compone l’azione vi dilettano, e vi rapiscono per la vivezza della pittura colta dal vero. Egli stesso, l’autore, vi era inarrivabile nella parte del servitore intrigante…………
Lasciò scritte, e tuttora inedite, le sue Memorie ; in fondo alle quali, di suo pugno, si leggono queste parole : « Nato nel 1798, morto…. (in bianco) : prego gli amici di mettere questa data, perchè io, probabilmente, non sarò in grado di farlo. »
Oltre alle tante produzioni drammatiche, abbiamo di lui i Principii d’arte drammatica rappresentativa, dettati nell’ Istituto drammatico di Padova (Milano, Sanvito, 1857), nei quali, più che le lezioni teoriche, sono da ammirarsi i dialoghi, alcuni de’quali, come la Rissa, sono drammettini vivi, palpitanti, d’una modernità scenica meravigliosa ; e una infinità di articoli pubblicati nella Gazzetta di Milano e nel Pirata…. pieni di spigliatezza, di brio, di comicità satirica, tra’quali primo il rapporto della società degl’imbecilli. È vero peccato che le memorie sue, narrate sotto il titolo di Avventure comiche e non comiche di F. A. Bon, giacciano tuttavia inedite.
A titolo di curiosità metto qui la lettera seguente all’attore Ferri (V.), che debbo alla gentilezza del sig. cav. Azzolini.
Non potendo ella sopra il mio credito di circa duemila lire somministrarmi scudi settanta fiorentini, che mi necessitano pel pagamento degli impegni da me contratti qui in Firenze, nè tampoco pagarmi il costo della vettura pel trasporto di me e mia famiglia fino a Forli, crescendo d’ora in ora i miei bisogni, nè trovando conciliabili i suoi mezzi pecuniarj con le esigenze della Compagnia tutta, io sono costretto a prevenirla essere per me di necessità di provvedere sull’istante ai bisogni della mia esistenza, a quelli di mia moglie, de’miei quattro figli, non potendo più sostenermi in siffatta pendenza. E ciò le partecipo in forma di atto regolare, onde procedere con tutto quell’ordine che la urgentissima circostanza permette.
Mi favorisca due righe di risposta o al momento, o tutto al più all’ora del mezzo giorno al solito Caffè d’ Etruria, e mi creda
