Somigli Domenico, detto Beco Sudicio. Nacque a Firenze l’agosto del 1756, e fu barbiere, comico, e poeta. Nella prefazione alle sue Rime, scritta da Arpalo Argivo (Firenze, Pietro Allegrini alla Croce Rossa, 1782, in-8°, vol. II), da cui tolgo il presente ritratto, è detto che « anche il palcoscenico servì al medesimo (Somigli) per isviluppare e render palesi i suoi naturali talenti. Egli incominciò a esercitar l’arte comica sotto il nostro celebre Pertici, e sostenne sempre con qualche decoro quei caratteri, che gli venivano destinati dal sopraffino discernimentò del suo direttore. » A ventidue anni perdè improvvisamente la vista, e si diè allora a scrivere poesie, specialmente bernesche, in cui riuscì egregio. Fu pastore arcade sotto il nome di Lisindo Tiresiano : appartenne anche agli Aborigeni della Colonia Amiatense, agli Incamminati di Modigliana, e agli Apatisti di Firenze. Dettò versi in morte di Teresa Calamai, la famosa innamorata del Gamerra, il quale nella Corneide ha un cenno di lode sul Somigli.
L'opera sua poetica è composta di sonetti, egloghe e cantate, fra cui una, La fuga in Egitto, curiosa, che ha per interlocutori Maria Vergine e San Guiseppe. Chi voglia avere notizie particolareggiate e dell’indole sua e del suo poetare, specialmente improvviso, veda il forbitissimo articolo di Cece nel Piovano Arlotto del febbrajo 1859, pag. 97.

Intanto, a dare un saggio delle sue rime, ecco i due sonetti che trattan della sua nascita e della sua vita, foggiati alla maniera bernesca, nella quale egli rifulse meglio assai che nella eroica e sacra :
Nella stagion che il Sol sta tra le branchedel fier Leone, e si avvicina al Cane,e che le brine colle mosche bianchedal nostro clima son molto lontane….Allorchè le cicale non son stanchedi sciattare i bimmolli in fogge strane,quando del Diacciatina sulle panchesi ganzan di sorbetti le sottane ;il giorno, in cui tra loro uniti stannodi Cecco e Beco i venerandi figli,cosa, che segue un par di volte l’anno :nel secol d’ora, in la Città de'Gigli,gli anni, che con più sei cinquanta fanno,nacque al mondo Domenico Somigli.Nacqui, e poscia alle Scuole fui mandatoin quell’età che facile si piega,ed il Pedante a cui fui consegnatom’insegnò compitar l’alfa e l’ omega.Quì, credendo aver'io molto imparato,il genitore posemi a bottega,feci il barbier, fui comico, e svegliatol’estro sentii, che Apollo or non mi nega.Perdei la luce al fin di Carnevale,e volendo alla meglio avanti gire,l’arte mi posi a far delle cicale.Canto, e compongo ancor per poche lire,e le cose fin quì non vanno male ;poi si vedrà come l’andrà a finire.