(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 461-471
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(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 461-471

Sacco Giovanni Antonio. Altro figlio del precedente, nacque a Vienna il 3 di luglio del 1708. Testimoniaron l’atto di nascita Giovanni e Margherita Bononcini (V.), Barbara Zanardi (V.), ed Eva Maria Solbachin, levatrice. Cominciò coll’essere ballerino esperto, e Fr. Bartoli ci dà così le prime notizie artistiche di lui :

Danzando in Firenze sotto la maschera di secondo Zanni nel Teatro della Pergola, fu veduto dal Gran Duca Gio. Gastone, che chiamandolo alla sua presenza, e ravvisatolo di pronto spirito, volle obbligarlo a recitare la sera appresso in quel ridicolo Personaggio nell’altro Teatro del Cocomero, in cui vi travagliava Gaetano suo padre. Esegui il comando di quel Sovrano, mostrossi dispostissimo a tale esercizio, e veramente trasportato poi dal genio alla Comica professione, pose la maschera del Truffaldino con sicurezza, e di grado in grado collo studio s’andò perfezionando, divenendo finalmente un inimitabile, e famoso Comediante. Insieme con Gaetano Casali servi il Teatro S. Samuele de'nobili Patrizj Grimani ; e poi passò nell’altro degli stessi Padroni detto di S. Gio. Grisostomo, e ne tolse la direzione egli solo. In tutti due questi Teatri fece valere Antonio Sacco la di lui abilità, mostrandosi un comico fondatissimo nelle cose dell’arte, e comparendo grazioso, arguto, e nelle facezie e nei sali spiritoso e bizzarro.

Il Sacco si recò a Venezia con tutta la famiglia l’autunno del 1738, un anno dopo la morte dell’ultimo Medici ; e, salito poi in gran rinomanza, partì per la Russia l’estate del 1742, nonostante i suoi impegni con S. E. Grimani, imperante da un anno Elisabetta Petrovna, figlia di Pietro il grande ; seguìto da metà della Compagnia di S. Samuele, ossia da tutta la famiglia, composta di moglie, suocera, sorelle, cognati. Rimpatriò il 1745, e, perdonato dal Grimani, riapparve al S. Samuele a Venezia, d’onde inviò al Goldoni la commissione del Servitore di due padroni. Fu molti anni a Venezia e in Italia, finchè, chiamato alla Corte di Portogallo, non curandosi nè men questa volta del contratto ch'egli aveva con S. E. Grimani, piantò improvvisamente il S. Samuele, e recatosi a Milano la primavera del 1753, poi a Genova per alcune recite in attesa dell’imbarco, fe'vela con la miglior parte della Compagnia per Lisbona, ove giunse al cadere di quell’anno, e ove s’ebbe la più festosa delle accoglienze. Sappiamo da Fr. Bartoli che

non contento il Sacco di produrre il suo proprio divertimento, altro cerconne per maggiormente rendere gradita la di lui servitù. E ciò esegui col fare apprendere a'piccoli fanciulli figliuoli de'Comici suoi alcune Commedie del Goldoni, le quali erano da essi, benchè di tenera età, meravigliosamente eseguite. L'attenzione del Sacco fu in buon grado accolta, e generosamente premiata da Sua Maestà. Passavano intanto i Comici tranquillamente i suoi giorni in Lisbona, accumulando ricchezze, e facendo una vita comoda e doviziosa.

Ma, ahimè, il fatalissimo terremoto del 1755 obbligò il Sacco a tornarsene in Italia, a Venezia, ove riprese il S. Samuele, e continuò per alcuni anni a condur la Compagnia con buona fortuna, recandosi in vario tempo a Milano, Torino, Genova, Bologna.

Quivi fu l’estate del '59, e fece una delle solite recite, perchè fosse continuata la grande opera del Portico di S. Luca. A lui è dovuta la costruzione dell’arco 627, sotto il quale è scritto :

Antonio sacco | e compagni comici | con la recita fatta | nel teatro formaliari | li x luglio mdcclix.

Tornato a Venezia, e sentito come a divertimento del nuovo piccolo Sovrano Ferdinando IV si dovesse scegliere una Compagnia comica Lombarda, si affrettò ad offrire con una supplica del 20 ottobre (V. Croce I. T. di N., 490-91) la sua comica Compagnia « in quel grado medesimo che ella ebbe l’onore di servire per più di due anni la Maestà Fedelis.ª del Re di Portogallo e sua Reale Famiglia », assicurando « ch'essa compagnia era molto migliorata, e che i soggetti comici ridicoli che la componevano, capaci eran di divertire qualunque Principe Cattolico, anche severamente educato. »

Ma la voce della Compagnia Lombarda a Napoli era infondata, e Sacco rimase a Venezia.

Intanto le opere del Goldoni e del Chiari andavan acquistando sempre maggior grido, e il pubblico s’era diviso in due parti, disertando il teatro del povero Sacco. Fu allora che il Conte Carlo Gozzi, già forte estimatore dell’ingegno di lui, pensò di venirgli in ajuto, esordendo come autore la sera del 25 gennajo 1761 con la fiaba L'amore delle tre Melarance, « caricata parodia buffonesca sull’opere dei signori Chiari e Goldoni, che correvano in quel tempo ch'ella comparve. » Fu preceduta da un prologo in versi « Satiretta contro a' Poeti, che opprimevano la Truppa Comica all’improvviso del Sacco », e « nella bassezza de'dialoghi e della condotta e de'caratteri, palesemente con artifizio avviliti, l’autore pretese porre scherzevolmente in ridicolo Il Campiello, Le massere, Le baruffe Chiozzotte, e molte plebee e trivialissime opere del signor Goldoni. » Che Dio l’abbia in gloria !… Il successo della novità fu enorme, e n’ebbe il Sacco gran vantaggio con danno degli altri teatri, sì che il Gozzi continuò nell’impresa felicemente.

Affaticato il Sacco dal continuo recitare, e annojato di sentirsi criticare la compagnia per le parti serie, pregò l’autor protettore di scrivergli alcun lavoro senza maschere : per tal guisa egli avrebbe riposato, e i detrattori si sarebber ricreduti. Gozzi scrisse infatti le due tragicocommedie : Il Cavaliere amico e Doride, recitate la prima volta, quella a Mantova il 28 aprile del 1762, questa, pure a Mantova, il 21 di giugno dello stesso anno ; ma non v'eran cagioni di rivolta, non vi recitava il Sacco, e la compagnia era…. quello che era : il successo ne fu meschino. L'autore si limitò solo a dire : « Un poeta, che voglia ajutare una Truppa Comica sola, la quale sia in credito per un genere, e in discredito per un altro nell’universale, non farà certamente grand’onore a sè stesso, nè darà grand’utile alla Truppa soccorsa, se la vorrà occupata in quel genere, di cui non è creduta dall’universale capace. »

E dietro lo smacco dell’insuccesso, il Sacco pensò di andar migliorando la Compagnia, facendo scrivere allo stesso Gozzi nel 1772 (prefazione alla traduzione del Fajel di D'Arnaud [Venezia, Colombani]) :

Egli tiene la Compagnia esercitata nella Commedia improvvisa, e ben provveduta de'più atti personaggi a una tale rappresentazione ; ma ben fornita la tiene ancora di abilissimi personaggi a recitare qualunque buona Tragedia, Tragicommedia, o Commedia, composta o tradotta che gli venisse da qualche leggiadro spirito recata.

Infatti ecco l’elenco della Compagnia per l’anno 1775 lasciatoci dal Lessing nel suo Tagebuch der italienischen Reise, che è nel XVI volume dei Sämtliche Schriften herausgegeben von Karl Lachmann (Leipzig, Göschen, 1902) :

DONNE

Teodora Ricci

Chiara Simonetti

Angiola Sacchi

Maddalena Ricci

Teresa Zanoni

MOROSI

Petronio Cenerino (Zanerini)

Luigi Benedetti

Domenico Menghini

Giovanni Vitalba

Francesco Bartoli

MASCHERE

Antonio Sacchi, Arlecchino

Atanasio Zanoni, Brighella

Gio. Battista Rotti, Pantalone

Agostino Fiorilli, Tartaglia.

Compagnia ritenuta la migliore, e colla Ricci, collo Zanerini, col Vitalba, colla Sacco, colla Simonetti, col Bartoli, atta davvero a poter rappresentare qualunque opera seria.

Il 1762 il Sacco passò al Sant’Angelo, e un anno dopo fu trattato dal Duca di Duras per la Comedia italiana di Parigi ; ma non vi si recò altrimenti, forse, a parer del Goldoni, per ragione d’interesse, volendo egli essere di punto in bianco ricevuto a parte (V. lettera di Goldoni al Marchese Albergati in fogli sparsi raccolti dallo Spinelli, pag. 119). Era a Milano il il carnovale 1762-63 e l’aprile 1764. Il maggio del '65 fu nuovamente ventilato il disegno di farlo andare a Parigi col mezzo del Goldoni, per incarico dell’intendente primario degli spettacoli M. de la Ferté (V. lettera s. c.), ma egli nè anche 'sta volta vi andò. Andò invece a Innsbruck, chiamatovi dalla Corte Imperiale, dove, uscendo dall’avere assistito alla sua rappresentazione del 18 agosto, morì istantaneamente l’Imperatore Francesco I. Lo vediamo la primavera del’69 nel Nuovo Teatro di Corte di Modena (V. Spinelli — Una recita di A. Sacco a Modena in La Provincia di Modena del 31 ottobre e 1° novembre 1901), ove apparve la sera del 30 maggio l’Imperatore Giuseppe II proveniente da Firenze. La sera dopo egli era al teatro in Mantova ; e lo Spinelli riferisce questo brano di lettera di Luigi Galafassi a suo padre Consigliere ducale :

L'Imperatore disse che a Modena la Commedia era ottima, e quell’arlecchino molto vivace e bravo, e che una sua facezia gli sarebbe sempre stata impressa, ma che non voleua dirla. Il vecchio marchese Zanetti disse che la Compagnia Sacco era veramente buona, che si era sentita in Mantova, e che quell’arlecchino era stato applaudito. S. M. ripigliò : « Intendo, vorrebbe sapere che cosa ha detto, ma…. oh ! via, diciamolo. Si trattava di un ammalato, a cui il medico aveva ordinato che si cibasse di cibi leggieri. Tutti proponevano chi una cosa chi l’altra. Arlecchino disapprovava tutto : se volete cibar bene il vostro ammalato dategli quattro cervelline di donna, che non vi è cosa più leggiera al mondo. La cosa mi arrivò così improvvisa e frizzante, che non so risovvenirmene senza ridere. »

E trovata la commedia di Mantova poco buona, S. M. disse : « A Modena la commedia mi ha assai divertito, e vi è un Tartaglia (A. Fiorilli, V.), che è il miglior comico che io mi abbia mai sentito. »

E così, di trionfo in trionfo andò innanzi il fortunato capocomico artista, ultimo grande avanzo della commedia improvvisa, fino all’anno 1782, in cui la Compagnia, descritta dal Gozzi al principio de'suoi servizi, come quella che « aveva un credito universale, quanto a'costumi famigliari, differentissimo da quello che in generale hanno quasi tutte le nostre Comiche Compagnie », e di cui (Mem., T. II, 17)

la unione, la buona armonia, le occupazioni domestiche, lo studio, la subordinazione, il vigore, la proibizione alle femmine di ricever visite, l’abborrimento che queste dimostravano di accettar doni da'seduttori, l’ore regolarmente divise ne'lavori casalinghi, nelle preci, e l’opere di pietà co'miserabili ch' ei vide nel suo drappelletto, gli piacquero,

dopo venticinque anni di eroicomica assistenza dovè sciogliersi per la vecchiaja e il rimbecillimento del Sacco ; e più ancora pe'suoi ridicoli amori a oltre óttant’anni, pei quali, vedendo compromessa l’eredità, la figlia comica si ribellava audacemente. Alla sua s’unì poi la ribellione di tutta la Compagnia ; e a questa le invettive del Sacco, doventato un demonio, che eran morsi canini. Si corse persino alle spade e ai coltelli. Petronio Zanerini, Domenico Barsanti, Luigi Benedetti, Agostino Fiorilli si levaron di compagnia nauseati ; anche Atanasio Zanoni risolse di abbandonare il cognato ; ma con la intromissione del Gozzi, rimase…. ancor per due anni, in mezzo alle grida, ai lamenti, alle ingiurie, alle minaccie. Si passò dal S. Salvatore al Sant’Angelo invano. Mancavano i mezzi per allestir degnamente nuovi lavori ; mancavano i mezzi per pagare i comici ; si andò pe'tribunali, si ricorse a'sequestri ; e finalmente la Compagnia, « che per lungo corso di anni era stata il terrore di tutte le altre Comiche Truppe, e la delizia de'teatri, si sciolse miseramente », e il vecchio Truffaldino, avanti di partire per Genova, andò a salutare il Conte Gozzi, e a chiedergli con un bacio perdono e compassione.

Sul cadere dell’ 88 egli morì sopra una nave nel tragitto da Genova a Marsiglia ; ed ecco come la Gazzetta Urbana Veneta del 19 novembre 1788, n. 93 dà l’annunzio del triste caso :

Quest’uomo famoso che ammirare si fece sino a'confini d’Europa : che fu chiamato fuori d’Italia, dove non intendesi la nostra lingua : che volar fece il suo nome appresso tutte le nazioni dove conoscesi e pregiasi la comic’ arte : che nelle nostre parti rese col suo valore angusti al concorso i maggiori teatri, è morto indigente nel suo tragitto da Genova a Marsiglia e il suo cadavere soggiacque al comune destino de'passeggieri marittimi, d’essere gettato in mare. Sarà vero che molto in sua vita egli abbia guadagnato e molto speso : ma è vero non meno che l’arte comica in Italia non arricchisce nemmeno chi l’esercita colla più grande fortuna.

Non mi par qui il caso di dover rilevare la stupida osservazione del giornalista, come se l’arte comica in Italia fosse responsabile dello sperpero dei danari, degli ori, degli argenti, e delle gemme, che un attore, favorito dalla sorte fino agli ottant’anni, fa in amori senili degni di ogni dileggio….

Tocchiamo più tosto dell’arte sua come attore e capocomico.

Nella Tartana degl’ influssi e nelle varie Composizioni facete satiriche del Conte Gozzi (Opere, Firenze-Venezia, 1774, Colombani, T. VIII), molto si discorre contro il Goldoni e il Chiari in favore di Antonio Sacco.

Il Burchiello, profetando il ritorno di esso da Lisbona per il mese di dicembre (carnovale 1755-56), cantava :

Anderan le formiche a processione,
perocchè carnovale era sbandito ;
e' dice ancora, tutte le persone
andranno al Sacco, come ad un convito ;
e rideranno, e dirangli : Ghiottone ;
perchè sì t’eri, traditor, fuggito ?
Questi dottor ci opprimeano i cardiaci ;
eravam fatti tutti ipocondriaci.

Chi poi voglia avere un’ idea de' pregi del Sacco e della sua Compagnia, secondo il giudizio di esso Gozzi, non ha che a leggere il secondo volume delle Memorie inutili, e tutto il Canto ditirambico de' partigiani del Sacchi Truffaldino (opere c. s.), in cui fra l’altro è detto :

Sacchi innocente,
di nostra mente
consolazione,
tato e mignone,
tu con le pure
caricature,
e con gl’imbrogli,
quando tu il vuogli,
e con gli amori,
e co' furori,
le gelosie,
le braverie,
senza osceni allettamenti,
imposture, adulazioni,
vinci tutte le invenzioni
de' Poeti prepotenti ;
e ci sollucheri,
e i cori inzuccheri ;
a' tuoi detti giriam gli occhi,
tanto il mel par che trabocchi,
e ci urtiamo e pizzichiamo,
ci abbracciam, ridiam, gridiamo :
O poeti da cucina,
Viva il Sacchi, e Smeraldina.

Ma se tutto s’avesse a riferire di quanto fu pubblicato in favore del Sacco, occorrerebbe un grosso volume. Nè dal tempo delle fiabe scritte, dopo tornato egli da Lisbona, datan le offese e difese dei due campi.

V'ha un manoscritto nella Biblioteca Estense di Modena, comunicatomi dalla cortesia dell’amico G. A. Spinelli, intitolato : La | Chiareide | Poema | criticosatiricogiocoso | raccolto | da | Episarco Laprisio | Pastor Lapponio, il quale contiene oltre a sonetti dell’ab. Pietro Chiari contro i Conti Gozzi e l’Accademia de' Granelleschi, tre sonetti dello stesso Chiari per la partenza della Compagnia Sacco, i quali dieder motivo alla Raccolta, con le risposte a ognuno, e de' quali ecco il primo, come saggio :

In occasione | Della partenza da Venezia per Lisbona | della Compagnia Comica di | Antonio Sacco :

Anime ree più nere de l’inchiostro,
Amiche a l’Alcoran, più che al Vangelo ;
Obbrobrio, e disonor del secol nostro,
Pesti de la Natura, odio del Cielo ;
Respiri Italia in voi perdendo un Mostro,
C'ha il fiel negli occhi, e fin sul core il pelo :
Andate pur, seguite il destin vostro,
Più a voi contrario, che le fiamme al gelo.
Le sirti Gaditane e le procelle,
D'avervi ad ingojar speran fra poco,
Alme bestemmiatrici, a Dio rubelle.
Spera chi tien fra Lusitani il loco,
Per vendicar le bestemmiate stelle,
Se sfuggirete il mar, di darvi al fuoco.

Che il Sacco fosse attore di grandissimo grido sì per le argute improvvisazioni, sì per la eleganza e rapidità dell’azione, è fuor di dubbio, chè troppi sono i testimonj e non sospetti come il Goldoni, che al Capitolo IV, T. III, delle Memorie sentenzia : « Il nostro secolo ha prodotto tre gran comici quasi nel tempo istesso. Garrik in Inghilterra, Preville in Francia, e Sacchi in Italia : e nella Prefazione al Servitore di due padroni, Scenario, ossia Commedia a Soggetto, composta il 1745, mentre era a Pisa fra le cure Legali, dice di lui :

I sali del Truffaldino, le facezie, le vivezze sono cose che riescono più saporite, quando prodotte sono sul fatto dalla prontezza di spirito, dell’occasione, del brio. Quel celebre eccellente comico, noto all’ Italia tutta pel nome appunto di Truffaldino, ha una prontezza tale di spirito, una tale abbondanza di sali e naturalezza di termini, che sorprende : e volendo io provvedermi per le parti buffe de le mie Commedie, non saprei meglio farlo, che studiando sopra di lui. Questa Commedia l’ho disegnata espressamente per lui, anzi mi ha egli medesimo l’argomento proposto, argomento un po' difficile in vero, che ha posto in cimento tutto il genio mio per la Comica artificiosa, e tutto il talento suo per l’esecuzione (V. anche nelle Memorie il Cap. XLIX del Tom. I).

Visto poi che recitata da altri la Commedia non sortiva il medesimo successo, s’indusse a scriverla tutta, « non già, — aggiunge con gentile riserbo, — per obbligar quelli che sosterranno il carattere di Truffaldino a dir per l’appunto le parole sue quando di meglio ne sappian dire, ma per dichiarare la sua intenzione, e per una strada assai dritta condurli al fine. » E conchiude pregando chi reciterà quella parte, di volere in caso di aggiunte astenersi « dalle parole sconcie, da'lazzi sporchi…. » E qui forse intende di muover velatamente rimprovero al Sacco stesso, che in materia di sconcezze su la scena pare non avesse troppi scrupoli.

Ne fa fede Pietro Antonio Gratarol al Capo XII della sua Narrazione apologetica, quando dice :

Non altronde che a Venezia ti verrebbe fatto, manigoldo, di ottenere da ogni genere di persone quanto ivi ottieni. Li commedianti d’altra nazione sanno anzi rigentilire la comica professione con modi li più costumati e sulle scene e nelle case ; ma tu, più ch'ogni altro, ben sai renderla infame con un’intollerabile licenza di continui atteggi e sali, o repugnanti alla decenza, o temerari nella censura. Infatti questo idolatrato eroe, non so se per superbia di vedersi arricchito, ovvero per timor di spacciare le sue buffonerie senza il costumato prezzo delli dieci quattrini, fa moltissimo il prezioso nella società, e ne riesce alquanto sciapito.

E al Capo XVIII, parlando della censura per la bestemmia :

Perchè non si rivedono e non si licenziano anche tante scandalose ribalderie, che impunemente escono tutto giorno dal Truffaldino e da altri ?

Ma più ancor ne fa fede Giuseppe Baretti, non veramente sospetto di poca sincerità come potrebbe essere creduto il Gratarol per le sue relazioni con la Compagnia Sacco e il Conte Gozzi, in una sua lettera da Venezia del 14 aprile 1764 a Don Francesco Carcano, al quale raccomanda vivamente il Sacco che doveva recarsi giusto allora a Milano. Egli scrive :

Benchè in teatro, per compiacere il grosso dell’udienza, egli si lasci scappare qualche cosetta un po'grassetta, pure nel suo conversare familiare egli è tale che le vostre intemerate Marianne e Carlotte non hanno che temere….

Fr. Bartoli che fu nella sua Compagnia sei anni, senza buona fortuna, tesse di lui le più ampie lodi ; lo dice istruito, specialmente intorno alla Storia Universale, direttore egregio per le opere serie come le comiche, gran comico, ritrovatore di molte scene, di cui lardellava i vecchi soggetti dell’arte, che ne venivan così risanguati, autore di scenarj, fra cui del fortunatissimo Truffaldino molinaro innocente.

Truffaldino non è che uno dei tanti nomi di Arlecchino, senza mutamento nè di abiti, nè di essenza. Il Rapparini a pag. 184 del suo Arlichino (Heidelberga, Müller, 1718) ce ne dà una lista, più lunga a dir vero del bisogno ; chè alcuni ebber vario il costume, e varia l’essenza :

Arlichino, Trufaldino,

Sia Pasquino, Tabarrino,

Tortellino, Naccherino,

Gradellino, Mezzettino,

Polpettino, Nespolino,

Bertolino, Fagiuolino,

Trappolino, Zaccagnino,

Trivellino, Tracagnino,

Passerino, Bagatino,

Bagolino, Temellino,

Fagottino, Pedrolino,

Fritellino, Tabacchino.

È autentico il ritratto che qui riproduco ? Chi sa ! Appartiene alla splendida raccolta di Hugo Thimig, l’eccellente comico, direttore del Teatro Imperiale di Vienna, che volle gentilmente concederne la riproduzione per l’opera mia. Al Thimig fu dato da un erudito di Dresda, che ci scrisse sotto : Arlequin bei den Sächsischen Kömedianten im Jahr 1723, e disse a voce a esso Thimig trattarsi assai probabilmente del famoso Sacchi. 1723 ? Dunque del Sacchi a quindici anni ? Non mi pare possibile. L'arlecchino di Dresda del 1723 non era Natalino Bellotti (V.), uno dei Beniamini della Corte ? Potrebbe adunque esser questo il ritratto suo, giacchè quel che parmi certo si è non trattarsi qui di una semplice imagine della maschera di arlecchino, ma di un vero e proprio ritratto.

Quanto al cognome del nostro artista non saprei che decisione prendere. Sacco egli è detto nell’Arco del Portico di S. Luca ; e Fr. Bartoli che pur fu sei anni con lui lo chiama Sacco ; Goldoni Sacco e Sacchi, Gratarol Sacchi, Sacchi il Gozzi che fu con lui venticinque anni, Sacchi il Baretti, Shagy il Registro parrocchiale di Santo Stefano di Vienna, e finalmente Sacchi si firma in tutte le sue lettere lo zio Gennaro, Capitan Coviello. Io l’ho chiamato Sacco, attenendomi alla lettera che il Croce riferisce, sottoscritta Antonio Sacco capo comico.