Fusarini Letizia. Nata il 1826 a Fano da Benedetto, artista drammatico e conduttore di compagnie meschinissime, crebbe in ristrettezze senza nome, vagendo, si può dire, in fasce parti di prima donna, come la Cesira nell’Aristodemo del Monti che recitò bambina a Toscolano con dilettanti diretti dal padre, il quale riceveva in compenso fuoco ed alloggio per la famiglia : il vitto, allora, fu sempre per essa una specie d’incognita. Trovato modo di spingersi fino a Milano, la Letizia potè entrare in Compagnia di Giuseppe Moncalvo, nella quale, se accrebbe di molto le sue doti artistiche, non migliorò per niente la sua posizione materiale, dacchè Moncalvo non mai ricompensò la sedicenne artista fuorchè di savj e utili insegnamenti, e se l’arte era allettatrice potente, le esigenze dello stomaco facendosi di giorno in giorno più imperiose, ebbero il sopravvento. Capitato allora a Milano Romualdo Mascherpa con la compagnia della quale era amoroso il Landozzi, e sentita la Fusarini, le propose di andar subito con lui prima attrice. Ella, scioltasi amichevolmente dal Moncalvo, accettò la scrittura, ed esordì a Milano al Re Vecchio, teatro d’importanza massima a quel tempo, nel dramma « Un fallo » (rappresentato poco▶ innanzi con gran successo dalla Ristori) sollevando all’entusiasmo il pubblico che le diede il battesimo di grandissima. Fu poi con Gustavo Modena, con Ernesto Rossi e Gian Paolo Calloud ; poi con Lipparini ; poi con Zammarini e Marchi in società.
La sua brevissima vita artistica fu tutta un trionfo. Alle rappresentazioni del Riccardo D’ Arlington, il pubblico accorreva al solo terzo atto, in cui ella aveva la maggior parte. Nella Pia de’ Tolomei, con Lipparini, al Carignano di Torino, fu giudicata sovrana. Conosciuta la celebre Marchionni e richiestala di parere e di consiglio, n’ebbe in risposta che niente poteva dirle per l’ultimo atto, poich’ella moriva come niuna avrebbe potuto mai. Qualcosa le disse pel terzo atto, e Marenco dovè tagliare il gran discorso, non consentendole la esiguità de’ mezzi fisici di dirlo con la voluta efficacia. Ma la Pia si replicò cinque sere con crescente favore, e la giovinetta, baciata dall’autore e dalla Marchionni, ricevè il battesimo della gloria. Sempre col Lipparini, a Verona, andata la compagnia in iscena per soddisfar le esigenze del caratterista Calloud col Ricco e Povero di Souvestre, la Letizia aspettata con ansia febbrile, distrusse letteralmente le grandi prevenzioni, e per ◀poco▶ non fu sonoramente fischiata. E i fiaschi si successero ai fiaschi, e per quanta maggior cura mettesse nelle sue interpretazioni non le riuscì, mi servo di una frase del gergo, di piantar il chiodo. Ma fatta d’ordine di Lipparini la Pia, il voltafaccia del pubblico fu immediato e compiuto. L’Accademia si recò ad inchinar l’artista ; una folla enorme e plaudente l’accompagnò a casa con le torce, e la Pia, fu replicata in mezzo al crescente entusiasmo per ben diciassette sere.
Il matrimonio della Fusarini fu un romanzo inverosimile.
A Livorno si ammalò gravemente d’enterite. Una sera ella mostrava con manifesti
contorcimenti i dolori che la tormentavano ; un giovinotto della barcaccia di proscenio sussurrò a’ compagni, ma in modo da essere udito : « la prima donna ha i dolori perchè lascia il damo. » Ed ella di rimando,
vòlta alquanto verso la barcaccia : « se tu avessi il mio male non
parleresti così. » Il giovinotto, udita la frase, si abbandonò prima a una matta risata,
poi lasciò il teatro ; quella recita fu l’ultima della Fusarini a Livorno. La malattia
pigliò le più serie proporzioni, e si aspettava da un istante all’altro la catastrofe.
La compagnia si era già recata a Parma. Ella sola col padre era rimasta, ma non mai
abbandonata ; chè tutti dell’aristocrazia e dell’alta borghesia facevano a gara nel
prodigarle affettuose cure. Le si recò l’olio santo. Alcuni tra’più caldi ammiratori
entraron nella stanza della morente colle torce accese. A un tratto lo sguardo vitreo
della poveretta si rischiarò, si animò ; le labbra si mosser come a discorrere, e dopo
un istante, sfidando quasi lo sguardo di uno dei convenuti…. « non è il damo che io
lascio – mormorò – è il mondo. » Lasciò quegli cader di mano la torcia, colpito dal
terrore, e se ne andò fuor della stanza, come pazzo. La Letizia a ◀poco▶ a ◀poco▶ riprese
vigore ; la gravità del male s’andò a ◀poco▶ a ◀poco▶ attenuando ; in capo a qualche giorno
fu dichiarata fuor di pericolo, in capo a un mese potè raggiunger la compagnia a Parma,
promessa sposa di lui, il giovinotto della barcaccia, Adriano
Bargellini, uno de’ più stimabili negozianti di Livorno. Ma a Parma non potè andar
subito in iscena ; chè, sviluppatosi un incendio nella casa ov’ella abitava, e fuggitane
come potè meglio, fu colta dal grippe che la tenne gran tempo della stagione obbligata al letto. Gustavo Naiper, il figliastro di Maria Luigia, che
la conobbe e ammirò e protesse a Milano, a’primi passi gloriosi dell’arte sua, la
presentò alla sorella San Vitale, col mezzo della quale fu invitata a colazione e
protetta poi e amata dalla Duchessa. L’andata in iscena colla Maria
Giovanna segnò
l’ultimo gran trionfo dell’artista ;
chè recatasi di là a Forlì, fu quivi raggiunta dal Bargellini che la tolse per sempre
dalle scene per condurla all’altare. Della morte di lui, avvenuta il 21 aprile 1875, fu
desolata e se ne mostrava ognora inconsolabile…. e quando io le domandai come potè
lasciar l’arte nel colmo della gloria, e nel fior della giovinezza, senz’ ombra di
rimpianto, ella infiammandosi e piangendo sclamò : « Non mi lasciò il tempo
a’rimpianti ! » E la esclamazione calda e spontanea mi dichiarò poi enumerando col
maggior entusiasmo
tutte le affettuose cure morali e
materiali di cui egli soleva senza tregua colmarla.
Letizia Fusarini-Bargellini morì a Livorno la mattina del 19 marzo 1897.
A titolo di curiosità, metto qui l’invito al pubblico modenese per la sera di martedì 25 aprile 1843, in cui ebbe luogo la beneficiata della illustre artista.
Se il solo merito dovesse essere premiato, l’umile e rispettosa Attrice conoscendosi spoglia di questo, non potrebbe sperare di ottenere i favori di un Pubblico tanto intelligente ; ma incoraggiata dai molteplici tratti di cortesia, con cui si vede seralmente onorata, essa osa invitare questa rispettabile Popolazione, ed inclita Guarnigione alla sua Beneficiata, che avrà luogo in detta sera. Per riparare in qualche modo alla sua insufficienza, l’Attrice suddetta ha scelto un nuovissimo interessante e morale dramma mai esposto in questa Città, scritto da celebre Autore, tratto da un fatto vero successo in Francia l’anno 1832, e tradotto da dotta penna nel nostro idioma.
Questo capo lavoro venne rappresentato per 20 sere in Parigi per la prima volta l’anno scorso, e venne bene accolto nei principali Teatri di Torino, Milano e Roma ; il cui titolo è
MARCELLINO
GIOVINE TAPPEZZIERE
personaggi | attori | |
Marcellino | Sigg. | Letizia Fusarini |
Mad. Lebert | » | Giovanna Zamarini |
Mr. Lebert | » | Luigi Bottazzi |
Enrico Debrì | » | Gaetano Benini |
Gustavo Chateni | » | Cesare Asti |
Deschamp | » | Luigi Zamarini |
Un servo | » | Cesare Angelini |
Indi avrà luogo la tanto graziosa Commedia d’un Atto tutta da ridere intitolata :
AMORE E MISTERO
nella quale agiranno
la Signora Letizia Fusarini, i Sigg. Gaetano Benini, Cesare Marchi
Ecco quel ◀poco che v’offre l’Attrice Fusarini a quel molto che voi meritate ; accettatelo con quella grandezza d’animo che tanto vi distingue ; beneficatela, proteggetela, e siate certi che nel di lei cuore resteranno scolpiti i vostri nomi, la vostra patria, i bene ficj vostri.
