(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 11-12
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(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 11-12

Lapy Giuseppe. Così ci è descritto da Antonio Piazza nel suo Teatro (Venezia, Costantini, 1777) :

Venne colà, per recitare in Primavera, la Comica Compagnia del L…… Bolognese, nomo assai famoso per la sordidezza della sua avarizia, e per la sua temerità di metter mano negli altrui scritti. Barbiere dì professione, passò dalla bottega al Teatro, mettendosi la maschera del Doctore, perchè sapeva partar Bolognese. Il celebre Goldoni, inimitabile a ben vestire anche i corpi più malfitti, si valse di quella rozza, per la sua Carcuma nella Sposa Persiana , e per [illisible chars] negli Innamorati. In que’ tempi, che bastava assai poco a far ridere, colui ebbe fortuna. Magro quanto il diginno, con una faccia secca, e intagiuta, affettando una voce sottile, e camminando come le anitre che menano sempre la coda, non ci volle di più, perchè il Popolo gli battesse le mani. Stabilito in una delle prime Compagnie di Venesia, guadagnò molto per molti anni, spese poco pochissimo, e in questo modo arricehi. Vecchio, com’è presentemente, parla ancora il suo disgustoso dialetto, con quella stessa [illisible chars] di pro[illisible chars], che usavav da giovine, facendo la barba. Eppure [illisible chars] il coraggio di recttare nelle Tragedie. Oh Popolo ! Popolo ! È bontà la tua, o [illisible chars] ? Un Erve di Roma ti parla Bolognese vestito da [illisible chars], e tu non lo [illisible chars] Non si [illisible chars]scene attore [illisible chars]. Eppare credesi egli il [illisible chars]del nostro [illisible chars] e a tutti [illisible chars], e della [illisible chars] quando trova, el che [illisible lines] da comparsa. [illisible lines] che si esibiscono per la sua Compagnia. La narrativa di Egisto nella Merope è il suo pezzo diletto, per conoscere l’altrui abilità. Sdraiato magistralmente, corregge, applaude, biasima, approva, s’ alza dal suo tribunale, tira le braccia al suo discepolo, gli torce il collo, gli piega la vita, e poi non si conchiude nulla. Ogni giorno qualche infelice và alla gran prova, e sappia leggere, o no, egli lo lusinga, vantandosi, per la sua abilità d’insegnare, di poter fare in pochi giorni, un gran Comico, anco di un guattero che non sà l’ alfabeto. Pazienza se i delirii della sua ignoranza si limitassero all’arte sola di recitare ; ma in oltre vuol esser autore, e correttor degli autori. Sicario da Originali, osa con quella roano vilissima, che la saponata faceva per i biricchini del suo Paese, d’aggiungere, di cangiare, di deturpare i sudati scritti de' Poeti, senza rispettare nemmeno il Moliere dell’ Italia, il famoso Goldoni, a cui egli è debitore di tutto quello che al mondo possede. Sprezzatore dell’altrui merito, non fa mai conto de'Personaggi, che recano decoro e vantaggio alla sua Compagnia, crede di bastar egli solo al sostentamento della medesima, lascia andar chi vuole andare, mai non prega nessuno, è villano ed insolente con tutti. Per queste sue pessime qualità egli ha privato il Teatro Italiano del suo migliore ornamento, disgustando la Prima Donna, che allora era seco, e sostenendo un puntiglio contro di lei.

Francesco Bartoli difende con grande calore il Lapy dalle accuse ingiuriose del Piazza…. Forse l’uno e l’altro esagerarono le tinte ; ma io credo assai meno quello di questo. La chiusura dell’articolo del Piazza, per esempio, potrebbe far supporre, in quell’accenno all’allontanamento dalla Compagnia della Prima Donna (la Caterina Manzoni, a cui l’opera del Teatro è dedicata), ch' ella avesse a veder qualcosa in quelle ingiurie ; tanto più che sei anni avanti, nella Giulietta (Venezia, mdcci.xxi), non aveva il Piazza saputo trovare in lei altra dote fuorchè una particolare bellezza, come vedremo all’articolo di questa attrice.

A Giuseppe Lapy si deve più specialmente la importazione forestiera dei drammi così detti lagrimosi che sostituì al teatro di Goldoni, non più tanto proficuo per lui, tradotti a posta da Elisabetta Caminer. Il repertorio dunque della Compagnia fu a iniziativa sua de' più varj, sapendo egli con buon discernimento alternar le commedie, coi citati drammi, e colle tragedie : e di tal discernimento accoppiato a una operosità senza pari, egli potè godersi i frutti nella vecchiaja. « Vive il Lapy tuttavia (1782) – scrive il Bartoli – in buona prosperità, ed ha la consolazione di vedere la sua famiglia incamminata ad un auge, per cui anche dopo la di lui morte rimarrà al mondo una degnissima ricordanza degli onorati meriti suoi. »

In una lettera che si conserva autografa nella biblioteca di Verona, e che trovasi pubblicata nel catalogo descrittivo dei manoscritti della Biblioteca stessa, il Lapy dà ragguaglio da Venezia il 22 ottobre del 1770 a Domenico Rosa-Morando del successo ottenuto colla sua tragedia La Andromaca, già replicatasi quattro sere, e reclama aggiunte e modificazioni per le nuove repliche da farsi quando la quantità delle genti che presentemente sono in Villeggiatura si saranno restituite in Venezia. E anche a lui si raccomanda perchè il signor Girolamo Pompei favorisca i versi che desidera di aggiungere alla sua Calliroe, avendo il bisogno di darla nuova a Venezia, poichè – aggiunge – in questa Dominante, se non si fanno cose nuove, e non vedute, non si fa mai bene il nostro interesse.