Diotti Arturo. Nato a Mortara il 2 di ottobre del 1854, ne partì a quattordici anni per▶ recarsi colla famiglia a Torino, ov’essa si era stabilita. D’ingegno svegliatissimo, di memoria facile e pronta, s’era dato allo studio delle lettere, del disegno e della musica, con tutto l’ardore della sua giovinezza gagliarda : ma sciagure domestiche lo distolser presto a’suoi amori ◀per▶ confinarlo in una casa di commercio. L’idea del teatro non gli si affacciò alla mente che dopo di aver sentito ◀per▶ la prima volta Tommaso Salvini a un corso di recite che diede al Gerbino di Torino. Fu una rivelazione. Da quel momento figure e squarci poetici si succedevan nella sua mente accesa : ora era un pezzo dell’ Otello, ora uno della Zaira che egli diceva ad alta voce con febbrile concitazione…. e da quel momento non ebbe più che uno scopo nella vita : salire sul palcoscenico. Fece le prime armi, se così possiam dire, in un paesello poco discosto da Torino, con una specie di compagnia formata da quattro o cinque ragazzi della sua età, e capitanata da Ferdinando Salvaja, amico inseparabile del povero Diotti, del quale, dopo morto, rievocò affettuose memorie, da cui traggo oggi le presenti notizie. A una di quelle rappresentazioni volle assistere la Marchionni : e tanto fu colpita dalle chiare attitudini del Diotti, che lo fece conoscere a Carolina Malfatti, nota maestra, e a Rosa Romagnoli, celebre servetta. Le quali poi lo amarono di amor figliale, ammiratrici profonde del suo ingegno e dell’indole sua. Fu allora che si affacciò alla mente della Malfatti l’idea di una filodrammatica torinese ; alla filodrammatica successe una vera scúola pratica di drammatica al D’Angennes ◀per▶ preparare gli alunni alla scena…. si recitaron : il Duello, il Ferréol, il Ridicolo, la Donna e lo Scettico, le Due Dame…. A una di quelle recite assistè Cesare Rossi, e sentito il Diotti, lo scritturò come primo amoroso ◀per▶ la quareresima del 1878. Che cosa divenisse il Diotti in pochissimo tempo, tutti noi sappiamo…. Poco a lui si addicevano gli amori sdolcinati…. Egli era soldato ; di una fibra forte, robusta ; a volte aspro e rude nella voce ; ma di una fisionomia dolcissima, così dolce che tutta rispecchiava la mitezza angelica dell’indole sua.

E quella fibra gagliarda si spezzò in brev’ora, come quercia schiantata dalla bufera. Arturo Diotti, vittima della sua spensieratezza, moriva a Rio Janeiro, colpito da febbre gialla, alle 2 antimeridiane del 30 giugno 1885.
Giacinta Pezzana, che gli fu compagna con Cesare Rossi nell’ ’80, scrisse di lui :
Povero Arturo ! Caro concittadino, simpatico e geniale artista, perchè abbandonarci così ? Rammento i tuoi primi passi nell’arte, nell’ ’80 ! Quante ansie ! Che dolorosi dubbi (effetto di modestia innata) ti tormentavano ! E che gioja infantile allorchè un battimano, una mia parola d’elogio, o un cenno favorevole sul giornale venivano a rialzare il tuo morale ! Hai amato l’arte come un amante appassionato, ed essa porterà il lutto ◀per la tua immatura scomparsa. Se le tue ossa rimangono preda del micidiale Brasile, il tuo spirito eletto sarà sempre fra noi.