Pietriboni Giuseppe. Un de' più forti capocomici e direttori del nostro tempo, nacque a Venezia il 21 dicembre del 1846 dal ragioniere Domenico e da Angela Demartini. Studiò legge, e senza aver appartenuto ad alcuna società filodrammatica, mostrò sin da piccolo amore grandissimo al teatro di prosa, nel quale esordì come autore, facendo rappresentar di giorno al Malibran per beneficiata del primo amoroso della Compagnia Zocchi e Bonivento un suo lavoro in cinque atti, intitolato Antonio Dal Ponte, fondatore del Ponte di Rialto, sotto il Doge Pasquale Cicogna, ch' ebbe l’ onore di due repliche. L' arte lo affascinava ognor più. A Padova, innamoratosi di un’attrice della Compagnia Boldrini-Peracchi, si scritturò a prova secondo amoroso contro il volere del padre, e aiutato segretamente dalla madre ; ed esordì con la parte di Egidio nelle Scimie di Gherardi del Testa. Dopo tre mesi di prova fu accettato attore stipendiato a lire una e cinquanta centesimi al giorno e viaggi pagati. Ma alla madre fu proibito di mandargli il più piccolo soccorso di danaro, di guisa che egli fu costretto a sciogliersi, aspettando il danaro dal padre per tornarsene in patria. Nel frattempo si ammalò improvvisamente il primo attor giovine Giustino Pesaro. Gli affari della Compagnia volgevano alla peggio. Si doveva rappresentar la sera una commedia nuova, in cui tutti prendevan parte. Come rimediare ? Pietriboni si offrì di sostituir l’ammalato la sera stessa. E il successo fu pieno : e anzichè tornarsene a casa, il giovine artista fu confermato con una paga che gli desse da vivere ; e indi a poco egli fu primo attor giovine. Passò in due o tre anni nelle Compagnie di Prosperi, Peracchi e Sterni, finchè raccomandato ad Adamo Alberti dal Comm. Frascani, direttore delle Poste a Milano, potè entrare il '68, qual primo attor giovine, ai Fiorentini di Napoli dove stette sino al '73, anno in cui egli si creò primo attore, direttore, Capocomico e…. marito di Silvia Fantechi, ch' egli aveva conosciuta seconda donna nella Compagnia di Cesare Rossi. Il primo anno fece società con Francesco Coltellini, da cui essendogli pervenute alla resa dei conti cinque o seimila lire di guadagno, oltre a quel tanto da vivere che s’ era assegnato giornalmente per sè e la moglie, si sciolse amichevolmente, e diventò capocomico solo, mettendo subito piede al primo teatro di prosa di Milano (ora Manzoni) il settembre, e all’Arena Nazionale di Firenze la primavera. E qui comincia la grandezza vera di Giuseppe Pietriboni, della quale io posso dire qualcosa, avendolo avuto direttore e fratello per quattro anni : dal’ 77 all’ 81. Prima di tutto egli seppe accoppiare una grande intelligenza a una grande modestia ; e in ciò stette la sua forza. Incoraggiato dai più, accarezzato come una energia saliente, non fu offuscato dal demone della vanità e della superbia…. Egli andava assiduamente a frugar nelle vecchie commedie per rinsanguare il suo repertorio ; e quelle, cito ad esempio la Famiglia Benoiton di Sardou, metteva in iscena con la importanza di una novità ;… alla prima rappresentazione di esse, accortamente preparati, la stampa e il pubblico accorrevan in folla a dare il lor giudizio come si trattasse di grande avvenimento.

Di taluna di esse (del Padre Prodigo di Dumas figlio) affidò la direzione a Paolo Ferrari, il quale, traeva tale gagliardìa dalla disciplinatezza, dalla sommissione, dal volere di noi giovani, che a volte restava in teatro a dirigere dalle dieci di mattina alle quattro di sera. E vi fu chi l’accusò, tanto per fare, di non saper mettere in iscena che opere proprie. Oh ! se lo avesser visto nel Padre Prodigo, nei▶ Fourchambault, nel Torquato Tasso di Goldoni, lavori d’ indole così disparata ! E quali effetti di commozione o di comicità non sapeva trarre da situazioni o da intonazioni nuove, imprevedute !!!
Pietriboni, ricorrendo a Ferrari, ebbe un di quei lampi che non possono avere, ripeto, che gl’ intelligenti e in un modesti ! Egli ebbe aperto da lui un nuovo orizzonte…. il metodo suo seguì, si assimilò ; grande interprete del concetto, non lo era meno della parola. Non gli sfuggiva un monosillabo ! Lo ricordo ◀nei Borghesi di Pontarcy di Sardou ! Distribuite le parti e letta la Commedia, venne alla prima prova con un foglio, ove eran segnati meccanicamente nelle scene più confuse i movimenti de'singoli attori !… Mostrava egli le scene, recitava da donna, da vecchio, da giovine !… Certo non era ingiusta la pecca che trovaron nella sua dizione, saltellata e martellata talvolta in una pronunzia dialettale che non l’abbondonò più…. Ma il concetto della parte era sempre qual si doveva, e si mostrasse egli come Esopo, o Padre Prodigo, o Bernard, o Cavalier di Spirito, o Fabrizio, o Bolingbrocke, o Carlo V o Camillo Blana, o altro…. se non potè essere per l’ orecchio del pubblico attore eccellente, fu certo e sempre pel suo cervello eccellente artista.
Giuseppe Pietriboni fu anche uno de' più coraggiosi capocomici. Per rappresentare al Valle di Roma in una sola stagione di Carnevale il Mondo della Noia, sborsò a Giovanni Emanuel cinquemila lire in oro. Acquistò i Fourchambault di Augier per dodicimila lire in oro…. Commise a Cavallotti un lavoro, che fu poi il fortunato Cantico dei Cantici…. Ma quando ancora tutto arrideva, ahimè, il destino inesorabile venne a prostrare quella forza giovine….
L' '85, a Nizza, Giuseppe Pietriboni, quando si facevan sulla scena lavori di riadattamento nel teatro incendiato, visto nella penombra socchiuso un uscio, e credutolo quello di un camerino, lo aperse e vi entrò. Era quello dell’ ascensore !… Il poveretto precipitò dall’altezza di tre piani…. e n’ebbe tal commozione, che più non riacquistò l’antico vigore del corpo e dello spirito. Sette anni più tardi la sua Silvia gli morì dopo un anno e mezzo di malattia da lei ignorata, e che fu per lui la più atroce agonìa…. Oggi egli è stato chiamato, dicono, ad aiutar nella direzione pel triennio '903-6 la signora Virginia Reiter. Bene ! Dio lo guardi sempre.