(1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO IV. Numero delle Tragedie Spagnuole de’ Secoli XVI., e XVII. » pp. 20-25
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(1783) Discorso storico-critico da servire di lume alla Storia critica de’ teatri « DISCORSO STORICO-CRITICO. — ARTICOLO IV. Numero delle Tragedie Spagnuole de’ Secoli XVI., e XVII. » pp. 20-25

ARTICOLO IV.
Numero delle Tragedie Spagnuole de’ Secoli XVI., e XVII.

L’Inesorabile Apologista vieta fin anco l’esercizio della compassione, l’affetto più proprio dell’umanità. Sono compatibili, io diceva, gli Stranieri, i quali asseriscono non aver la Spagna consciuta la Tragedia ne’ due trascorsi secoli. Infatti non recitandosi nè essendo ovvie le poche Tragedie Spagnuole per la loro rarità, donde potevano essi argomentare che nella Penisola si conoscesse tal genere di Poesia? Financo l’Avvocato Linguet benemerito del Teatro Spagnuolo sebbene avesse letti i due lunghi Discorsi del Signor Montiano, si accorda con M. Du Perron in affermare, che gli Spagnuoli non conoscono la Tragedia. Forse io solo tra gli Stranieri ho cercato con diligenza rinnovare di tali poche Tragedie la memoria: e questa cura, che non può al certo nascere da un animo avverso e invidioso delle glorie letterarie della Spagna, non mi ha salvato da’ morsi Lampigliani per quel poco di compassione da me mostrata. Nò non sono scusabili gli Stranieri, grida il rigido Apologista. Ed aggiugne questo argomento (p. 70.) “Se dovesie adottarsi questa ragione, sarebbe compatibile chi avanzasse, che gl’Italiani non conobbero la Tragedia nel secolo XVI., poichè poche sono le ben regolate Tragedie Italiane in confronto delle tante migliaja di componimenti teatrali”. Siano, o non siano scusabili gli Stranieri, quì intanto nelle parole ririferite stà a disagio la Storia, e la Logica. Inprima non sono tante le migliaja de’ nostri Drammi: ed è pregio della meritamente lodata Nazione Spagnola il contarne dodici, e quindici e ventimila. In secondo luogo dal risorgimento delle Lettere gl’Italiani hanno sempre recitate Tragedie, Commedie, Pastorali, e Drammi Musicali, di sorte che i forestieri vedendo sulla Scena incessantemente tutti questi generi, non potevano essere cotanto irragionevoli e ingiusti che volessero non vedere quello che pur vedeano, e doveano confessare che tutte le accennate specie di Poesie Drammatiche fossero ben note agl’Italiani. Il raziocinio poi dell’Apologista non può reggere, primieramente, perchè un Popolo che reciti Tragedie non molto buone, si dirà che coltivi male questo genere, ma non già che non abbia Tragedie. Di poi non regge il di lui ragionare, perchè baratta sotto gli occhi i termini della quistione. Non si discute quì il merito delle Tragedie Spagnuole o Italiane, bensì il numero; e il Lampillas dice delle nostre, son poche le ben regolate; è risposta data a proposito? Io dico: Voi avete poche Tragedie (regolate o sregolate che siano); ed egli replica: Voi ne avete poche ben regolate. Non sono queste due quistioni distinte? Trattiamo ora quella del numero; serbiamo per un’ altra volta quella del merito.

Il numero delle Tragedie Spagnuole del secolo XVI. con tutta la mia diligenza fatta ultimamente, non oltrepassa quello di quindici o sedici, inchiudendovi però anche le non regolate1. Sono, vale a dire, forse una per ogni migliajo di altri Drammi. Di più non se ne rappresenta pur una, e per leggerle conviene stentare a trovarle. Gli amatori delle glorie letterarie della Spagna, lasciando da parte le inutili apologie, potrebbero togliere ogni pretesto agli Stranieri col formare delle loro Tragedie de’ due passati secoli una Raccolta. Renduta questa pubblica per le stampe, non sarebbero mai più compatibili gli Stranieri che asserissero che la Spagna non conosce la Tragedia. Non consiglierei però al Signor Apologista a far paragone del numero delle Tragedie Spagnuole con quello delle Italiane. Sono più di cinquanta i Letterati di nome che hanno composte Tragedie in Italia. Io penso che esse ascendano a un centinajo e mezzo; e che se si comparino quelle delle due nazioni, si troverà, che le Spagnuole stanno alle Italiane a un di presso come il 2. sta al 18. Mal fondatamente dunque il Signor Lampillas trasporta la ragione da me addotta per compatire gli Stranieri, alla nazione Italiana.

Inopportuno e falso è parimente l’argomento preso dallo scarso numero di eccellenti Epici Italiani, i quali egli riduce a due. Il numero de’ nostri buoni Epici trascende forse del doppio quello delle Tragedie Spagnuole, come potrebbe l’Apologista osservare, scorrendo meglio che non ha fatto la nostra Storia Letteraria. E benchè gl’Italiani non potessero vantarsi che di due soli, ma eccellenti, con poco senno da ciò si argomenterebbe che essi non hanno conosciuta l’Epica Poesia. L’orgoglio de’ Letterati non vuol trovare in tutta la Grecia se non un solo Epico eccellente in Omero, e in tutto l’Imperio Romano solo un altro in Virgilio; e per questo si potrebbe asserire sobriamente che tutti i Greci e i Latini non hanno conosciuta l’Epopea? Queste vostre, Signor Lampillas, sono ragioni, o arzigogoli? Nè crediate che sia la stessa cosa riguardo alle Tragedie Spagnuole. E in che (direte) stà la differenza? In questo che soggiungo. Le Tragedie Spagnuole, siano regolate o difettose, unendo quelle de’ due secoli trascorsi, non parmi che arrivino alle due dozzine, e in esse tutta si contiene la tragica mercatanzia, nè fuori di queste altre ne additano gli Eruditi nazionali che non si allucinano. Al contrario uscendo da Omero, Virgilio, Ariosto, e Tasso reputati per Epici impareggiabili, se ne troverà un buon numero in Grecia e in Italia di altri, che se non pervennero ad uguagliare la gloria di quelle due gran coppie, meritano pure che si leggano, si studiino, e che la loro memoria passi a’ più lontani posteri. Ed ecco, Signor D. Saverio, come e perchè poco acconciamente par che siate riuscito a ritorcere nell’avversario la ragione allegata nella Storia de’ Teatri1.