Cammarano Vincenzo, siciliano, nacque a Sciacca intorno al 1720. Fu Pulcinella famoso col nome di Giancola. Esordì al Fosso, a Napoli, con Tommaso Tomeo nel ’65. Non aveva al principio della sua vita artistica portato maschera, e sosteneva in iscena il carattere dell’Abate. Una sera, recitando nella Dama maritata, vedova e donzella di Cerlone la parte di Don Pompilio Pecegreca, napolitano grazioso, s’acquistò il nome di Giancola che mantenne fino alla morte▶. Vincenzo Cammarano ebbe due mogli : dalla prima ebbe tre figlie, dalla seconda, Paola Sapuppo siciliana, i maschi, fra’ quali Filippo attore e scrittore di lavoroni popolari mitologici-briganteschi, e Giuseppe geniale pittore che il più delle volte istoriava al S. Carlino i cartelloni delle commedie in cui aveva parte principale suo padre. Quanto valesse Vincenzo Cammarano nella maschera del Pulcinella e come sapesse afferrare il suo pubblico e farlo ridere apertamente, sanamente, di quel riso che rifà il sangue, sappiamo da Cesare Malpica, del quale il Di Giacomo (op. cit.) riferisce un brano, inserito nello Spettatore napolitano del 1844.
E quel Pulcinella ? È anch’ esso un Cammarano (Vincenzo) ed è padre dello scrittore. Vincenzo Cammarano ! Pochi conoscon forse questo nome, ma dite Giancola e vedrete gli avanzi di tutta una generazione batter le mani, atteggiarsi a un sorriso di gioja e rammentare il beato tempo che fu, quando tutti gli affanni della vita, e non ve n’eran molti allora, tutte le noje, tutte le malinconie svanivano a una frase, e ad una mossa del non superato Giancola. Oh se aveste veduto : l’assedio di Troja con Pulcinella scrivano criminale ! Oh se aveste ascoltato Angelo del Duca con Pulcinella servo sciocco, finto morto e perseguitato dal mago Aristone ! Avreste saputo che cosa è il ridere di cuore, ridere lungamente e a più non poterne. Questa specie di riso or non si conosce più. Così dicono i vecchi e dicon bene. Essi ricordano i di in cui v’eran denari molti e pochi pensieri. Passare il tempo ridendo era la prima cura di quei felicissimi, e Giancola era l’uomo nato ad hoc.
Vincenzo Cammarano morì il 1802 a 84 anni ; e il S. Carlino restò chiuso in segno di lutto per oltre una settimana. Si cercò di coprire, se non degnamente, mediocremente al meno il posto lasciato vuoto dal geniale artista. Invano…. I sostitutori erano accolti a fischiate, il pubblico s’andava assottigliando, e il teatrino di Piazza del Castello dovè, per la ◀morte▶ di Giancola, cedere il primato a un bugigattolo sotterraneo, da quello non discosto, che s’intitolò la Fenice, e che accolse le ornai sparse reliquie della Compagnia, vedovata del suo sostegno, afforzandola con nuovi elementi. Ne ebbe l’impresa un tal Gaetano de Felice proprietario del teatro.
La ◀morte di Vincenzo Cammarano fu cantata in uno scherzo poetico da Giulio Genoino che il Di Giacomo reputandolo inedito, pubblica per intero :
L’invidia piena il cor di rabbia muove reclami a Giove contro il Cammarano
che non era un uomo semplicema un Demonio in forma umana(che giammai non fu possibilearte tanto singolarecui la forza dell’ Invidianon è giunta a denigrare !)ch’era cosa abbominevoleil far ridere poi tantoquei che un Ente sapientissimoavea già dannati al pianto.
E Giove fe’ venire a sè l’anima di Cammarano,
e per dargli un degno premiol’impiegò nel Campo Eliso ;là diverte le buon’ animee le fa crepar di riso.Indi a eterna sua memoriadecretò di propria manoche mai più nel Regno Comicosorga un altro Cammarano.