(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 364-382
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(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 364-382

Ristori Adelaide. Nata dai precedenti a Cividale del Friuli il 29 gennajo del 1822 quand’erano in Compagnia Cavicchi, fu per universale consentimento la più grande artista del suo tempo. Ancor bambina s’era già fatta un nome, recitando, protagonista, in farse o in commediole, e riuscendo di non poco utile al capocomico.

Ora ecco l’elenco della Compagnia di Luigi Rosa e Pasquale Tranquilli, che agiva assieme a un corpo di ballo, per la stagione di carnovale dell’anno 1832 al R. Teatro Pantera di Lucca :

DONNE

Fabbretti Carolina (V.), prima attrice

Gullotti Gaetana, madre e caratteristica

Beseghi Antonia (V.), servetta

Ristori Maddalena, altra madre e seconda donna

Rosa Rachele

Pellegrini Assunta

Paladini Giuditta

RISTORI ADELAIDE

generiche

Rosa Virginia

Ristori Carolina

parti ingenue

UOMINI

Tranquilli Pasquale, primo attore

Rosa Luigi, padre e tiranno

Massini Antonio, caratterista

Bosello Giovanni, primo amoroso

Bertucci Vincenzo, secondo amoroso

Fabbretti Fortunato, secondo caratterista

Ristori Antonio

Guarni Giovanni

Mariotti Giuseppe

Pescatori Nicola

MENEGHINO

ARLECCHINO

Bosello Giacomo, pittore

Mechetti Domenico, macchinista

generici

La prima rappresentazione, da darsi il lunedì 26 dicembre 1831, fu annunziata così :

Non v'ha dubbio che il Drammatico trattenimento sia divenuto ai nostri giorni la scuola del costume, e lo specchio delle umane passioni.

Tale verità fu conosciuta, ed apprezzata mai sempre dai popoli più illuminati. Questa saggia e colta popolazione lucchese tanto conoscitrice dei vantaggi che dalle sceniche Produzioni ne derivano, quanto magnanima per incoraggiare nei loro tentativi gli attori che si accingono ad eseguirle, anima l’umile Compagnia, condotta e diretta da Luigi Rosa e Pasquale Tranquilli, ad intraprendere un corso ben regolato di Recite nel corrente Carnevale. I più scelti autori, la novità, il genere, la debita decenza, l’analogia delle decorazioni agli spettacoli daranno prova del rispetto che tutta la Compagnia nutre e professa a questo colto Pubblico, e si lusinga che gli intelligenti e benigni amatori della drammatica, una non dubbia prova accordare vorranno di loro bontà con dare contrassegni di aggradimento alle fatiche degli umili attori, non ad altro tutti aspirando che ad essere coperti col prezioso manto di un si valevole patrocinio.

Onde rendere vieppiù completo e dilettevole il serale trattenimento verranno esposti tre Balli : uno di mezzo Carattere, e due Buffi diretti, o composti dal signor Domenico Turchi ; il primo di questi è intitolato : Il Proscritto Scozzese, il secondo Il Feudatario ossia le reclute, l’altro da destinarsi.

Il repertorio, come tutti quelli a un dipresso delle altre compagnie, si componeva in gran parte di drammi lagrimosi, alternati con qualche tragedia di Alfieri e qualche commedia di Goldoni.

Allora alla piccola Ristori si affidavan più specialmente parti insignificanti di piccoli servi.

Il '34 fu scritturata con la famiglia dal Meneghino Moncalvo, il quale, dopo di averla per due anni esercitata in parti di bambina, credette, mercè la figura di lei slanciata, di affidarle quella di Francesca da Rimini, ch'ella recitò per la prima volta a Novara nel '36, con tale successo, che le furon poco dopo offerte scritture di prima donna assoluta. Ma per fortuna il padre, uomo di buon senso, la scritturò invece (1837-38) nella Real Compagnia Sarda, come amorosa ingenua, poi prima attrice giovine sotto Carlotta Marchionni, che le fu amica, madre, maestra amorosissima ; ai sacri precetti della quale, affermava ne'suoi ricordi con raro, e direi quasi unico esempio di gratitudine nell’arte nostra, di non essere mai, giovine e adulta, venuta meno.

Lasciate la Marchionni le scene nel 1840, la Ristori ne prese il posto, accanto ad Amalia Bettini, passando l’anno dopo con Romualdo Mascherpa, con cui stette fino al '45.

Frattanto il Righetti, direttore della Real Compagnia, facevale vive istanze perchè vi tornasse ; ma, prima per le condizioni da lei fatte della scrittura, poi per la speranza del suo matrimonio, non approdarono a buon fine. Ella fu dal '46 al '50 con Domeniconi e Coltellini, e dal '51 alla quaresima del '52, divenuta da un anno e dopo una serie di romantiche vicende la marchesa Capranica Del Grillo, fuor della scena.

In quel tempo l’attore e capocomico Pisenti fu messo in prigione per debiti ; e la Ristori, che fu sempre delle miserie de'compagni soccorritrice pietosa, architettò tre rappresentazioni straordinarie, che furono avvenimento di vera gloria, e la salvazione del povero carcerato. Allora il Righetti, che in lei sola omai vedeva l’àncora di salvezza della naufragante Compagnia Reale, tornò all’assalto ; ma ella da Castel Gandolfo rispondeva il 12 settembre del '47 :

La ringrazio delle di Lei esibizioni ; ma avendo preso marito da qualche tempo, ed essendo ciò a cognizione di tutti, doveva bene immaginarsi che se rimanevo ancora sulle scene, lo facevo in riguardo di non rovinare i miei Capo-Comici con un repentino allontanamento dal Teatro. Col termine del carnovale 50 in 51 termino il mio contratto e la carriera drammatica per cambiare di condizione. Eccole parlato francamente.

Non si perdette d’animo l’egregio direttore, e si alleò a riuscir nell’impresa Pasquale Tessero, cognato di lei. E veramente quella scena che aveva date tante e così grandi gioje all’artista, non poteva esser guardata da lungi senza rimpianto. La larghezza delle offerte aveva solleticato non poco l’amor proprio della Ristori, nella quale si risvegliò d’un tratto potentissimo l’antico amore dell’arte, che quello di sposa e di madre aveva per alcun po'assopito. Ma ad attuare il nuovo disegno s’interponeva un ostacolo non facilmente sormontabile : suo marito, da cui non si sarebbe mai separata, era sul punto di ottenere un appalto governativo, in società con amici, che gli assicurava un ottimo resultato : forse, dopo un triennio, l’utile di dieci mila scudi.

Ancora : le condizioni dell’arte in Italia non eran tali da remunerar la prima attrice di una compagnia sì lautamente, da colmar, sia pure in parte, il vuoto lasciato da quell’affare inconcluso. E d’altronde : la Ristori si era disfatta, coll’allontanarsi dal teatro, di ogni suo corredo…. Bisognava ricominciare, e su larghissima scala, rimanendo la Compagnia ferma a Torino per due stagioni almeno. Come fare ? Ci volevan per lo meno 30,000 franchi all’anno. E poi : Righetti dovrebbe obbligarsi a firmare un contratto annuo per una stagione a Roma, e per l’autunno nel primo anno '53. Di più : in caso di pericolo di vita di un dei suoceri, ella dovrebbe aver subito venti giorni di permesso, rimettendo, nell’anno, le recite ch'ella non avrebbe potuto fare. La morte del suo Giuliano dovrebbe riguardarsi come morte sua, e però il contratto sarebbe da quel punto sciolto. Il pagamento dell’onorario dovrebbe farsi in tanti napoleoni d’oro, valutati 20 franchi cadauno, ovunque, esclusa qualunque moneta o carta. E finalmente : Ella reciterebbe solo cinque volte alla settimana, in una sola produzione per sera in principio della serata con diritto di rifiutare quelle parti immorali sulle quali molte revisioni passano sopra, come Il Fallo, Dopo sedici anni, Dieci anni di vita di una donna, Stifelius, Clarissa Harlowe, ecc. : quelle parti insomma con le quali, per quanto sieno eseguite con dignità, è d’uopo sostenere una posizione imbarazzante verso il pubblico, e le quali il signor Righetti potrebbe far eseguire da chi meglio credesse. Rimarrebber pure escluse tutte quelle parti nelle quali fosse obbligata a vestirsi da uomo ; le beneficiate farebbe a sua scelta in principio, o fine delle Piazze, come credesse meglio pel suo interesse : dovrebbe conoscer l’elenco degli attori che componessero la Compagnia, prima di sottoscrivere il contratto ; e prima della riconferma, non dovrebber in esso farsi innovazioni, a sua insaputa. Il Direttore, qualunque fosse, non dovrebbe aver diritto d’imporle l’esecuzione della sua parte ; volendo ella eseguirla secondo gliela dettasse il suo modo di sentire. Ora : le pretese eran senza dubbio fortissime, specie a quel tempo ; ma la Ristori era la Ristori ; e Righetti, uomo equo e intelligente, lo capiva, e voleva conciliar quelle col bilancio non pingue della Compagnia. E cercandole con lusinghevoli parole la via del cuore, tentò diminuir di metà lo stipendio, e accordarle in quella vece un terzo degli utili. E la via del cuore la trovò infatti : chè il 28 del '52 la Ristori gli scriveva da Roma : « Nei nostri cuori fece gran senso la Sua lettera, ed in modo speciale nel mio, chè cresciuta, allevata, ed iniziata nell’arte da cotesta Regia Compagnia, me la figuravo un’istituzione imperibile, ed andrei superba di contribuire all’esistenza di questa, come una figlia riconoscente a quella della propria madre. » Ma l’onorario annuo portò, ultima concessione, a 20,000 franchi, che le furon dal Righetti accordati assieme a quanto d’altro chiedeva, in alcun punto solamente e lievemente modificato.

Ella aveva attinto da noi il culmine sommo della rinomanza. Gl’inni della stampa, e gli entusiasmi del pubblico non ebber confini. Fu allora che « come un baleno — è lei che lo dice — da un cantuccio della sua mente scaturì l’ardito progetto di andare in Francia. » Ma il Righetti, nella gran prudenza poco intraprendente, si oppose al proposito nuovo : troppi i rischi, possibile l’insuccesso artistico, possibilissimo il finanziario. Il ricordo della Compagnia che v'era andata il '30 con la Internari e il Taddei, non era tale da invogliare a ritentar la prova. Ma la Ristori tenne fronte gagliardamente, e vinse, con nuovi e più forti argomenti, primo dei quali la divisione con lui, nel caso di perdita, della sua parte di utili toccata in Italia.

E la risoluzione, infatti, fu presa irrevocabilmente, e la Ristori si diede attorno con tutti i mezzi che le offrivan la sua grandezza artistica e il suo nuovo stato per « rivendicare all’estero — com’ella dice — il nostro valore artistico, mostrando che anche in ciò la nostra non era terra dei morti. » L'11 gennajo '55 scriveva da Torino alla Principessa Hercolani a Bologna :

….. le ingenti spese, e le molte esigenze del popolo francese, rendono molto pericoloso quell’esperimento, sia dal lato interesse, che da quello di un favorevole successo.

A render tutto ciò meno difficile, mio marito pensa partire per Parigi il 20 0 25 corrente, e, corredato di lettere commendatizie, interessare l’alta società a frequentare le rappresentazioni italiane, e proteggere questo esperimento. Ella più che ogni altro può in ciò giovarci, e mandarci qualche lettera che presenti mio marito, per ora, e quindi ma alle distinte e ragguardevoli famiglie sue conoscenti, raccomandando onorare di loro appoggio quest’esperimento drammatico italiano, pel quale colà si porta mio marito (Giuliano dei Marchesi Capranica, Marchese Del Grillo)….

E il Marchese Giuliano, di fatti, si recò a Parigi prima della Compagnia ; e di là mandò al Righetti una nota dei personaggi, che avrebber preso il palco, primi dei quali l’Imperatore e l’Imperatrice, S. A. Girolamo, S. A. la Principessa Matilde, S. A. Murat, S. A. il Principe Carlo Bonaparte, S. A. il Duca di Brunswick, S. E. il Marchese di Villa Marina, S. E. Fould, Ministro di Stato, S. E. il Barone Hübner, Ambasciatore d’Austria, S. E. il Duca di Galliera, ecc., accompagnata da queste parole :

….. La stampa ha già cominciato a lavorare, e la cosa è sparsa per tutta Parigi. Per i 14,000 franchi contateci, come sono sicuro che l’esito sia di tutta soddisfazione per voi, per me e per gli artisti. Di questo sono moralmente convinto. Sui prezzi dei palchi si regolano quelli degli altri biglietti. Presto ci rivedremo. Abbiate fiducia in me : ricordatevi che, oltre al dividere con voi interessi e rischi, ho a cuore, più di qualunque altro, la riuscita buona della cosa per la mia Adelaide….

E la sera della prima rappresentazione, il 22 di maggio, venne, e il successo della Ristori fu ottimo, se non stupefacente. La stessa tragedia — Francesca da Rimini del Pellico — non offriva, tranne che nella scena del quarto atto, grandi risorse, e taluni tra i devoti della Rachel, negaron tra l’altro all’artista nostra « la forza, il vigore necessario a bene interpretare le passioni violenti più proprie del poema tragico. » Forza e vigore che anco i più restii trovaron a esuberanza in lei dopo la rappresentazione di Mirra di Vittorio Alfieri, che fu tutta un trionfo de'più solenni.

Ma la Ristori non era il solo ornamento della Compagnia. Altri artisti di valore, come Ernesto Rossi, Luigi Bellotti-Bon e Gaetano Gattinelli, avevan diritti da far valere. Si dovette recitare Il Burbero benefico di Carlo Goldoni, Niente di male di Augusto Bon, La Suonatrice d’ Arpa di David Chiossone. E le lodi non mancarono, non mancarono gli applausi ;… ma chi mancava era il pubblico. Come porre riparo alla disfatta ? Il 5 di giugno si replicò la Mirra ; e il pubblico, attratto dall’entusiasmo della stampa, vi accorse in gran folla, e il successo fu clamoroso. La tragedia si replicò fino all’andata in iscena di Maria Stuarda, e la buona riuscita dell’impresa fu artisticamente e finanziariamente assicurata : omai la Rachel fu soggiogata dalla grande arte della Ristori, fatta tutta di spontataneità, e quel battesimo della sua fama le aprì le vie di tutto il mondo.

Ecco, a titolo di curiosità, il borderò di una di quelle recite (13 agosto 1855) :

Recette brutte     8,339.50

Loyer et frais de soirée     800.00

Droits des hospices Sur la recette     560.05

Concession     46.55

Sapeurs     13.35

Supplément Passé minuit Gardes     19.50

Police     9.00

Affiches, et buletins extraordinaires     327.25

Droits d’auteurs     60.00

Ensemble à déduire     1,835.70

Reste net     6,503.80

À déduire, pour la Direction     3,251.90

Reste net, pour M.me Ristori     3,251.90

Visto e riconosciuto, etc. etc. Firmato, con data di Parigi 21 agosto 1855, Giuliano del Grillo.

Reynaud, il Colline della Bohème, scrive della Ristori nella nuova serie de'suoi Portraits contemporains (Paris, Amyot, 1864) :

Col successo di Parigi, ell’è giunta omai in prima linea, ha conquistato un posto, che non le sarà più tolto, e che niuna adesso può disputarle. Prima fra le regine, ha ricevuto dalla natura tutti i doni necessarj all’arte sua. Grande, nobile, di bellezza commovente e appassionata, con due occhi che parlano, un sorriso di perle, un gesto d’imperatrice, incede come potrebber Pallade o Giunone, e la sua voce è una musica piena di soavità, o di forza, secondo il sentimento che la domina. Mai attrice tragica fu più maravigliosamente dotata. Ella possiede tutte le corde, il furore, la rabbia, l’amore, l’ironia, la tristezza, la tenerezza, la grazia. Ella muove al pianto, anche quando non la si comprende, con l’espressione della sua faccia, e la melodia del suo organo di fisarmonica….

Questo per le doti fisiche. E per le intellettuali :

Le sue ispirazioni sono sublimi, ella trova nelle sue parti ciò che l’autore stesso non aveva indovinato, e le sviscera in ogni più tenue gradazione di tinte : con un sol gesto, con una occhiata ella dice assai più di un’altra con cento parole. Chi non ricorda il modo con cui s’avvolgeva nel suo manto alla fine del secondo atto di Mirra ? Chi non senti bagnarsi gli occhi di lacrime vedendola inginocchiarsi davanti al Crocifisso in Maria Stuarda ?… Ella si volge direttamente al cuore e vi penetra nel profondo ; ha tali accenti che straziano e trascinano….

E per la donna :

Non è difficile indovinare che la Ristori ha molto cuore : è il distintivo del suo talento. Ella non vive come una commediante, ma come la più onorata madre di famiglia, compiendo ogni suo dovere, che è per lei la felicità. Nelle parti odiose si trovan per lei delle scuse, e pare che il suo personaggio non possa agire altramente sia che la fatalità lo spinga, o la passione lo trascini, o le circostanze lo dominino. Vi han delle parti che non accetta, perchè le ripugnano ; ed ella vuol sempre identificarsi con le sue eroine….

Il d’Heylli nel suo Journal intime de la Comédie Française (Paris, Dentu, 1873), dice di lei :

L'ornamento principale della Compagnia, Adelaide Ristori, si ebbe nella interpretazione di tragedie di Alfieri e di Schiller, un successo colossale, che aveva davvero del fanatismo e del delirio, e che fu, si potè dirlo con ragione, il trionfo più grande e incontestato dell’Esposizione. Bisogna leggere i giornali dell’epoca, per rendersi ben conto di codesto delirio, e di cotesto fanatismo. Lamartine stesso usci dal silenzio poetico, in cui sembrò essersi condannato, dettò per lei un’ ode, che la folla acclamò per due sere, riempiendo al colmo la sala Ventadour, Dumas padre, proprietario allora del giornale Il Moschettiere, prese le parti dell’attrice italiana, facendo uno strano parallelo tra lei e la Rachel, nel quale si sforzava di mostrare quanto più grande fosse la tragica straniera della tragica francese…. E tutti i giornali comparavan ne' loro articoli i talenti delle due artiste, in verità si diversi, e le lor conclusioni non apparivan sempre favorevoli alla Rachel….

E finalmente Vittoriano Sardou, venti anni dopo, ricordando l’antico entusiasmo, scriveva a un amico :

Sono stato un de' più grandi ammiratori della Ristori. L'ho veduta in tutte le sue parti, e non ho lasciato alcuna delle sue rappresentazioni. Posso dire di doverle molto, poichè, soccorso dal ricordo di quanto le vidi fare, mi son servito bene spesso de' suoi giuochi di scena e di fisionomia. Assai sovente ho modellato attrici su questa ammirabile artista, e tra l’altre la Fargueil, che è tutta piena di imitazioni ristoriane, e che le deve, senza saperlo, gran parte del suo presente successo all’Ambigu nella Rosa Michel del Blum. Tutta la scena della denunzia in Patria era del Ristorismo più puro. Per conto mio non ho mai veduto niente di più bello al teatro, che l’azione di questa maravigliosa donna ; e le serate di Pia, di Medea, di Giuditta, di Maria Stuarda, son rimaste le più belle di tutta la mia vita di teatro.

Naturalmente i grandi entusiasmi ebbero anche il loro rovescio, e Lemercier De Neuville nelle sue Figures du temps (Paris, Bourdilliat, 1861), non ebbe, specie per la recitazione in francese della Beatrice di Legouvé, parole di soverchia tenerezza per la nostra eroina : ma l’entusiasmo si mantenne alto, nonostante i tentativi di reazione dell’anno dopo, e quel primo battesimo di Parigi fu anche, s’è già detto, il primo passo del lungo e glorioso cammino della Ristori, chè di là il suo nome echeggiò in ogni parte più riposta del mondo. Percorse l’America del Nord nel '66, e vi tornò l’anno di poi, il '75 e l’ '84. Fu il '68 nel Messico ; il '69 in tutta l’America del Sud, ove tornò del '74. Recitò la commedia e la farsa, il dramma e la tragedia in italiano, in francese e in inglese con attori italiani, francesi, inglesi e tedeschi ; e dovunque ammirata, festeggiata, acclamata dal pubblico, dalla stampa, dai poeti. Ebbe amicizie di Sovrani ; ridonò alla società e alla patria un povero soldato condannato a morte ; visse, nei momenti più burrascosi della patria nostra, gagliardamente italiana. Fu sposa e madre adorata ; e, lasciate le scene, diventò dama d’onore della Regina d’Italia. Al suo ottantesimo anno, tutto il mondo si preparò a festeggiarla, richiamandole alla memoria, nella solennità dell’omaggio, gli entusiasmi che ella seppe destare per oltre sessant’anni.

Il nostro giovine Re Vittorio Emanuele III andò in persona a ossequiarla, recandole un dono e gli auguri della Regina : il Ministro dell’Istruzione le coniò una medaglia d’oro ; e un’altra, d’oro gliene coniò la R. Scuola di Recitazione di Firenze che ho l’onore di dirigere ; e sono orgoglioso di poter qui legare in qualche modo il mio piccolo nome a quello di lei grandissimo e venerato.

Ebbe tre fratelli che seguiron l’arte sua : Carolina, moglie di Pasquale Tessero (V.), nata il 4 novembre 1823 a Brescia e morta a Genova il 1890 ; Enrico, artista egregio alcun tempo per le parti amorose al fianco di sua sorella, poi impiegato ferroviario, nato a Voltri nel 1826, e morto capo-stazione a Foggia nel 1894 ; e Cesare ora al fianco della sorella per le parti di carattere, ora cantante buffo, nato a Soresina il 21 di marzo 1835, e morto a Torino, maestro di recitazione, il 26 febbrajo 1891.