Pilotto Libero. Nato a Feltre il 27 marzo del 1854 da Giovanni e Rosa Milliacci, non comici, dopo di aver recitato fra i dilettanti, con buona riuscita, fu mandato alla scuola di declamazione di Firenze, d’onde uscì dopo due anni, per entrar poi nell’arte, per modo di dire, in una modesta compagnia, condotta, se ben ricordo, da un cotal Silvano.
Dopo molte peregrinazioni artistiche, in cui, talvolta, soddisfare alla fame era problema di assai difficile soluzione, riuscì attore egregio per le parti generiche, e fu nelle migliori nostre compagnie, amato dai compagni per la innata bontà, e ammirato dal pubblico per la sobrietà e verità di recitazione, e per quella specie di bonomia ch'ei sapeva trasfondere ne' personaggi. Fu anche direttore della Compagnia Nazionale, e socio di Ermete Zacconi, ma il suo nome più che all’arte del recitare egli legò all’opere sue drammatiche, nelle quali è sempre un sapore italianissimo di sana commedia, e delle quali alcuna vive tuttora ne' repertorj delle compagnie sì dialettali che italiane, come l’Amoreto de Goldoni a Feltre, il Tiranno di San Giusto, l’Onorevole Campodarsego, Dall’ombra al Sole.
Ecco l’elenco delle produzioni da lui scritte, che traggo da una nota biografica di L. Zasio, inserita in un volume dedicato alla memoria del compianto artista dal fratello Vittorio, e edito il 1901 a Feltre (Castaldi) nel primo anniversario della morte.
Il Seminario – L'amoreto de Goldoni a Feltre – Dall’ombra al Sole – Il Tiranno di San Giusto – Col ferro in pugno – La bugia del secolo – Macchie di sole – Padre e figli – Scuola professional – Il Re di Molinella – Cesarina – L'onorevole Campodarsego – I Pellegrini de Marostega – Maestro Zaccaria – El suicidio de sior Prosdocimo – La bicicletta – I figli d’Ercole – Tenente dei Lancieri – La bella vita – Il banchetto di Montebelluna – La famegia d’un canonico – Storia de geri – Alcuni bozzetti e varî scherzi comici.
Fra questi cito una parodia del Cantico de' Cantici di Cavallotti recitata l’autunno dell’ '81, al Teatro Manzoni di Milano, dalla Compagnia Pietriboni, appunto dopo il Cantico.

Ammalato di diabete, morì a Feltre il 6 maggio del 1900, lasciando nel lutto la famiglia comica, e nella desolazione una moglie affettuosa (Antonietta Moro, figlia dell’arte, egregia seconda donna), e quattro figliuoli.
Per lui, attore, autore, uomo, ebbero tutti parole di lode sincera.
Edmondo De Amicis così degnamente preludeva alle memorie raccolte nel volume citato.
Bastava guardarlo in viso per dire : – è un galantuomo : – udirlo nominare i suoi figliuoli per dire : – è un ottimo padre : – vederlo comparire sulla scena per dire : – è un insigne artista. –
Ma, qualunque parte egli facesse, nonostante l’arte finissima, non poteva dissimulare affatto la bontà affettuosa e la gentilezza squisita dell’animo suo. Lo ammirai prima come autore che come attore : dopo averlo inteso recitare, lo cercai ; non appena lo conobbi, gli volli bene. Ogni volta che venne a casa mia vi portò il sorriso e vi lasciò la serenità. Non lo conoscevamo che da pochi mesi e ci pareva un vecchio amico. In famiglia ci annunciavamo a vicenda l’arrivo della sua compagnia, dicendo : – Viene Pilotto ; – il che significava : – avremo il grande piacere di riveder quel viso buono, di riudire quella cara voce, e di applaudirlo, e di sentirlo applaudire. – Non lo rivedremo più, non potremo più applaudire che le sue commedie. Ci è tolto anche il conforto di quest’amico al grande dolore che ci ha colpiti. Ma io porterò vivo nel cuore la sua memoria fin che avrò sentimento dell’amicizia e dell’arte. Coraggio, buoni fanciulli ! Vi porterà fortuna il nome onorato e caro, vanto dell’arte italiana e simpatia d’ogni cuore gentile.
E degnamente ancora scrisse del comico, amante dell’arte e della famiglia comica, Edoardo Boutet, il maggio del 1900, pochi dì dopo la morte di lui.
Questa morte si rende anche più pungente di commozione per la famiglia dell’arte, poichè Libero Pilotto apparteneva alla breve e egregia schiera di quelli attori che alla fortuna e alla dignità della comica cosa pigliano particolare interesse ; egli, con la fede e l’entusiasmo degli ottimi. Infatti tutto quanto il miglioramento della classe interessava non lo trovava indifferente : e discuteva, scriveva, sempre con quel cuor di galantuomo sulle labbra, e con una visione alta e nobile per il bene e per la gloria del palcoscenico.
Pinotti Francesco. Nato il 1736 a Mantova, è citato dal Bartoli come attore diligente, che all’arte del dire sapeva unir quella del canto. Recitava le parti d’Innamorato, e trovavasi il 1781 a Napoli nella Compagnia de' Lombardi, diretta da Tommaso Grandi, detto il Pettinaro.
Era l’ '87 al Valle di Roma con Petronio Zanerini, e creò il 16 gennajo la parte di Eumeo nell’Aristodemo, e il carnovale dell’ '88 quella di Zambrino nel Galeotto Manfredi di Vincenzo Monti (V. Zanerini Petronio).
Augusto di Kotzebue nelle sue Osservazioni intorno a un viaggio da Liefland a Roma e Napoli (Colonia, Peter Hammer, 1805), dice del Pinotti, a pagina 63 della seconda parte (Teatro a Napoli) :
La drammatica compagnia dei Fiorentini non è, a dir vero, eccellente, ma buona.
Il vecchio Pinotti si distingue particolarmente nelle parti comiche e ingenue, e potrebbe misurarsi coi migliori de' nostri artisti tedeschi (Iffland e Wiedmann eccettuati) : egli è anche il beniamino del pubblico, al quale sfugge un mormorio di contentezza, ogni qualvolta egli appar su la scena.
E a pagina 96 :
Il vecchio Pinotti ha in tutte le parti che gli ho visto recitare, e non son poche, pienamente confermato il mio primo giudicio. È un eccellente artista che io vorrei comparar talvolta ad Iffland e talvolta anche ad Eckhof.
Fu il predecessore, ai Fiorentini, del celebre Pertica, il quale ebbe molto a lottare col pubblico per cancellar la grande impressione lasciatagli dal Pinotti.
Anche sua moglie fu attrice valentissima per le parti caratteristiche, che sostenne al fianco del marito, a cui talvolta riuscì superiore. Nacquer dalla loro unione tre figliuole, educate all’arte del canto, due delle quali riuscirono egregie, e una, la terza, perdè la voce e divenne poi moglie del rinomato La Blache. Francesco Pinotti morì nel 1820.