Vitaliani-Parpagiola Andrea. Padovano e non figlio d’arte (il nome di Parpagiola gli venne da una prossima parente, Dama di Corte di Maria Luisa di Parma, che gli aveva lasciato parte delle sue fortune) era il 1824 primo amoroso in Compagnia Duse ; e il n.° 4 di quell’anno delle Varietà teatrali di Venezia gli tributa parole di moltissima lode. Con lettera del 12 agosto '37 domandava a Ferdinando Pelzet, scadendogli una cambiale, il prestito di otto scudi. « Gli affari – scriveva – poco favorevoli del mio Capocomico, mi pongono nel caso di non poter soddisfare al contratto impegno. » Ma non ho potuto sapere il nome di quel capocomico.
Era il '48 in Compagnia di Angelo Lipparini colla moglie Marianna e i figli Cesare e Vitaliano. Della sua vita privata un piccol cenno si ha in un epigramma del tempo, che ho in una raccolta manoscritta, diretto alla moglie di lui, chiedendole come mai egli divenisse tanto birba da consumar la sovvenzione teatrale con la Ciabetti, e fare poi scandali con la moglie di parole e percosse.
Vitaliani Cesare. Figlio del precedente, nato il 1824, cominciò a recitar giovinetto, come ogni figlio d’arte, insieme al padre e alla madre, coi quali trovavasi ancora, amoroso il 1848 in Compagnia Lipparini. Fu poi in vario tempo e in varie compagnie, primo attore pregiato e non men pregiato Direttore. Mercè la sua cultura e la sua intelligenzanoncomuni fu chiamato dall’ Italia artistica di Torino, iniziatrice, a dirigere alcune rappresentazioni di commedie classiche italiane, tra cui era La Mandragola di Macchiavelli. All’ arte sua di attore e direttore egli accoppiò quella di scrittore a cui legò favorevolmente e per alcun tempo il suo nome. Fra le molte sue opere vanno annoverate come le migliori, l’Amore, e Lord Byron a Venezia, le quali, ricche di tutto il convenzionalismo teatrale, e di reminiscenze delle più belle opere altrui, brillarono come fuochi d’artificio, di luce effimera e smagliante. Non fu il Vitaliani uomo di specchiata moralità, e un senile pervertimento gli procacciò processi, e pur troppo anche la carcere, dove morì presso Trieste, il 26 luglio 1893.
