Riccoboni Luigi. Figlio del precedente, nato a Modena verso il 1675, esordì quale Innamorato nella Compagnia della Diana, moglie di Giovanni Battista Costantini, al servizio di quel Duca, diretta sotto il nome di Federico, che mutò poi in quello di Lelio, sembrato alla direttrice più teatrale ; e diede subito prova di gran valore. Traggo dall’Archivio di Modena la lettera seguente ricca d’interesse per gli scrupoli religiosi da cui fu preso, poco più che ventenne :
Luigi Riccoboni seruo, e sudito hum.mo del A. V. humilmente li narra, come ha esercitato l’arte comica per il spatio d’anni quatro, e ciò ha fatto per esser figlio d’Antonio che ha seruito tant’anni la Ser.ma Casa per Pantalone nel qual tempo ha conosciuto apertamente, et indubitatamente esser impossibile, esercitandola, il poter saluar l’anima sua, e sù questa certezza l’anno scorso haueua determinato di lasciar tal arte, e ritirarsi in un Monastero, e che sij il uero col Padre Guardiano de Zocolanti di Cento trattaua tal interesse ; ma perchè quelli che esercitano tal arte sono senz'anima, e pieni d’iniquità fecero che fu chiamato a recitare dal Ser.mo di Mantova, dal quale non si pote diffendere con tutto li rapresentasse l’impegno che haueua con tal Padre, le lettere che fra essi correuano, e l’ inclinatione e genio che haueua di farsi Religioso ; si conuenne adunque continuare il recitare con mille inquietezze d’animo, pretendendo li Compagni farli sposare l’Argentina Comica, del che se ne diffese. Finito l’anno prima che fosse impiegato notifico al Sig.re Co. Cesare Rangoni protettore de Comici del A. V. S. che non l’impiegasse, che non uoleua più far tal arte, ma guadagnarsi il pane in gratia di Dio, e più honoratemente, e perchè hora li peruiene al orechio che Leandro primo Moroso l’habbi destinato per suo secondo, e che ui sij l’assenso del sud.º Sig.re Conte, contro sua uolonta, ricorre al Innata bontà del A. V. S. a gratiarlo che non sij sforzato a far arte di tanto suo pregiuditio, e non dubita d’ ottener ciò, sapendo quanto l’A. Sua sia Christiana, che non permetterà che offenda dio esercitandola, e non scorra pericolo di sposare la gia nominata Argentina che pure è in detta Compagnia, certo alhora di non lasciar mai più tal mestiere, e piombare al Inferno. Che della gratia, etc.
Di fuori : A S. A. Ser.ma — Per Luigi Riccoboni (1696).
Ma la difesa pare non fosse che del momento, però ch'egli sposò difatti l’Argentina, Gabriella Gardelini (V.), sorellastra di Francesco Materazzi, il dottore della Compagnia (V.), che gli morì giovanissima, e da cui non ebbe figliuoli.

Rimasto vedovo, passò a seconde nozze con Elena Virginia Balletti (V.), famosissima attrice, e più nota col nome di Flaminia ; e li vediamo con la lor Compagnia al Vecchio Teatro Comunale di Modena in Via Emilia il dicembre del 1709, il carnovale del 1710, l’aprile del 1712. Alessandro Gandini (op. cit.) riferisce il seguente racconto tratto dalle memorie manoscritte del Ronchi :
Si dice che il Riccoboni, sulle scene il Lelio, fu fatto arrestare per istanza a S. A. S. di alcuni Cavalieri, i quali nella sera delli 11 gennajo del 1710 avendo recitato, e sperando di avere la Corte, questa invece andò al Teatro ove recitava il Lelio. Questi si permise alla fine della sua produzione di ringraziare i Serenissimi dicendo che le grazie delle LL. Altezze erano stimatissime, e massime più quando erano conferite con preferenza, alludendo alla venuta delle Serenissime piuttosto da lui che dai Cavalieri, i quali adontati, ottennero che il Marchese Lodovico Rangoni lo consigliasse a costituirsi in prigione, al che aderendo il Lelio, venne nella sera stessa per mezzo delle Serenissime fatto porre in libertà all’ora della recita.
E questo mi par provi in quale stima fosse tenuto da S. A. il Riccoboni, che aveva già cominciato a far tanto parlar di sè pe' suoi tentativi di Riforma del Teatro Italiano, sostituendo alla Comedia dell’ arte, buone opere scritte, tolte dall’ antico repertorio, quali Sofonisba del Trissino, Semiramide di Muzio Manfredi, Edipo di Sofocle, Torrismondo del Tasso, e altre, e altre, che troppo sarebbe voler qui enumerare, le quali allestì al pubblico con molto decoro, e recitò con molto valore. — A proposito della recitazione tragica, è opportuno riferire quel che dice Pier Jacopo Martello nel volume I delle sue opere (Bologna, Lelio dalla Volpe, MDCCXXXV) :
..… ti vo'dar gusto con sentenziare, che l’ Italiano va a piacere con più ragione degli altri, se più commozione dagli Franzesi, e più gravità dagli Spagnuoli prenderà in prestito nelle Scene. Di questo mescolamento mi dà grande speranza Luigi Riccobuoni detto Lelio Comico, che con la sua brava Flaminia si è dato non solo ad ingentilire il costume pur troppo villano de' vostri Istrioni, col rendere l’ antico decoro alla comica professione, ma recitando insieme co'suoi compagni regolate e sode tragedie, le rappresenta con vivacità, e con fermezza conveniente ai soggetti, che tratta, dimodochè potete voi dargli il giusto titolo di vero Riformatore de' recitamenti Italiani.

Ma la vittoria del Riccoboni non poteva dirsi compiuta, ove fosse mancato il successo a Venezia, la Capitale d’ Italia pel teatro di prosa. E pur troppo vi mancò : la commedia improvvisa coi suoi arlecchini, co' suoi brighella, co'suoi pantaloni, imperava sovrana, e Riccoboni, che non aveva avuto dalla natura il genio di opporre a quella una produzione nuova, destinata a migliorare gradatamente il corrotto gusto del pubblico, dovette soccombere. Scoraggiato, avvilito, deliberò di accettar l’invito che gli venne di Francia di formare una Compagnia italiana per Parigi, al servizio del Duca d’Orléans, il Reggente, sperando di realizzare colà il sogno che aveva tentato invano di realizzare in patria. Ma, ahimè ! Avevano i letterati un bel chiamarlo riformatore ! Neanche Parigi volle sapere delle commedie di buon gusto ; e prima ancora di aprire il teatro, egli dovette obbedire, e cedere alle voglie del pubblico, che non si aspettava dagl’ italiani se non uno sregolato riso.
Essendo l’Hôtel de Bourgogne in riparazione, la compagnia recitò al Palais Royal, alternativamente con l’opera, cominciando la sera del 18 maggio, nel nome di Dio, della Vergine Maria, di San Francesco di Paola e delle Anime del Purgatorio, con La Felice Sorpresa, che ebbe un grande successo davanti a un pubblico affollatissimo : l’introito, e i posti costavano un terzo meno che un secolo più tardi, fu di lire 4068.
Il 20, fu pubblicato un ordine del Re, col quale la Compagnia Italiana era ufficialmente stabilita ; e lo stesso giorno si recitò la commedia a soggetto Arlecchino buffone di Corte, che destò vero fanatismo, a segno che le Dame si credettero in dovere di studiar l’italiano ; coloro che l’insegnavano, diventaron di moda, ed era di somma eleganza averne la sera uno in palco, il quale spiegasse il lavoro.
Or ecco l’elenco della Compagnia :
UOMINI
Pietro Alborghetti di Venezia Pantalone
Francesco Materassi di Milano Dottore
Luigi Riccoboni detto Lelio di Modena 1°Amoroso
Giuseppe Baletti detto Mario di Monaco 2°Amoroso
Jacomo Rauzini di Napoli Scaramuccia
Giovanni Bissoni di Bologna Scapino (1° Zanni)
Tomaso Antonio Visentini di Venezia Arlecchino (2° Zanni)
Fabio Sticotti Cantante e Generico
DONNE
Elena Baletti detta Flaminia di Ferrara 1ª Amorosa
Zanetta Rosa Benozzi detta Silvia di Tolosa 2ª Amorosa
Margherita Rusca detta Violetta di Venezia Servetta
Orsola Astori di Venezia Cantatrice o Chanteuse
Fu lor concesso il titolo di Comici di S. A. R. il Signor Duca d’Orléans, Reggente ; e sappiamo che Riccoboni, prima di partir dall’Italia e di stringere il patto, aveva indirizzato al Duca di Parma il seguente memoriale :
1° La Compagnia tutta supplica umilmente Vostra Altezza Serenissima di farle accordar la grazia di cui godettero i suoi predecessori, che niuna Compagnia italiana sia ricevuta a Parigi sotto alcun pretesto, quand’ anche tutti i Comici parlassero francese ; e sia generalmente vietato a qualsiasi altro di servirsi de' costumi delle Maschere del Teatro Italiano, quali dell’Arlecchino, dello Scaramuccia, del Pantalone, del Dottore e dello Scapino ; et anche del Pierrot, che, se ben francese, è nato dal teatro italiano.
2° I Comici, augurandosi di servir Sua Maestà in pace e con buona fama, dimandano che in nessun tempo sien ricevuti nella Compagnia della famiglia dei Costantini, per la quale, tutti sanno che i Comici italiani lor predecessori, vennero in disgrazia della Corte.
3° Essi domandano umilmente sien lor concesse le danze e la musica negl’intermezzi, come furon concesse a' predecessori.
4° Se alcuno de'Comici avesse la sciagura di non incontrare il favor della Corte e della Città, sia data alla Compagnia facoltà di rimandarlo con un regalo, e di farne venire altro al suo posto.
5° I Comici supplicano Sua Altezza Serenissima di far vive istanze alla Corte, perchè sia loro concesso, come in Italia, il libero uso dei Santi Sacramenti ; molto più che essi non reciteranno mai nulla di scandaloso, e Riccoboni s’ impegna sottopor gli scenarj delle comedie all’ esame del Ministero, e anche di un Ecclesiastico, per la loro approvazione.
Il Principe Antonio di Parma inviò al Duca Reggente il Regolamento della Compagnia già approvato, senza che nè in esso, nè in quello del Duca d’Orléans fosse più fatta menzione della Compagnia Costantini, alla quale il Riccoboni, essendo la sua scrittura una semplice aggiunta a quella della moglie, aveva accennato : e forse la ragione di quell’accenno, sta in ciò, che trovandosi il Costantini a Parigi, ove s’era fatto impresario nel 1712 di spettacoli alle fiere di San Germano e di San Lorenzo, il Riccoboni ne temeva l’ingerenza nella nuova compagnia. Ingerenza, che con sollecitazioni e raccomandazioni non mancò, poichè gli fu affidato un ufficio amministrativo ; ma, fortunatamente egli lo disimpegnò sì male, che poco tempo dopo fu congedato.
I Comici tutti, senza distinzione, compreso Riccoboni, ebber nell’azienda parti uguali. La cassa fu tenuta dal Bissoni (V.) ; e preposti alle spese furono Alborghetti (V.), e Materazzi. Ognuno doveva pensare al proprio vestiario, eccettuato Fabio Sticotti, marito di Orsola Astori, la cantatrice, al quale eran forniti gli abiti dalla Compagnia, e da essa poi conservati insieme agli altri che le appartenevano, come di comparse, ecc.
Luigi Riccoboni fu naturalizzato francese con lettera del giugno 1723, insieme alla moglie, e al figliuolo Antonio Francesco Valentino ; il 5 aprile '27 ottenne il permesso per due mesi di recarsi a recitare in Inghilterra, e il 25 aprile '29 l’autorizzazione di ritirarsi dalle scene insieme alla moglie e al figlio con l’annua pensione di lire 1000 per sè e per la moglie. Tal fatto fu annunziato nel Mercurio di Francia del maggio seguente, con molte parole di lode.
Stette il Riccoboni con la famiglia due anni a Parma ; poscia, il novembre del '31, fe'ritorno a Parigi, dove, fuor della scena, morì a settantotto anni il 6 dicembre del '53, e fu sepolto l’indomani al San Salvatore. L' atto di morte lo dice Antico Ufficiale del Re.
Pare che a Modena si fosse sparsa, molti anni prima, la notizia della sua morte, poichè abbiamo un brano di lettera del 1° gennaio 1735 in quell’Archivio di Stato, così concepito : « Il povero Riccoboni, che avevamo mandato all’altro mondo, vive sempre, e sempre bravo modenese. »
Molte sono le opere di teatro ch'egli scrisse, ma tutte ohimè giacenti nell’ oblìo. Vivono invece quelle sul teatro, consultate da chiunque si dia a tal genere di studj, e specialmente La storia del Teatro italiano, opera più che altro di polemica, per quella benedetta quistione della derivazione della commedia dell’arte dall’antica Atellana, e dello Zanni arlecchino dall’antico Sannio, che aveva sotto certo rispetto le stesse caratteristiche del costume : quistione non ben risolta tuttavia. Tale opera comprende anche un catalogo di tragedie e commedie pubblicate per le stampe dal 1500 al 1600 ; e per comporla egli dovè far capo sempre al famoso raccoglitore e amico dei comici Gueullette, come si rileva dalle sue lettere, nelle quali ora domanda, per dar l’ultima mano al suo lavoro, Le livre sans nom, ora l’Arliquiniana, ora la Bibliothèque des théatres. Uomo di gran cuore, benchè d’umore atrabiliare, si raccomandava a Gueullette in una lettera del settembre 1739 (lunedì), perchè andasse con lui ad assistere il povero Thomassin, Visentini, morente ; e soprattutto per indurlo, prima della morte, a pensare alla sua famiglia. Ma ecco, senz'altro, l’ elenco de'suoi scritti per ordine cronologico di pubblicazione :
Dell’Arte Rappresentativa. Cap.li sei (3ª rima). Londra, M DCCXXVIII. Histoire du Théatre Italien, etc. etc. A Paris, Chez André Cailleau,…
M DCCXXXI. Due grossi volumi in-8°, adorni di 18 illustrazioni in rame di maschere incise da Joulain.
Nuovo Teatro Italiano, che contiene le commedie stampate e recitate dal signor Luigi Riccoboni detto Lelio. In Parigi, appresso Briasson, M DCCXXXIII. Tre volumi in-12°, con testo francese a fronte.
Observations sur la comédie, et sur le génie de Molière. Paris, Pissot, M DCCXXXVI. Un volume in-12°.
Réflexions historiques et critiques sur les différents Théatres de l’Europe, avec les pensées sur la Déclamation. A Paris, Jacques Guerin, M DCC XXXVIII. Un grosso volume in-8°.
De la Réformation du Théatre. Paris, Debure Pere, M DCC LXVII. Un volume in-12°.
Una curiosa lettera a Pier Iacopo Martello, da Verona 6 settembre 1714 (Lettere inedite d’illustri italiani. Milano, Classici, M DCCCXXX), in cui dà ragguaglio della Fulvia, pastorale dell’abate Giovanni Bravi, della quale tutti i letterati dicevan mirabilia, giudicandola superiore all’Aminta nello stile, al Pastor Fido nello spirito, e impeditane la stampa dai Revisori « per certi baci ed amplessi forse un po' troppo teneri. »
Fra le tante curiosità bibliografiche del teatro italiano, è da notare un rarissimo libretto di M. Musard (Parigi, 1810), in cui sono aggiunti alle Parades des Boulevarts, alcuni Lazzis d’Arlequin, contés jadis À Lélio par le célèbre Carlin sur le théatre de la Comédie italienne (Coll. Rasi).