(1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO I. Teatro Alemanno. » pp. 4-31
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(1813) Storia critica dei teatri antichi e moderni divisa in dieci tomi (3e éd.). Tome IX « STORIA CRITICA DE’ TEATRI. Tomo IX. LIBRO IX. Continuazione de’ Teatri Oltramontani del XVIII secolo. — CAPO I. Teatro Alemanno. » pp. 4-31

CAPO I

Teatro Alemanno.

La turgidezza, u frizzi e le metafore stravanganti di Lohenstein, non meno che le bassezze di Cristiano Weisse, andavano sin dal principo del secolo XVIII cadendo nel meritato disprezzo. La giustezza e la verità de’ pensieri, e la correzione dell’espressioni già campeggiava nelle opere di Wolf, di Canitz, di Breitinger, Neukirck, Haller, Hagerdorn, Mosheim, Bodmer, Gottsched. Il solo teatro trovavasi tutavia sino alla fine del 1730 in preda all’Arlecchino, a Giovanni Salciccia, ai Gran Drammi politici ed eroici. Ed a chi debbonsi in primi tentativi per la riforma del teatro alemanno? Una donna, un’ attice, la famosa Neuber ebbe il coraggio di pensarvi e d’intraprenderne l’esecuzione, coll’animare Gottsched, e con lavorarvi ella stessa inoltrandosi nell’ardua impresa, ad onta delle persecuzioni, e scrorrendo per la Sassonia, e facendo la guerra a mal gusto. Kock abile attore ne secondò coraggiosamente gli sforzi traducendo alcuni componimenti francesi.

L’entusiasmo della Neuber passò al nominato professore di Lipsia Gottsched pieno della lettura de’ drammi francesi, e persuaso della giustezza de ’ loro princippii. Tradusse dal francese, compose, fe da altri comporre diversi drammi comici da sostituirsi alle antiche buffonerie, i quali dalla compagnia della Neuber si rappresentarono in Lipsia ed in Brunswich. A norma ancora del Catone di Adisson compose il sua Catone moribondo. Zelante osservatore delle regole ne formò una tragedia regolare; freddo, depresso, e poco nobile verseggiatore la vesti umilmente. I di lui colleghi produsseto Dario, Benisa, il Bello-Spirito, l’Ippocondrico, ed altre tragedie e commedie modellate freddamente alla francese. Gottsched unì a’ suoi tutti questi componimenti, e gli publicò in sei volumi. Mad. Gottsched conferi pure ai di lui disegni col Penteo tragedia, e colle commedie il Testamento ed il Matrimonio disuguale scritte con purezza, ma pesanti, sprovvedute di calore, e spesso per la lunghezza nojose.

La nazione posta un movimento applaudi al disegno di una riforma, ma molti ne disapprovavano il mezzo scelto, cioè l’esempio de’ Francesi. «Il nostro gusto e i nostri costumo (osservavasi nelle Lettere sulla moderna Letteratura pubblicate dal 1759 sino al 1763) rassomigliano più agl’Inglesi che a’ Francesi; nelle nostre tragedie amiamo di vedere e pensare più che non si pensa, e non si vede nella timida tragedia francese; il grande, il terribile, il malinconico fanno sopra di noi più impressione del tenero e dell’appassionato, e in generale noi preferiampo le cose difficili e complicate a quelle che si veggono con una occhiata.» Simili riflessioni contrapposte a quelle de’ seguaci di Gottsched fecero nascere in scrupolosi osservatori delle regole imitatori di Corneille e Racine, e quello de’ seguaci di Shakespear ed Otwai anche nelle mostruosità. Applaudiva il pubblico or l’uno or l’altro partito, e la sua approvazione data a due gusti contrarii provava contro ambedue, che l’un cammino e l’altro corso con genio poteva menare al medesimo scopo. Venue poscia chi ne propose un terzo.

Questa emulazione purgò in gran parte il teatro tedesco delle passate stravaganze. L’Alemagna già conta varii scrittori dramatici degni di lode. Tale è in prima Giovanni Elia Schlegel benchè morto nel più bello della carriera. Suoi lavori scenici furono cinque tragedie in versi, Arminio, Didone, Canuto re di Danimarca, le Troadi di Seneca, e l’Elettra di Euripide, e tre commedie in prosa, il Trionfo delle Donne sagge, la Bellazza mutola, ed il Misterioso. Spicca tralle prime il Canuto, benchè dicasi che contenga molte belle scene senza formare una bella tragedia. Tralle commedie si applaude il Misterioso per la decenza e per la moralità, benchè vi si desideri la piacevolezza comica. La morte gl’impedì di riuscir quanto poteva. Il re di Danimarca Federigo V l’aveva tirato ne’ suoi dominii, ove Schlegel godeva di una commoda fortuna essendo cattedratico a Soroë.

Giovanni Behermann negoziante di Amburgo morto da non molti anni compose due tragedie ben verseggiate il Timoleone, e gli Orazzi, ed in questa imitò Cornelio. Esse hanno un merito competente; ma i critici vi desiderano più calore e sfoggio minore di massime filosofiche.

Cristiano Gellert nato nell’alta Sassonia nel 1713, e morto nel 1769 mostrò buon gusto in più opere, e diede al teatro alcune commedie pregevoli. Spiccano fra esse la Falsa Divota, la Donna ammalata, il Biglietto del Lotto, nelle quali si dipingono al naturale i costumo correnti. Nel Biglietto del Lotto è ben colorito il sordido ed avaro Damone, e la vana e invidiosa et ciarliera mad. Orgone. Ma l’azione dovrebbe essere più vivace, il disegno più unito, lo sceneggiamento più connesso, l’entrare e l’uscire de’ personaggi più ragionevole, e soprattutto il costume più decente. A questi dì in Italia, in Francia, e nelle Spagne fremerebbe lo spettatore a una scena simile alla terza dell’atto III. Un piccolo ristoro, madama ,dice Simone a mad. Orgone, e la bacia. Tristarello , ella risponde, chi vi permette questa libertà? Non temete di ammalarvi abbracciando una inferma? Ella poi si sente suffocare, respira con difficoltà… il seno se le discopre senza accorgersene… Simone torna ad abbracciarla dicendo, che seno di alabastro! che vista! Piggiore è la seconda scena dell’atto IV. Madama , dice Simone, è gran tempo che io non vi ho abbracciata. Ah mio caro, ella risponde, sento venire alcuno, ho paura che ci osservino; sentite; io men vado fingendo di essere con voi in collera, seguitemi, ma non si presto, perchè non s’insospettiscano. Se la modestia in questa favola è offesa, l’arte non vi è risparamiata. Lo scioglimento è seguito, si è ricuperato il biglietton, se n’è destinato il guadagno, e mentre lo spettatore attende di essere congedato, comparisce nell’ultima scena un nuovo personaggio, un signor Antonio amante di Carolina, e incominciano esami, discussioni, proteste di amore e disinteresse, e tutto così a bell’agio come si farebbe nel bel mezzo della favola.

Giovanni Cristiano Krüger nato in Berlino, e morto in Amburgo di anni ventotto nel 1750 costretto dalla povertà entrò nella compagnia comica di Schonemann,e lavorò come attore e come poeta. Corse poi per l’Alemagna, e connobbe molti letterati. Tradusse le opere di Marivaux e di altri. Le più stimate sue commedie sono; i Candidati, il Duca Michele, e lo Sposo cieco a. L’abate Bertòla, che per altro raccolse varie notizie recenti del teatro tedesco, disse di quest’ultima, che oltre all’essere stata imi tata in Francia, passò anche in Napoli, e comparve in un’ opera buffa. In ciò s’ingannò di ogni maniera. Egli per l’opera buffa vedutasi sulle scene napoletane ebbe la mira al Finto cieco di Pietro Trinchera; ma quest’opera è ben diversa dallo Sposo cieco del Krüger, perchè il Finto cieco napoletano è un padre trincato che coll’apparente difetto de’ suoi occhi dà opportunità alle sue figluole di scroccare; là dove il Krüger dipinge uno Sposo che si finge cieci per gelosia. Esiste poi in Napoli un’ altra opera buffa intitolata lo Cecato fauzo, ed è appunto uno sposo che si finge cieco per gelosia, come quello del Krüger. Ma il dramma napoletano lo Cecato fauzo comparve sulle scene di questa città sin dal 1727 allorchè Krüger era bambino. Al contrario dunque di ciò che suppose il Bertòla, lo Sposo cieco del Krüger è copia della riferita opera buffa del 1727 quando il Krüger contava anni cinque d’età. Giovanni Federigo barone di Cronegh nato in Anspach poteva forse divenire un tragico eccellente, sì patetico e dilicato si dimostra nelle sue tragedie e nelle Solitudini, ovvero un gran comico per la facilità che ebbe nel dipingere i caratteri, e per la grazia che riluce in qualche sua favola; ma cessò di vivere acerbamente nel 1756 in età di ventisei anni. Egli amava i buoni drammatici della Francia, e dimorando in Venezia acquistò la conoscenza de’ nostri grandi poeti. Il suo Codro tragedia regolare e ben colorita prometteva in breve un gran tragico. Olindo e Sofronia non inferiore rimase non compiuta. Riusci similimente nel genere comico. Il suo Diffidente non iscarseggia nè di verità nè di piacevolezza. Vi si dipinge un sospettoso allevato in campagna, e menato ad un tratto a studiar legge senza l’accompagnamento di altre cognizioni sociali che sogliono ripulire la zotichezza scolaresca, e correggere lo spirito di sottigliezza, e di cautela facile a degenerare in diffidenza. Questa commedia si trova tradotta dall’abate Arnaud nel Giornale straniero di Parigi nel mese di aprile 1762.

Intorno al medesimo tempo fiorì il sig. Brawe mostrando i medesimi talenti teatrali, e morì parimente negli anni suoi più verdi. Scrisse varie tragedie regolari, benchè l’espressioni non sempre fossero naturali. Il suo Deista riscosse grandi applausi nella Germania e ne’ paesi esteri.

Tre autori tedeschi si distinsero più nel genere pastorale, Rost, Gessner e Gaërtner. Il primo nato nel 1711 in Lipsia scrisse diverse pastorali in un atto rappresentate per tramezzi nelle tragedie e nelle commedie. Ad onta degli applausi che ne riscosse, non si trovarono abbastanza esatte e decenti. Il delicato Salomone Gessner nato a Zurigo nel 1730, e morto prima del 1789, il quale in tante guise ritrasse felicemente la bella e semplice natura, volle pure mettere sulle scene le bellezze pastorali che egli leggiadramente seppe colorire. Degna di molte lodi fu la sua pastorale Evandro ed Alcimna tradotta ed imitata in Francia. Cristoforo Gaërtner professore di eloquenza nato in Freiberg compose parimente una pastorale molto applaudita la Fedeltà al cimento a. Noi ne commendiamo la bella scena di Filli e Mirtillo, in cui la ninfa gli propone di amare un’ altra ch’ella dipinge assai vezzosa, ed egli risponde naturalmente con quel motto pieno di fuoco replicato a tempo, ma non è Dori . Bello è pur l’altro di Dori stessa nella scena decima. Egli dice, Mirtillo infelice! chi ti consolerà? Io , risponde facendosi vedere la sua Dori.

Cristiano Felice Weiss nato nel 1726 ha mostrato nelle sue poesie di più di un genere or la delicatezza di Guido Reni e dell’Albano, ora il terribile di Michelangelo, or la piacevolezza di Teniers. Tali idee ci risvegliano le sue poesie liriche, le Canzoni di un’ Amazone, e le sue favole tragiche e comiche. Egli vedeva ugualmente gli errori tanto di chi contento della regolarità de’ Francesi non sentiva il gelo e la languidezza di una servile imitazione, quanto di chi trasportato dall’entusiasmo di Shakespear senza possederne l’ingegno, ne contraffaceva piuttosto le mostruosità che le bellezze, il patetico, il sublime. Volle dunque tentar di accoppiare al giudizio di Cornelio il colorito e la forza dell’Inglese. Con questo intento compose più tragedie, tralle quali si distinguono Edoardo III, Riccardo III, ed Atreo e Tieste. Singolarmente la prima si ha meritati gli applausi degli stranieri intelligenti per la saviezza del piano, per la felice distribuzione delle parti; per la graduazione dell’interesse, per la forza del nodo, per lo sviluppamento e per l’elevatezza delle idee, per la verità de’ caratteri, per la rapidità dello stile, pel calore del dialogoa. Quanta energia non ha la virtù in bocca di Edmond! Quanta verità non si scorge nel virtuoso carattere di Edoardo depresso dall’autorità materna! Qual contrasto di doveri, di rimorsi e di fiacchezza in Isabella! Il monologo di lei nella seconda scena dell’atto II n’ esprime con vivacità il fatale amore per Mortimero che la predomina, e la memoria del re suo sposo che languisce ne’ ferri, e del figlio ch’ella tiene lontano dal trono. Ma non piacemi che nell’atto III si ripetano le istanze di Mortimero per la perdita del re e di Edmond e di Lancastro, ed i rimorsi della regina senza grande varietà di concetti. Patetica però è la seconda scena dell’atto IV, in cui Lancastro dipinge ad Edmondo il padre che geme nella prigione. Le agitazioni d’Isabella nella terza scena dell’atto V, poichè l’esecrando delitto è compiuto, sono dipinte con forza. È da osservarsi ancora l’effetto che fa in lei l’immagine del corpo di Edoardo grondante di sangue. Interessa grandemente il di lei dialogo col figlio. Secondo me Weiss ha portata in Alemagna la tragedia reale al più alto punto.

Egli tentò parimente la riforma dell’opera comica spogliandola delle buffonerie irragionevoli con alcuni suoi componimenti scritti in prosa frammischiata con versi. Nella sua commedia i Poeti alla moda,, ben disegnata, bene scritta e ben tradotta dal Riviere in francese, Weiss si prefisse di correggere col ridicolo due partiti egualmente stravaganti. L’Alemagna era divisa in due opposte schiere di verseggiatori. L’una a forza di stentati esametri tedeschi, d’iperboli insane, di pensieri enigmatici, di tenebre e di gonfiezze si lusingava di pareggiar Milton e Klopstock; l’altra con versi rimati, radendo il suolo con freddi snervati e bassi concetti, pretendeva di avere acquistata la dolcezza, la grazia e la semplicità di Gessner. Weiss satireggiò i primi dipingendoli nel carattere del sig. Gergone, e ritrasse al vivo i secondi in quello del signor Rima-ricca. Il buon tuono, la piacevolezza, il sale comico campeggia nella sua favola.

Conta l’Alemagna tra’ suoi tragici il celebre ministro Federigo Amadeo Klopstock autore del poema la Messiade nato nel 1732 in Quedlinburgo. Egli compose quattro tragedie la Morte di Adamo, il Salomone, il Davide, la Battaglia di Arminio. La prima in tre atti ha una bellezza originale. L’autore filosofo retrocedendo sino a’ tempi primitivi ha conseguito di rilevare i sentimenti che doveano occupare il primo uomo nell’imminente termine del suo vivere. E con un fatto sì comune, come è la morte naturale di un uomo decrepito, è giunto a destare quel terrore tragico, che con impotente sforzo cercano di eccitare i moderni scrittori di favole romanzesche ed atroci. Uscì in Magdeburgo nel 1764 il Salomone divisa in cinque atti, in cui si rappresentano gli errori ed il pentimento di Salomone. Tra’ personaggi s’introducono in essa Moloch e Chamos falsi numi personificati; ma l’autore se ne giustifica, considerandoli come demonii che prendono forma umana. L’interesse nel Salomone scritto in versi alla foggia antica e non rimati, non è sì vivo come quello dell’Adamo; perchè, come egli stesso osserva, le bellezze proprie de’ caratteri e de’ costumi delle nazioni sono meno universali di quelle che si traggono dalla natura umana. Egli non pertanto con tal arte ne prepara gli eventi e ne maneggia le passioni che sa commuovere ancora col Salomone. L’arte stessa si scerne nel Davide, in cui si legge una robusta descrizione della peste. La Battaglia di Arminio scritta parte in prosa e parte in versi per cantarsi contiene la sconfitta di Varo ricevuta da Germani condotti da Arminio.

Ma se Weiss e Klopstock coltivarono con competente felicità la tragedia grande o reale in Alemagna, si è nella cittadinesca sommamente segnalato Amodeo Efraim Lessing imitatore degl’Inglesi nato nel 1730 in Kamenz. Le sue favole lugubri a noi note sono: Minna de Barnhelm, Filota, Natan, Emilia Gallotti, Miss Sara Sampson. Tutti i voti si sono riuniti a tener quest’ultima per la migliore delle sue tragedie urbane, essendo scritta con precisione, discernimento ed intelligenza nel colorire i caratteri e le passioni. Ne recheremo uno squarcio che darà qualche idea del patetico che vi si maneggia e dello stile. Io cominciava (dice Sara all’amato suo rapitore Mellefont) a gustarle dolcezze del riposo, quando tutto ad un tratto mi e sembrato di trovarmi in una ripida balza. Voi mi precedevate ed io vi seguiva con passi timidi ed in certi, e pareva che mi deste coraggio con qualche sguardo che di tempo in tempo rivolgendovi gittavate sopra di me. Incontinente ascolto una voce che dolcemente mi comanda di arrestarmi. Era la voce di mio padre… Misera me! non posso dimenticarlo! Ah se la mia rimembranza è a lui così amara e crudele, se anche me egli non può obbliare… Mano; egli a me più non pensa… almeno lo spero… lo spero? ah qual consolazione, qual terribil sollievo per Sara! Nell’istante ch’io mi volgo verso dove veniva la voce, il piè mi manca, vacillo, son presso a precipitare nel fondo dell’abisso, ma mi sento trattenere da uno che pareva che mi rassomigliasse. Io co’ più vivi ringraziamenti esprimeva la mia gratitudine, quando egli trattosi dal seno un pugnale che teneva nascosto, alza il braccio e l’immerge nel mio petto, dicendomi, io ti ho salvata per perderti. Questo sogno che adombra la sostanza dell’azione, è un espediente mille volte praticato; non pertanto dispone a quel piacevole dolore che commuove e tocca gli animi sensibili nelle tragedie. Forte, odioso, detestabile è il carattere dell’empia Marwood, e rassomiglia a quello di Milvoud del Barnwelt Inglese; ma perchè lasciarla impunita nel fine? Trovasi in generale nel drammi lugubri di Lessing invenzione, forza, patetico e giudizio ed economia nell’azione; e ne incresce che tutti sieno così lunghi e che si disviluppino sì lentamente. Ciò che dispiace ancora a coloro che amano l’urbanità al pari delle lettere, è che egli non meno del francese Belloy attribuisce i più infami tradimenti usciti unicamente dal suo, alle famiglie più cospicue italiane, come la Gonzaga, l’Appiana, l’Orsina, di che ebbe ragione di riprenderlo anche il sig. Bettinelli. L’abate Andres errò nel parlar di Lessing in diverse guise. In prima egli non istimò composizione di Lessing l’Emilia Gallotti che egli non senza ragione disprezza per le bassezze e le assurdità; ma io credo piuttosto all’alemanno Federigo II il grande, il quale diceva che egli avrebbe stimato più questo scrittore, se non avesse composta Emilia Gallotti. Di poi egli senza esitare sostiene che Lessing sorpassò tutti i tragici nazionali . Egli avrebbe dovuto riflettere alla gran distanza che distingue una tragedia reale dalla cittadina maneggiata dal Lessing; ed alla malagevolezza di riuscire in un piano vasto che chiami l’attenzione de’ popoli interi più che delle famiglie private; ed in fine all’arduità di mostrarsi eloquente in versi e nel genere drammatico senza alterarne la natura. Attenderà dunque il sig. Andres che un autore di tragedie urbane, ancorchè buone, riesca del pari nella grand’arte de Sofocli e de’ Cornelii, per anteporlo in Alemagna al Klopstock ed al Weiss.

Lessing compose altresì commedie spiritose e delicate per la dipintura de’ costumi. Le più pregiate sono; lo Spirito-forte in cinque atti, gli Ebrei, il Tesoro in un atto solo. Nella prima ha ben colorita la malvagità del dissoluti ridotta a sistema, vizio di moda degno di essere schernito e corretto. Combatte nella seconda il pregiudizio volgare di supporre incapace di virtù morali chi ha la disgrazia di esser privo del vero lume rivelato, ed all’opposto incapace di vizii chiunque nasce ne’ paesi che ne sono rischiarati. Il Tesoro più della precedente sembra propria della scena, meno della prima prolissa, ed in generale più comica ed interessante. Si ammira singolarmente in essa il tratto di generosità di Filto che vuol perdere per qualche tempo piuttosto la stima in apparenza che mancare di fedeltà all’amico. L’idea poi della scena di Raps e Anselmo è quasi degna del pennello di Moliere.

Giovanni Guglielmo di Gerstenberg nato nel 1737 a Tundern, imitatore della maniera di Ossian nelle sue Poesie di uno Scaldo, ha dato al teatro tedesco l’Ugolino tragedia terribile sul gusto inglese. Giovanni Brandes ha prodotta l’Ottavia tragicommedia in prosa in cinque atti, e la Locanda commedia rattoppata di ritagli della Scozzese e del Beverley. Due tragedie in prosa sul gusto inglese si coronarono verso il 1780 in Amburgo, cioè i Gemelli di Klinker , ed il Giulio di Taranto di Leusewitz, nell’ultima delle quali si notano alcune bassezze ed assurdità. Il colonnello Ayrenhoff uno de’ letterato dell’Austria compose più tragedie e commedie, e tralle prime viene sommamente celebrata dall’abate Bertòla la Cleopatra, la quale però si pretende che non abbia secondato il disegno dell’autore di produrre una tragedia tedesca da paragonarsi con alcuna di Racine, cosa che sembrava tanto difficile al Wieland autore del Mercurio tedesco. Ma il Postzug, cioè il Tiro a quattro commedia del medesimo Ayrenhoff oltremodo felice nella rappresentazione, in cui si dipingono al naturale i costumi e le ridicolezze della nazione, in cui si dipingono al naturale i costumi e le ridicolezze della nazione, fe dire al re di Prussia Federigo II che i Tedeschi sono più felici nella commedia che nella tragedia. Egli stesso questo coronato capitano, filosofo e poeta volle calzare una volta il comico borzacchino colla sua Ecole du monde commedia scritta in prosa francese in tre atti pubblicata tralle di lui opere postume sotto il nome di m. Satirico, e fatta , com’egli disse per recitarsi incognito. L’oggetto morale è di mostrare l’importanza dell’educazione della gioventù; e la satira vi lancia i suoi strali su di coloro che per falsi principii la corrompono. Vi motteggia contro di un falso analista e metafisico che tiene stipendiato un professore che scrive per lui, ed attribuisce gli errori politici dello stato all’ignoranza dell’algebra. Di più vi si si dipinge un di lui figliuolo che dall’università degli studii ha riportato ignoranza, libertinaggio e rozzezza, e che domandato dal padre, come vanno le monadi? risponde pieno d’imbarazzo, esse sono, come sempre furono, molto stimate . Ma l’azione, benchè condotta con regolarità, manca d’interesse, di vivacità, di forza comica e di delicatezza. Il barone di Gemmingen ha composto il Padre di famiglia Tedesco, che si trova nella collezione de’ drammi tedeschi tradotti in francese fatta dal Friedel. L’autore si prefisse la più bella azione che possa onorare un buon padre di famiglia per farlo trionfare utilmente sulla scena; cioè l’obbligare, ad onta della propria nobiltà, il figliuolo a mantener la fede ad una fanciulla di condizione inferiore ch’egli avea renduta feconda. Giovanni Goete nato nel 1749 in Francfort sul Meno, oltre ad alcune favole comiche in prosa sparse di versi per cantarsi, ha composto una tragedia patriotica, che chiamò spettacolo intitolata Göz di Berlichingen, notabile per la lunghezza, equivalendo almeno a quattro tragedie regolari, pel numero degli attori che passano i trenta, e per le assurdità non inferiori a quelle di Shakespear. Non pertanto si accolse in Berlino con trasporto di piacere, e con quegli applausi che nelle società che conservano qualche idea di libertà spirante, tributerà sempre il patriotismo a chi ne fomenta l’amore.

Per ciò che riguarda la musica tedesca, manifesti ne sono i progressi fatti dopo che si sparsero per quelle contrade i capi d’opera della musica italiana. Chi può ignorare la celebrità de’ famosi maestri di musica nazionale vocale, il rinomato Hendel, il chiaro Hass detto il Sassone alunno insigne de’ conservatorii di Napoli; il patetico ed armonico Back, l’impareggiabile Gluck onorato alcuni anni sono di una statua in Parigia. Quanto a’ poeti melodrammatici tedeschi, malgrado dell’esempio del gran poeta Cesareo italiano, essi hanno coltivata l’opera mitologica rifutata dall’Italia. Federigo Augusto Werthy di Wietemberg nato nel 1748 ha composte due opere musicali mitologiche, Orfeo, e Deucalione, Cristoforo Martano Wieland nato nel 1733 in Biberach, il quale prodotto avea prima la tragedia Giovanna Grais, compose la Rosamunda, la Scelta di Ercole, l’Aurora, l’Alceste drammi musicali alla francese. Brandes ed Engel ne scrissero ancora, e l’Arianna è un monodramma tedesco in cui lavorarono entrambi sulle trace del Pigmalione. Monodramma è parimente la Medea del Gotter. Essi però chiamarono monodrammi tali componimenti scritti in prosa, benchè in essi non sia un solo il personaggio che v’interviene. E piacesse al cielo che fosse questa la sola ragione che sino a questi di tiene tanto lontani codesti freddi monodrammisti dal Pigmalione che pretendono imitare privi come sono d’ingegno! Ma l’augusta Marianna Walburga di Baviera che era elettrice di Sassonia discordando da’ nazionali coltivò il melodramma istorico di Zeno e Metastasio, ed ella stessa l’animò colla musica; valendosi anche dell’idioma italiano più del tedesco pieghevole alla melodia tanto nella Talestri opera eroica, quanto nel Trionfo della fedeltà pastorale.

Può anche contarsi per certo pregio dell’Alemagna l’aver contribuito al risorgimento dell’arte pantomimica con intere favole. Hilverding nativo di Vienna pose in iscena varii balli di azioni compiute, ed ebbe in ciò un abile seguace nell’italiano Angiolini.

Un paese sì vasto popolato e diviso in varii potentati, e dedito nel secolo XVIII a coltivar con tanto ardore la poesia teatrale, dee fuor di dubbio aver teatri materiali per numero, e per magnificenza convenienti al lustro di ciascuna città di primo ordine. Sappiamo che tutti sono costruiti alla foggia moderna a più ordini di palchetti, e con platea di forma per lo più ovale. Il teatro della corte di Vienna che sin dal secolo XVII fu addetto all’opera italiana, dal 1752 cominciò ad ammettere anche la commedia francese. È un edificio nobile e capace per le decorazioni, e per gli balli. Il ridotto del giuoco fatto nel recinto di tale edifizio comunica col teatro. Le rappresentazioni tedesche si eseguiscono in Vienna in un teatro diverso, ed anche più grande di quello della corte.

I teatri dell’opera e della commedia nazionale di Praga superano in grandezza quelli di Vienna, e tutti poi cedono al teatro di Dresda. Meritano di mentovarsi anco i teatri di Monaco e di Amburgo. La sala ossia il teatro dell’opera di Berlino si costruì sotto il gran Federigo II, e si reputa il più bello di tutto il settentrione, ed è il solo che può gareggiare in qualche modo con quelli di Torino e di Napoli. Il re quasi appena asceso al trono tra i travagli e le spese della guerra volle dedicare questo monumento al gusto della musica e delle arti, e vi chiamò con molta spesa gli attori musici dall’Italia, e la compagnia de’ balli da Parigi. La prima opera che vi si rappresentò nel I di dicembre del 1742, fu Cleopatra colla musica di Graun. Una delle opere assai applaudite in Berlino fu l’Ifigenia di cui fa menzione l’Algarotti. In Potsdam eravi un altro teatro, in cui Federigo ascoltava l’opera buffa italiana.