(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 793-794
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(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 793-794

D’ Orso (o D’ orsi, o Dorsi) Angela. « Comica rinomata che fioriva intorno al 1650, ed esercitavasi con grido sopra i Teatri d’Italia. Ebbe l’onore d’essere all’attual servizio delle serenissime altezze di Alessandro ed Orazio Farnesi Principi di Parma, ai quali dedicò una commedia d’origine spagnuola da lei tradotta in italiano, che porta per titolo : Di bene in meglio stampata in Venezia per Matteo Leni l’anno 1656 in forma di ottavo. Pubblicò in Ferrara l’anno 1666 un’altra commedia spagnuola di D. Pietro Calderone, tradotta nell’idioma d’Italia, intitolata : Con chi vengo, vengo, e fu impressa per Alfonso e Gio. Battista Maresti in forma di ottavo, e dedicolla all’illma. signora Donna Lucrezia Pia Bentivogli. Andò poi a Roma a recitare (che allora non era colà interdetto alle donne il prodursi sul teatro), ed ivi diede alla luce una commedia in prosa intitolata : Il Ruffiano in Venezia, e Medico in Napoli, stampata per Bartolommeo Lupardi l’anno 1672 in forma di dodici. Questa commedia che è tradotta anch’essa dallo spagnuolo, aveala prima però stampata in Ferrara sotto il titolo di Paolo Gemma l’anno 1669. Non abbiam rinvenuta, nè trovasi per quanto si sappia, alcuna cosa poetica della sua Penna. L’Armida Impazzita per amor di Rinaldo opera Eroica scritta in versi, non è produzione di questa Comica, come vuol supporre l’autore della drammaturgia. Di essa non v’è che la dedica fatta all’altezza di Francesco II Duca di Modena in data de’17 febbraio 1677. Angela D’Orso sostenendo con molta bravura la parte d’un Capitano Generale in una commedia da lei rappresentata in Verona, mosse il Marchese Giovanni Malaspina Accademico Filarmonico a lodarla con un Sonetto, che qui trascriveremo tolto dalle sue Rime impresse in Verona per i Merli l’anno 1653.

Ad Angela Comica finta Capitano Generale
L’Angel che in Ciel cinse guerrieri allori
vinto lo stuol rubel, sembri ai sembianti,
e con armi novelle e novi manti
par che minacci, e pur l’alme innamori.
Ma mentre scopri in te vani i furori,
ed i colpi commetti all’aure erranti,
ecco cadere a’tuoi begli occhi innanti
senza sangue versar trafitti i cori.
Ond’ognor minacciando al popol folto,
ch’è già fatto tua preda, e foco, e strali,
a’più sovrani Duci il pregio hai tolto.
Si, mentre tu con finte pugne assali,
dài vere morti altrui, che nel tuo volto
son le vittorie alle bellezze uguali.

Così Francesco Bartoli.

Il Vescovo di Parma scriveva al Marchese Rossetti a Ferrara il 9 aprile 1664, inviandogli la nota dei comici che desiderava unire Fabrizio, il primo innamorato (V.), de’quali prima donna era l’Angiola, e serva la figliuola, moglie di Costantini, nota col nome di Auretta.

Il 13 aprile 1672 l’Angela scriveva da Parma al Marchese Ippolito Bentivoglio a Ferrara la lettera seguente comunicatami gentilmente dal cav. Azzolini :

Ill.mo et Ecc.mo Sig. mio e Pron. Cols.mo

A mio ariuo in Parma fu da me il Sig. Marchese di Vigolino, à quale rapresentai li interessi della Compagnia e uiaggio conforme l’appuntato con V. E. dovendo andare a cominciare a Padoua, e la necessita che hauessimo d’un moroso per esser Mario innhabile, il sud.º Sig.re approuo il tutto e disse che poteua partire la Compagnia p. Padoua sub.º fatto Pasqua. Hora intendo che il Cap.º Fialla e Dottore Paghetti che sono a’giorni passati stati a Parma habbino ottenuto da S. A. Ser.ma di andare con la loro Compagnia a Padova, di tratenere Trivellino, lasciando a noi Bertolino con la gionta della Moglie e Vicenza invece di Padoua, con più di douere fatto feste andare a fare quattordici o quindecci Comedie a Bologna p. l’obligo che ha con quei Cauag.ri e Dame i Comicci di S. A., di tutto questo uengo accertata che V. E. ne sia auisata e se cio è la uerita, altro non posso significarle se non che Vicenza non fa per noi in modo alcuno per esser non solo stata sbatuta l’anno scorso, et per non esser hora la sua staggione, mi dò a credere che tutti li compagni insisteranno di non dare la parte alla Moglie di Bertolino, mentre non reciterà, e se ne starà a casa p. la sua insuficienza, non so che cosa andare a fare a Bologna con duoi Morosi che non li uogliono ne sentire ne uedere, e fuori di tempo ruuinando l’Autuno, quando la Compagnia ui debba andare. Sono per tanto rissoluta di più tosto starmene a Casa p. quest’ Estate che andar fuori ad impegnare quel pocco che ho, a suo tempo seruirò V. E., et essendoui l’Autuno sarò prontiss.ma la prego à mandarmi le mie robbe mentre lei non hauesse qualche Città p. poter uiuere. So che lei mi compatirà perche le miserie dell’anno passato m’hanno a bastanza adotrinata, et io che sono pouera Vedoua, agrauata da tanti figli e famiglia, ho di bisogno di solieuo e non d’agrauio, e stimo più utile il stare a Casa che l’andar fuori senza speranza di guadagno, le mie raggioni sono tante euidenti, che so ueranno approuate da V. E. quale m’honorerà di sub.ª risposta p. il pnte Pedone, con qualche da me desiderato comando, e qui resto.

Di V. Ecc.ª

Parma li 13 Aprile 1672

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S.r March.e Hippolito Bentiuog.º

Ferrara.

Giunta in età avanzata, supplicò invano Ranuccio Farnese, suo padrone, di lasciarle godere il riposo ; poichè sollecitato egli dal nipote di Modena, per mandarla nella Compagnia di lui, vi acconsentì, in via eccezionale ; ma dopo quella stagione, che fu il carnevale del 1676, Angiola D’Orso non salì più in palco. (Archivio di Modena. Dramm.).