Piissimi Vittoria, « celebre comica ferrarese, fioriva del 1579, nel qual anno fu ad essa dedicata da Bernardino Lombardi la Fillide, favola pastorale dell’ acceso accademico Rinovato. » Così il Quadrio. E il Garzoni, dopo di aver parlato dell’Andreini, dell’ Armani, e della Lidia :
Ma soprattutto parmi degna d’ eccelsi honori quella divina Vittoria, che fa metamorfosi di sè stessa in scena, quella bella maga d’ amore, che alletta i cori di mille amanti con le sue parole, quella dolce sirena, ch' ammalia con soavi incanti l’ alme de' suoi divoti spettatori : e senza dubbio merita di esser posta come un compendio dell’ arte, havendo i gesti proporzionati, i moti armonici e concordi, gli atti maestrevoli e grati, le parole affabili e dolci, i sospiri ladri e accorti, i risi saporiti e soavi, il portamento altiero e generoso, e in tutta la persona un perfetto decoro, qual spetta e s’ appartiene a una perfetta comediante.
E Giuseppe Pavoni nel suo diario delle feste per le nozze di Ferdinando Medici con Cristina di Lorena :
Sabbato, che fu alli sei (di maggio del 1589), ritrovandosi in Fiorenza li Comici gelosi con quelle due famosissime donne la Vittoria e l’Isabella, parve al Gran Duca che per trattenimento fosse buono far, che recitassero una Comedia a gusto loro. Così vennero quasi, che a contesa le dette donne fra di loro, perchè la Vittoria voleva si recitasse la Cingana, et l’ altra voleva si facesse la sua Pazzia, titolata la Pazzia d’ Isabella, sendo che la favorita della Vittoria è la Cingana, et la Pazzia, la favorita d’Isabella. Però s’ accordarono in questo, che la prima a recitarsi fusse la Cingana, et che un’altra volta si recitasse la Pazzia. Et cosi recitarono detta Cingana con gli Intermedij istessi, che furono fatti alla Comedia grande : ma chi non ha sentito la Vittoria contrafar la Cingana, non ha visto, nè sentito cosa rara, et maravigliosa, che certo di questa comedia sono restati tutti soddisfattissimi.
L'itinerario della Piissimi troviam quasi interamente tracciato al nome di Pasquati e di Pellesini. Quando i Gelosi eran l’ inverno 1575 a Firenze, Ercole Cortile scriveva al Duca di Ferrara in data del 3 di dicembre :
…… La sera fu trattenuto (il Card.le di Gambara) dalla signora Duchessa a una Comedia di Zani della Compagnia della Vittoria la quale si ritrova qui molti giorni sono, dove era anche il detto Card.le de Medici, il Roncio et Io suso un palco fatto a posta per S. A. sopra una salla grande di Palazzo dove fanno ordinariamente le comedie in pubblico.
Aggiungiamo qui alcuni particolari che traggo da lettere inedite dell’ archivio di Modena, non accennati a' nomi degli attori suddetti.
Il 27 di agosto del 1580 il Principe di Mantova scriveva da Gonzaga al Cardinal d’ Este, raccomandandogli la Vittoria, la quale desiderava recitar le sue comedie a Padova.
E al Cardinal d’Este, scriveva da Ferrara il prevosto Trotti, il 25 di ottobre dello stesso anno :
…… Tutti stanno benissimo et heri sera che fu giobbia in camera della S.ra Duchessa Ser.ma havimo una Comedia della Compagnia della Vittoria con gran gusto di quelle S.re
E ora, ecco integralmente le lettere della Vittoria, di cui è cenno al nome di Pellesini :
Hò ueduto quanto Vostra Altezza Ser.ma ha fato scriuer a petrollino et ben che come sua humil serua mi douessi aquetare à quanto conosco esser di sua sodisfacione non dimeno astreta da quella pietà che ogniuno hà di sè stesso uedendomi una tanta ruina cosi uicina et credendo pur che Vostra Altezza perseueri perche non conosca tanto mio▶ danno et dissonore però di nouo la suplico per le Vissere di Gesu Christo a non esser causa de la ruina mia et creda che se cosi non fosse uorei prima perdere la uita che restar di obedirla la mi faccia gratia di farsi dar informacione da chi ha cognicion di questo fato senza che io sapia da chi et non siano persone interessate che la conosserà ch'io dico il uero et da quelli la intenderà quello che per non infastidir taccio chiedendoli perdono de la molestia et mia sforzata importunità, con che gli resto humilissima serua suplicandola di nouo concedermi con pedrolino la Vita del ◀mio▶ honore et del Corpo che nel restar di pedrollino consiste però gratia Ser.mo ◀mio▶ Signor gratia per l’amor de Dio che quale la chiesto con le ginochia a tera et con le lacrime del Cuore nostro Signor la Conserui et a me dia gratia di poterla seruire di Venetia a di 4. genaro 1581.
Di fuori : Al Ser.mo Sig.r Duca di Ferrara ◀mio▶ sig.re colendissimo.
Da molti mi uiene referto, che petrollino et io habbiamo persa la gratia di Vostra Altezza Ser.ma per non hauerla potuto seruire questo Carneuale, et perche la riuerenza con la quale l’osseruo da tanti ani in quà supera ognaltra uedendomi così à uiua forza hauer mancato a chi tanto son tenuta, et hò desiderato sempre seruire, uiuo la piu scontenta donna che mai nassesse, et però à suoi piedi ricorro suplicandola ritornarmi nella sua gratia, et l’istesso dico di petrollino, poi che per mia causa è incorso in errore, il quale per l’affano che sente si può dir che facia la penitenza de l’errore, et accresse la mia col suo cordoglio : ma perche una sintilla de quella benignità, con la quale la mi ha sempre fauorita può render noi felicissimi io di nouo caldamente la suplico et humilissimamente me et questo suo deuoto benche basso seruo raccomando, oferendo me et la mia Compagnia suplire al mancamento et pregar Dio per la sua conseruatione, che nostro Signore la feliciti. di Venetia a di. 5. Marzo 1581.
Di fuori : Al Ser.mo S.r Duca di Ferrara ◀mio▶ sig.re colend.mo
Del 1590 abbiamo questa lettera da Roma comunicatami da Angelo Solerti, autore con Domenico Lanza del Teatro Ferrarese nella seconda metà del secolo xvi :
Per l’instanza che me vien fatta per parte di Vittoria Piissima comica, la quale dice già aver avuto una sentenza a favor suo sopra un suo credito di denari prestati, ho voluto pregar V. A. che sia servita d’ordinare i consiglieri di cotesta Città li quali sono giudici di questa causa che venghino all’esecuzione della sentenza, acciò che sia satisfatta, e non sia più straziata dalla parte avversa. La domanda mi par tanto giusta, maggiormente essendovi istrumento in forma camerale, che mi stringe a supplicare V. A. con la presente con molta caldezza. E con questo fine nella sua buona grazia mi raccomando e le bacio la mano.
(R. Arch. di Stato in Firenze ; Carteggio Cardinali ; f.ª 3775). – Una compagnia della Vittoria torna in campo solo nel 1593 (D'Ancona, p. 330).
Grandissima artista dovett’essere in vero questa Vittoria, se si disputò il primato con la famosa Andreini. Nè soltanto si mostrò valorosa nelle parti serie, ma anche in quelle di serva, ch'ella sostenne sotto il nome di Fioretta, e nella danza, esercitate con rara maestria, a testimonianza del conte Gio. Batista Mamiano, che le dedicò, ancor giovine, i due seguenti madrigali, pubblicati poi tra le sue rime a Venezia il 1620.
Per la Signora Vittoria Comica
Con soavi catenedi grazie e di bellezza,di crudele pietà, di molle asprezza,l’alma m’avvince, ed incatena il corequesta maga d’amore,de' Socchi, de' Coturni e delle SceneVivo splendore e gloria,Vincitrice dei cor dolce Vittoria.Nè già mi dolgo e pentodi servitù sì cara e sì gradita,dove stimo piacer perder la vita.Ma sol temo e pavento,che si nasconda poisotto il ricco tesor di tal beltatefinto amor, finto cor, finta pietate.
Per l’istessa, nelle Scene detta Fioretta
Col nome di Fiorettalusingando m’allettaquesto tiranno amore ;ma quando ardito il cores’accosta al vago viso,incautamente, ohimè, rimane ucciso.Così mano bramosadi vermigliuzza rosa,se troppo s’avvicinala punge acuta spina,e prova in un momentocon dilettoso mal gioja e tormento.O spietata pietate,o cara feritate,dal vostro dolce amarocon ◀mio diletto imparocome amante gioiscequando in mezzo ai martir manca e languisce.che poi dirò se in scenaamorosa sirenaco' lusinghieri dettil’alme trafiggi e i petti,e lascivetta ancellaavanzi tutte l’altre in esser bella ?Se danzatrice alteracon leggiadra manierain varïati giriil piede muovi e giri,ed ora radi il suolo,e t’ergi poi con cento salti a volo ?Ardita musa, taci,frena i pensieri audaci :chi si distilla in piantiragion non è che canti :e'l suon d’umana liralodar beltà celeste indarno aspiraAccolse questi accentila fama, e per sua gloriaintorno fece risuonar Vittoria.