Cecchini Orsola. Moglie del precedente. Francesco Bartoli dice al nome di Flamminia (op. cit., tom. I, pag. 227) : « Nome teatrale d’un’Attrice, che faceva da prima donna nella Compagnia de’Comici Accesi diretta da Pier Maria Cecchini intorno al 1609. Il suo vero nome era quello di Orsola, ma del suo cognome non ci è pervenuta alcuna notizia. » E in una noterella che è alla fine dell’opera, aggiunge : « Alla pagina 227, quella Flaminia, deve essere conosciuta per Orsola Cecchini, moglie di Pier Maria Cecchini, come abbiamo veduto chiaramente da un libro manoscritto favoritoci dal sig. Atanasio Zanoni, il quale è intitolato : Discorsi da commedia di me Benedetto Maffei detto il Furioso, allievo della signora Flaminia Comica detta Orsola Cecchini. » A corredo poi dell’articolo, pubblica tre sonetti, uno di Gio. Bernardino Sessa, che sta in fine delle rime di Scipione de’Signori della Cella, da lui pubblicate in Milano, e due di Girolamo Graziani, il noto autore del poema Il conquisto di Granata.
Quanto al casato della Cecchini, il crederla il Quadrio moglie di Flaminio Scala, e il sapere che Frittellino fu allievo valentissimo di lui, han fatto nascere il dubbio ad Antonio Valeri (Carletta) che Flaminia sia, invece, una figlia del maestro, maritata allo scolaro, e che debba perciò chiamarsi Orsola Scala (Un palcoscenico del Seicento. Roma, 1893).
Le notizie che abbiamo di lei sono così intimamente legate a quelle del marito e degli Andreini, e di tutti i componenti le compagnie in cui ella militò, che al nome di questi rimando il lettore. (V. l’Indice generale dei nomi).
Qui metto solamente una lettera di lei al Ser.mo mio▶ S.r et padron Col.mo il S.r Prencipe di Modona tratta da quell’Archivio di Stato, e concernente la prigionia del fratello Nicola, di cui s’è già parlato al nome di Pier Maria, e pel quale il Martinelli, anche nel 1620, invocava dal Duca di Mantova aiuto e protezione, pregandolo di mandar subito Nicola a Mantova et farlo retenire sin all’arrivo de’comici in Torino, perchè egli aveva minacciato di ammazzare Aurelio e queli, come s’è già detto, che aveva fatto dispiacere a Frittellino.
Quando ch’ io intesi che la protecione dell’ inocenza di ◀mio▶ frattello era stata presa dall’A. V. S. cominciai a credere che subito dovesse uscir di priggione, et piu me ne assicurai allora che mi fu detto l’jstanza che di esso haueua fatta al S.r Podestà, tutte cose che me lo faceuano aspettar jersera a Cena, onde non essendo seguita, dinuouo mi conuien tornare ai primi affani ; ma perchè sò che non ui è forzza maggiore di quella dell’A. V. S. mi gioua anche il credere che lei sia per superare ogni mal officio che fosse fatto contro la sua liberacione si che, e per la promessa fatta, et per la speranza ch’ io hò nella sua bontà ; ma più per l’Amor di Dio V. A. S. facia ch’ io l’habbia questa sira a Casa che oltre jl pregar nostro Signore per la sua salute sforzarò insieme il ◀mio▶ seruicio per acrescer il gusto dell’A. V. S. alla quale faccio humillissima riuerenza.
Di Casa alli 16 feb.º 1612.
Di V. A. S.
Humilissima serua la sconsolata
Flam.ª Cecchini.
Nella Biblioteca Braidense di Milano è un libricciuolo edito in Milano il 1608 da Gio. Battista Alzato, per le stampe di Bernardino Santoni, dal titolo : Raccolta | di varie rime | in lode | della Sig. Orsola | Cecchini | nella Compagnia degli Accesi detta | Flaminia. | Al molto illustre Sig. Alessandro Brivio. Il libretto consta di 72 pagine ; e contiene, oltre a una lettera dedicatoria dell’Alzato al Brivio, e ad un sonetto allo stesso del signor Antonio Biagnaggoni, 109 poesie (madrigali, canzoni, sonetti) tutte — dice l’Alzato — compositioni di honorati Cavalieri, & d’altri virtuosi spiriti concorsi alla lode di meritevole soggetto, quale è appunto la Sig. Orsola ; della quale è pure il seguente madrigale alla città di Torino.
O’ del Toro divin Reggia feliceo’ di gratie, et d’amori,et di palme, et d’allori sotto inuitto Signor, superba attrice,ecco che ’l Ciel t’honora,e à la tua chioma ogni fauor destina :ecco la terra ancoraa’ le tue palme, e’ a’ tuoi trofei s’inchina,et per l’onda vicinati porge il Re de l’acque arene d’oro ;ond’io humil t’osservo, e humil t’honoro,povera d’altro don, ricca d’amore,t’ offro diuoto, e tributario il core.
A questo risposero l’Incenerito e altro.
Riesce il nostro libretto di grande interesse per le notizie dei comici italiani, racchiudendo esso non pochi particolari dell’arte di Flaminia e delle parti ch’ Ella rappresentava. Anche per quel che concerne il fisico apprendiamo esser Lei stata bionda e bellissima.
— Orsa bella, e gentile (1)— S’ hai ben d’Orsola il nome pur ne’ begli occhi, e nell’ aurate chiome (7)— Quest’ aurea fiamma oltre le belle bella (18)— Luce vostra beltà fra le fattezze (22)— Onde l’avorio tolse ?Da qual conca le Perle ? onde i Rubini ?In quai vaghi giardinile pallidette Rose,che per formarti il volto, Amor compose ?Ond’ hebbe l’ or, che ti fa biondi i crini ?Di qual Sol gli occhi ? et di qual armoniafe’ le parole ? & di quai lampi il riso ?Et tu cosi formata onde scendeste ?Chi sei dimmi ? ch’in te mi par, che sia, beltà, c’ha del Celeste :Ahi che l’Orsa tu sei del Paradiso,che non può far Natura un si bel viso (34).— Qual’ hor Flamminia il uostro volto i’ miroOue Natura tante gratie aduna,Veggio, che sotto il Ciel non vive alcunaDonna di voi più bella, ond’ io sospiro (42).— Non pinse Zeusi mai, nè pinse Apelle,nè quanti unqua fiorir Pittori industri,nè pingerà giammai co ’l gir de i lustridotta man forme si leggiadre et belle.Non son gli occhi di lei due chiare Stelle,anzi del maggior lume al pari illustri ?Non son le guancie molli ostri, e ligustri,il collo d’alabastro & le mammelle ?Non son l’altre sue parti…. auorio schietto ?Et le labbra coralli ? & perle i denti ?Fù tal ne’gesti Hippolita, & Cammilla.Ma che dirò di quelle voglie ardentid’alta virtù, che si le infiamma il petto,che quasi Mongibello arde, e sfauilla ? (45).
Rappresentando Delfa in tragedia, ispirò un sonetto al Sofferente Incognito (12) e uno all’Astratto (16) ; un madrigale al Riparato (51) e uno all’Affilato (85).
Per la Pazzia di Flaminia, scrisser versi l’Olimpico (11), il Sofferente Incognito (14), e l’Afferrante (60) ; un madrigale dettò Incerto Autore, quando ella rappresentò Angelica nella Pazzia d’Orlando (57) ; altro ne dettò il Zifferante, quando ella era in abito d’Iride (94) ; ne abbiamo del Crivellato sopra un bacio colto da lei in scena, per lo quale s’arrossì (65), dell’Acuto, sopra l’archibugiata sparata da lei (48) ; un sonetto scrisse il Sofferente Incognito, al’hora che risero alcuni al veder che molti veramente piangessero (13), e altro ne scrisse il Galleggiante, mentre ella recitava in habito virile (54).
L’Orsola Cecchini, come quasi tutti i principali comici del suo tempo, recitava, suonava, e cantava, non dandosi più specialmente a un genere, ma tutti abbracciando, e in tutti facendosi applaudire. Noi chiuderemo l’esame del libretto pubblicando alcuna delle poesie che dìano un’idea del valore artistico di lei, che, rispetto all’arte, ci par degna compagna delle più forti attrici del tempo antico.
DELL’ERRANTE (7)
S’ hai ben d’Orsola il nomepur ne’ begli occhi, & nel’aurate chiomeun vivo Sol risplende,che l’ alme ogn’ hor’ accende :Tu de’Socchi, & coturni eterno vantoSei, nova Cinosura,che di mill’altre il degno nome fura,et nel tuo chiaro voltostassi fra le bellezze Amor sepolto.
DEL PUNGENTE (26)
Se di geloso sdegno voi fingeteIra, sdegno mostrando,ogni pietade in bandomandate, e al’ hor crud’ Orsa irata sete,Ma se ridete poi,Serena Orsa del ciel sete frà noi.
DELL’AFFINATO (27)
Questa, che sue virtuti inalza tanto,ch’altra frà Scene ancor non l’assimiglia,È questa, ch’ ogni huom move à meraviglia,Flamminia de’ Theatri honore, et vanto.S’ avvien, che pianger finga, ahi mira quantoseco pianga il Theatro ; & se le cigliatranquilla, come al’ hor si riconsigliadi rider seco, et porre in bando il pianto.Mira come tal’ hor ne’ gesti suoigonfiar si vegga il mar, turbare il Cielo,come nascano i tuoni, & le procelle.Indi al mutar di due serene Stelle,come discacci Giove il fosco velo,et acqueti Nettun gli sdegni suoi.
DEL CRIVELLATO (66)
Fiamma gentil che dolcemente incendiL’alme, che non san far da te riparo,Ahimè, che troppo rigida t’estendiMentre sfavilli nel bel lume chiaroInvisibil ne’ petti nostri scendi,Nudrita da pensier soave, & caro,Io per te sola incenerirmi sentoArdendo, & son del’arder ◀mio contento.
DELLO STUPIDO (98)
Mentre pompe funeste
di tragico accidente isnodi altrui,
co’ dotti accenti tui :
sott’armi favolose
son veri duoi, & vere piaghe ascose :
poichè tue luci infeste
ravivando i già spenti
ancidono i viventi,
et fan de’ spettatori
tragedia vera di mentiti honori.