(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 1009-1013
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(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [G]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 1009-1013

Gherardi Evaristo. Figlio del precedente, nato a Prato in Toscana agli 11 di novembre 1663, secondo la bibliografia pratese, esordì alla Comedia italiana di Parigi, dopo di aver compiuto gli studi di filosofia, il 1° ottobre 1689 colla parte di Arlecchino nella commedia Il divorzio di Regnard, rappresentata la prima volta all’Hôtel de Bourgogne il 17 marzo 1688 con Domenico Biancolelli. Su tal proposito il Gherardi, in una nota alla fine di essa, che è nel Tomo II del suo Teatro italiano, lasciò scritto :

Questa commedia non ebbe alcun successo tra le mani del fu signor Domenico. Era stata radiata dal repertorio, e le parti ne furono bruciate. Io (che non avevo mai salito un palcoscenico, e uscivo dal collegio della Marca, ove avea compiuto il mio corso di filosofia sotto il dottor signor Balli), la scelsi per mio primo esperimento (1 ottobre 1689), quando apparvi al pubblico d’ ordine del Re e di Monsignore, e tale e tanto ne fu il successo, che procurò ai comici moltissimo guadagno.

S’io mi fossi uomo da inorgoglirmi del talento che mi fornì natura pel teatro, sia a viso scoperto, sia colla maschera, ne’ principali ruoli e serj e comici, in cui mi s’ è visto rifulgere tra gli applausi, agli occhi de’ più gentili e intelligenti, avrei bene di che soddisfare al mio amor proprio. Io direi che ho più fatto io, al cominciar della mia carriera, e ne’ miei teneri anni, che non attori illustri dopo venti anni di esercizio e nella pienezza de’lor mezzi. Ma io protesto che lungi dall’esser mai montato in superbia per si rare qualità, io le ho sempre considerate effetti della mia buona stella, piuttostochè del mio merito ; e se alcuna cosa ha potuto lusingar l’animo mio in tali congiunture, ciò non fu che il piacere di sentirmi applaudito dopo l’inimitabile signor Domenico, il quale ha portato si alta l’eccellenza della goffaggine nel carattere di arlecchino, che chiunque l’abbia visto recitare, troverà sempre alcun che da osservare ne’ più famosi arlecchini del suo tempo.

La notizia che di lui dà Fr. Bartoli è pressochè tutta erronea. Il Gherardi recitò alla Comedia italiana fino alla sua soppressione che fu nel 1697. E poco prima del ’700, caduto in una rappresentazione ch’egli diede con Thorillière e Poisson a Saint-Maur, n’ebbe tal colpo alla testa, che, tornando da Versailles, ove s’era recato a offrire il suo Teatro italiano a Monsignore, morì improvvisamente il 31 agosto del ’700, mentre teneva fra le ginocchia il figliuolo che avea avuto da Elisabetta Danneret, la cantatrice della Comedia italiana, nota col nome di Babet la chanteuse. Abitava allora ai Petits-Carreaux in via Montorgueil. La Danneret fece apporre i suggelli su quanto possedeva il defunto, ottenendone la confisca. Il Gherardi ebbe il 5 febbraio 1689, da una unione illegittima con certa Maria Maddalena Poignard, un primo figliuolo per nome Fiorentino Giacinto.

Per una rissa accaduta alla Comedia italiana fra il Gherardi e il Costantini, vedi Costantini Gio. Battista. Il Campardon riferisce un altro documento a proposito del Ritorno dalla fiera di Bezons, opera dello stesso Gherardi, per la quale il commissario Lefrançois gli mosse querela, essendo in essa posti in ridicolo i commissari del Châtelet.

Nell’opuscolo intitolato : La pompa funebre di Arlecchino (Paris, Jean Musier, 1701), abbiamo il seguente ritratto del nostro artista :

Je commence par son portrait.
Tu ne le vis que sous le masque,
et qu’avec son pourpoint de Basque ;
il n’étoit ni bien, ni mal fait,
grand ni petit, plus gras que maigre :
il avoit le corps fort alaigre,
le front haut, l’œil foible, mais vif.
Le nez très-significatif,
et qui promettoit des merveilles.
La bouche atteignoit ses oreilles ;
son teint étoit d’homme de feu,
son menton se doubloit un peu,
son encolure assez petite
le menaçoit de mort subite.
Pour voir au vif son vrai portrait,
il faut voir le fils qu’il a fait,
a mon avis il lui ressemble,
hormis qu’il est un peu vulcain,
ce que n’étoit pas arlequin :
ou pour le moins il me le semble.

L’opera maggiore del Gherardi è quella del Teatro italiano, dopo la pubblicazione degli Scenarj di Flaminio Scala, la più importante per la storia dei nostri comici. Essa racchiude le scene francesi che furono, si può dire, incastonate ne’ loro soggetti, de’ quali non sarebbe stato possibile dare distesamente lo sviluppo. E la ragione di tale impossibilità è così descritta dal Gherardi stesso nel principio della premessa all’opera sua :

Non si creda di trovare in questa raccolta delle intere comedie, poichè la comedia dell’ arte non potrebbe essere pubblicata distesamente. I comici italiani non imparan nulla a memoria ; a loro basta, per recitare una commedia, di averne visto il soggetto un momento prima di andare in iscena. Di tal guisa la maggior bellezza delle opere loro è inseparabile dall’ azione, dipendendo il successo di esse esclusivamente dagli attori che dànno loro maggiore o minor pregio secondo il maggiore o minore spirito, e secondo la situazione buona o cattiva nella quale si trovano recitando. Da tal necessità d’improvvisazione nasce la difficoltà grande di sostituire un buon comico italiano, venuto sciaguratamente a mancare. Non vi ha chi non possa imparare a memoria e recitar da la scena, ciò ch’egli ha imparato a memoria : ma dal comico italiano si richiede ben altro. Chi dice buon comico italiano, dice un uomo di fondamento, che esercita assai più la fantasia che la memoria, che compone, recitando, ciò che dice, che sa coadiuvare il suo interlocutore, vale a dire ch’egli sposa così bene le parole e l’azione con quelle del suo compagno, ed entra di punto in bianco in tutto il movimento drammatico dall’altro richiesto, di tal maniera da far credere agli ascoltatori che tutto sia stato anticipatamente combinato.

Il Gherardi aveva pubblicato un primo volumetto nel 1694, la cui buona accoglienza suscitò l’invidia di alcuni compagni, i quali temendo che la pubblicazione di quelle scene potesse nuocere alla rappresentazione delle commedie da cui furono tratte, riuscirono a far togliere al Gherardi da Monsignor Cancelliere il privilegio accordato. Ma la loro irragionevolezza sta nel fatto che i novecento esemplari depositati presso il collega Ottavio (Gio. Battista Costantini) furon da lui venduti ai varj librai di Parigi in ragione di trentadue soldi l’uno, dopo di averne bruciati due o tre fogli, e di aver fatto credere che tutta l’edizione ne fosse stata distrutta. Il volumetto, benchè proibito, andò via a ruba, tanto che se n’ebber contraffazioni non solo in Olanda, a Bruxelles e a Liegi, ma in quasi tutte le provincie del Regno, e se ne pubblicò un’aggiunta di due volumi, uno col titolo di Supplemento al teatro italiano, privo di qualsiasi pregio, composto a quel che si dice dall’autore dell’Arliquiniana (Cotolendi) o della Vita di Scaramuccia (Angelo Costantini, Mezzettino), e l’altro col titolo di Terzo volume, rubato manoscritto al Gherardi, e in ogni scena mutilato per meglio celarne la frode. La nuova edizione, apparsa il 1700, comprende sei volumi in 12°, arricchiti di incisioni in rame non firmate, ma assai probabilmente del Bonnart, importantissime per la storia del costume teatrale dei nostri comici sullo scorcio del secolo XVII.