Petito Antonio. Figlio di Salvatore e di Giuseppina Errico, più conosciuta col nome di Donna Peppa, nacque a Napoli il 22 giugno del 1822. Fu il più grande Pulcinella del secolo xix, e il Signore del Teatro San Carlino per ventiquattro anni. (Vi era entrato il 1852 e vi morì il 26 marzo 1876, d’aneurisma).
A chi voglia avere un’idea chiara di quel che fosse Antonio Petito, raccomando la Cronaca del Teatro di San Carlino, di S. Di Giacomo, nella quale è la storia documentata, animata pur sempre da un soffio di poesia, che or vi solleva tutto, e or vi stringe l’anima.
La sera memorabile in cui Antonio Petito prese la maschera▶ al San Carlino, fu presentato al pubblico dal padre Salvatore, come il Pantalone Rubini dal suo predecessore Gio. Batta Garelli. Toltasi il vecchio Salvatore la ◀maschera▶ di sul volto, e adattatala su quella del figliuolo, gli augurò piangendo : « Pecient’annc ! »
Antonio Petito morì sul palcoscenico, come a un dipresso l’Angeleri, il Caccamesi, il Massari, il Pieri padre. Caduto appena il sipario sul terz'atto della Dama bianca, egli era andato a seder, come al solito, nel corridojo sul quale dava il suo camerino. Colpito d’apoplessia fulminante, cadde a terra, e morì dopo cinque minuti.
Il Di Giacomo così descrive con sintesi felice l’attore geniale :
Buon marito, operajo onesto, generoso, talvolta pur coraggioso, spiritoso, non servo, non maligno, non egoista, arguto, non goffo in amore, fine osservatore, intelligente popolano : ecco il Pulcinella in Antonio Petito. La dichiarazione dei diritti dell’uomo rianimava, tardi ma in tempo, fin la ◀maschera▶ acerrana ; il Palcoscenico del San Carlino aveva in Pulcinella un uomo accessibile alle passioni più varie e contrarie, un attore che, di volta in volta, sapeva pigliar così dirittamente la via del cuore da commuovere fin alle lagrime gli spettatori.
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E dopo di aver accennato alla buffoneria stereotipata del pulcinella cerloniano, e all’opera riformatrice di Pasquale Altavilla, dice :
Antonio Petito, a cui la riforma sorrideva, raccolse la ◀maschera▶, ma se ne coperse la faccia non per nasconderla sotto una stupida e goffa sembianza. Quando gli parve che non lasciasse trapelare la passione la smise, rimovendo un ostacolo, e diventò Pascariello, tipo popolare ch'egli rappresentò mirabilmente, assorgendo ad arte singolare e penetrante, da vero attore.
E il Petito non fu che attore. Cominciò, è vero, a pubblicar nel '67 le sue commedie, intitolando la raccolta : Selva Comica Nazionale, ma egli sapeva appena leggere e scrivere (imparò a scrivere poco dopo di esser entrato al San Carlino), e i suoi sgorbi drammatici eran corretti da Marulli e Altavilla, i quali, il primo specialmente, concedevan ch'ei desse commedie loro sotto il suo nome. L'opera del Petito non regge d’avanti alla critica ; e a chi tuttavia volesse chiedere la ragione del successo clamoroso di alcuna delle sue commedie, il Di Giacomo risponderebbe che
esso non fu se non il successo personale, comico di Antonio Petito. L'attore era veramente grande, la sua figura illuminava tutta la scena, riempiva tutti i vuoti, raccoglieva tutte le emozioni e gl’interessamenti ; così le volgari stupidaggini della commedia, il suo difetto d’umanità, di nesso logico, di spirito, eran dimenticati in un godimento che pervadeva tutto il pubblico e durava ancor fuori del teatro : una felicità che accompagnava fin a casa gli spettatori, e lasciava ancor sorridere, nel sonno, le loro labbra dischiuse.
Quanto al costume, la ◀maschera▶ del pulcinella è nata con la camicia e i calzoni bianchi larghissimi, cappello di feltro bianco a cono, talvolta ripiegato in avanti, scarpe basse, e mezza ◀maschera▶ nera con enorme naso aquilino. Le modificazioni ch'essa andò subendo coll’andar degli anni furon soltanto nella maggiore o minor lunghezza della camicia, la quale vediam lunga al ginocchio negli ultimi anni (V. il Ghezzi), e più corta ne'primi (V. Callot). Quanto al carattere, il pulcinella, dapprima stragoffissima ◀maschera▶ (V. Fiorillo Silvio), andò poi come le altre tutte rappresentando moltissimi e svariatissimi tipi, mostrandosi tal volta sciocco, tal volta furbo, tal volta popolano, tal volta principe, tal volta pusillanime, tal volta eroe. Gran numero di scrittori e nostri e forestieri si occupò della origine della sua persona e del suo nome : in taluni prevalse l’idea che la ◀maschera fosse invenzione moderna ; in altri, specie dopo la scoperta del famoso Macco dell’ Esquilino, ma non ho ancora capito bene con qual fondamento, che fosse discendente in linea retta dal Mimus albus della farsa atellana, come l’arlecchino dal Mimus centunculus ; quelli fecer derivare il nome or da Puccio d’ Aniello, or da Paolo Cinelli, or da pulcino, pulecino, puleciniello ; questi, or da Πολλή ϰιησις (molto movimento), or da Πόλις città, e ϰἔνός o in forma jonica ϰεινός, vuoto, sciocco, come se si dicesse buffone della città.