Bartoli Francesco Saverio. Comico di qualche nome, più noto per le Notizie Istoriche de’Comici Italiani che fiorirono intorno all’anno mdl fino a’giorni presenti (1782), stampate in quello stesso anno dal Conzatti a Padova in due volumetti, onde si acquistò a buon dritto il nome di Plutarco de’comici, nacque il 2 dicembre del 1745 a Bologna da Severino Bartoli, e Maddalena Boari, che erano, come dice egli stesso,
Povera in vero, ma onorata gente.
Cominciò coll’essere intagliatore in legno nella bottega di uno zio materno. Ma come, piuttosto che a quell’arte, il padrone facevalo intendere a lavori materiali di facchino, o di semplice manuale, egli fu messo da’suoi in una libreria perchè v’apprendesse l’arte del libraio. Quivi, invogliato agli studi, si diede a leggere quanti più libri potè, coll’esempio anche del padre suo, al quale, sebben macellaio, erano sconosciuti ben pochi de’nostri poemi italiani. L’arte drammatica cominciò ad adescarlo, e finì in breve coll’invescarlo. Dopo di avere scritto, da ragazzo, una tragicommedia, dopo di avere recitato in una compagnietta di dilettanti, della quale era anche direttore, partì di Bologna con certo Francesco Peli, ancor comico al tempo in cui Bartoli scriveva le sue Notizie. Unitisi ad altri comici che li attendevano, andarono in iscena a Monselice, Castello del Padovano. Questo fu il vero primo passo nell’arte…. chiamiamola così. Da Monselice passò il Bartoli a Montagnana, poi di nuovo a Bologna, poi, scritturato con Gerolamo Sarti, detto Stringhetta, a Sassuolo nel modenese, sostenendo la parte dell’innamorato. Sentito dal capocomico Pietro Rossi, che recitava allora in Modena, passò di là nella sua Compagnia, facendo questa volta il primo passo nell’arte propriamente detta. Innamoratosi poi della Teodora Ricci, della quale avrem molto a discorrere, la prese in moglie a Genova il 5 novembre del 1769. Eccone l’atto di matrimonio, già pubblicato da G. Claretta nel Giornale Ligustico di storia e letteratura (anno X, genn. 1883, pag. 145) :


(S. Sisto — Matrimoni, 1750-1799, pag. 52). « 1769, die 5 novembris, D. Bartoli Franciscus filius Severini, civitatis Bononiae, et D. Theodora Ricci filia Antonii, civitatis Veronae, ad praesens ambo degentes in nostra Parochia, omissis solitis tribus publicationibus de licentia reverendissimi Vicarii Generalis Josephi Francisci Caffarenae, per testes examinatos obtenta et paenes me servata, juxta formam Sacri Concilii Tridentini, mutuo eorum consensu, singulatim interrogati, conjuncti fuerunt in matrimonium per verba de praesenti coram me Antonio Emanuele Fornelli Priore hujus ecclesiae ; praesentibus testibus Petro de Rubeis qm. Cajetani et Angelo Bentivolio Cajetani, ambo venetis, ad premissa vocatis et rogatis ; eademque die in hac parochiaii ecclesia nuptialem benedictionem susceperunt. »
Nel 1771 passò nella Compagnia di Antonio Sacco, quanto per sua moglie favorevole — egli dice con rara ingenuità — altrettanto per lui dannosa ; poichè essendo
o mal visto, o mal noto, o mal gradito
fu la sua abilità trascurata, ebbe a soffrire dei travagliosi disgusti, e perdendo la quiete, perse nel tempo istesso, pur troppo, gran parte della salute ancora. Povero Bartoli !… Frattanto egli cercava di levarsi i grattacapi, che la moglie a lui procurava, scrivendo commedie con rapidità vertiginosa. Ne scrisse cinque in undici mesi, e tutte in versi per giunta. Spronato poi dal desiderio di realizzare un suo disegno, già gran tempo ventilato, si diede con alacrità al lavoro ; e in meno di cinque anni riuscì a pubblicare un’opera nella quale era come un catalogo illustrato delle migliori opere di pittura che sono a dovizia sparse per l’Italia. Lo stesso anno (1777), la moglie Teodora partì per Parigi con una figliuoletta di cinque anni. Il Bartoli stette sei anni nella Compagnia di Antonio Sacco, poi, per la terza volta, si scritturò in quella di Pietro Rossi, poi, finalmente, dopo il carnevale del 1782 diede un addio al teatro per ritornar libraio. La moglie Teodora, tornata da Parigi, continuò a recitare, divisa dal buon marito, il quale, pover’uomo, nell’articolo che la concerne, le ricordava con semplicità non mai intesa, « che l’onestà è un pregio stimabile, che il marito non deve trascurarsi, che le vanità del mondo sono fugaci, e che la moglie onorata ama il Consorte, nelle disgrazie il solleva, e nol rende avvilito tra le dicerie del volgo, potendo colla di lui cooperazione esser anch’egli d’efficace sostegno alla propria famiglia. »
Il Bartoli fu davvero un buon uomo, e un brav’uomo. Egli non ebbe davvero a rimproverarsi quell’ozio che ha fatto e fa di certi comici una specie di vagabondi ignoranti. L’opera sua sulle pitture nostre componeva, di città in città, su luogo, allorquando vi si recava a recitar colla compagnia. Dettò prologhi, ringraziamenti, inviti al pubblico, ecc. ecc….. Pubblicò poesie e commedie, le quali, se non mostran troppo la peregrinità del suo ingegno ed una coltura vasta, dicon chiaro quanto egli perseverasse negli studi. Ha inserito nelle notizie che lo riguardano, un poemetto in decima rima, metro non usato, per grazia▶ di Dio, da altri in componimenti lunghi. Ne trascrivo alcune ottave, per debito di coscienza.
Taci dunque mia Musa ; e in un silenziorispettoso ed umil tua lingua arresta ;che dall’incarco grave io ti licenzioe ad esso supplirà mente più desta.Intanto a ragionare io ti sentenziodella Carnovalesca e lieta festa,che dileguar seppe dai cor l’assenziospargendoli di gioja immensa e presta,narra del grasso giovedì il concorso,che la Donna dell’Arno avea sul corso.
Faccio a questa seguire le ultime quattro decime, o diecine (sono ottantasei !).
Si tratta di un amico, il quale interrogato dal Bartoli, gli dà notizie di teatri e attori del tempo.
Al Cocomero v’è una Commedianteche può piacer, e chiamanla la Zocchi.Ivi è la Foggi ancor Donna prestanteper far da serva ; e in lei piaccionmi gli occhi.Il Corsini è assai bravo improvvisante,nè sono i versi suoi stentati o sciocchi.Giovanni Roffi invero è un uomo amantedella fatica, e onor de’lieti socchi.Il Frilli poi dell’arte è un vero specchio,ma a far l’innamorato è un poco vecchio.Al picciol teatrin detto di Piazza (La Piazza Vecchia)vi sono alcuni attori molto attenti.La Fineschi ch’è assai bella Ragazza,dà di sua abilità chiari argomenti.Il suo marito è pur di buona razza,e può passar fra’Comici valenti.Pe’ caratteri poi ogn’altro ammazzail valoroso Gaspare Valenti.Il Mancini val molto, e val millantala fanciulla che insiem recita e canta.De’ Comici di Via Santa Maria (oggi Alfieri)più di me voi ne siete già informato,nè avete d’uopo che di lor vi diaveruna informazione. Al mondo è natoil Truffaldin per sparger allegrianel core anco più tetro, ed angustiato.Il Brighella mi piace, e in fede miache un pari ad esso qui non è mai stato.Son bravi l’Andolfati e l’Ugolini,la Fiorilli e non men la Marchesini.D’altri recinti poi non vi vo’direne’quai si fan commedie. Ivi una craziasi paga a testa ; ed è facil capireMa il freddo in me si fa vie più sentire,lasciatemi andar via (vel chiedo in ◀grazia) ;ad abbruciare un fascio men vogl’ire.Già avrò la vostra brama resa sazia.L’Amico se n’andò per iscaldarsi,e qui la musa mia vuole acchetarsi.
Ahimè ! Non dunque soltanto la rima era decima, ma anche la poesia !…
Delle tante opere a stampa di Fr. Bartoli ho qui sott’occhio una Tragicommedia intitolata : Il silenzio ovvero L’Erasto (Padova, mdcclxxx), scritta in prosa, per soddisfare — dice l’autore ai lettori — al solo suo capriccio e non per altro motivo, che non mi par peggiore di tante altre. Nella stessa avvertenza a’ lettori, il Bartoli annunzia la pubblicazione della sua prima commedia di Magìa, che avrà per titolo : Il Mago salernitano ; e Le Pitture, Sculture ed Architetture della città di Rovigo con undici illustrazioni — operetta di Francesco Bartoli accademico d’onore clementino (Venezia, mdccxciii), di cui traggo dal proemio a’lettori di Pietro Savioni veneto stampatore, le seguenti parole :
Sono più di due lustri che il medesimo amico Autore dopo d’aver per più di quindici anni scorse varie parti d’Italia a fissar giunse il suo domicilio in Rovigo ; e credette di far cosa grata a’ Cittadini, e a’ Forestieri il metter sotto gli occhi loro tuttociò, di che s’adornano le Chiese, i pubblici Luoghi, e le private nobili Abitazioni ; acciocchè essi conoscano che l’innato suo genio per simili erudizioni non ha voluto trascurare di dar qualche lustro ad una Città, alla quale deve esso Autore la sua quiete, il Religioso collocamento della sua Figlia, e del suo Figliuolo ; e altresì una probabile sicurezza di non aver giammai a temere che gli manchino que’sussidj, de’ quali la Providensa insieme col Padre lo ha sino ad ora benignamente soccorso.