Gavardini-Cottei-Galletto Margherita. Di lei scrive Antonio Piazza nel suo Teatro (Tom. II, pag. 20) : « la seconda donna era un pezzo di carne, che destava l’appetito anche a’ più nauseati. Bravissima per certi caratteri, si poteva stabilire nel suo mestiero una riputazione onorevole, se contenta d’aver posto il piede nel Socco ridevole, non avesse avuta la smania di calzare il grave Coturno. » Ma il Bartoli si oppone a tale giudizio, dicendo ch’ ella fu somma anche nel tragico, e che se avesse avuto la fortuna di nascere in Toscana, nessuna attrice avrebbe potuto eguagliarla.
Di famiglia vicentina, recossi il 1765 collo sposo a Livorno, dove recitava al Teatro S. Sebastiano la Compagnia di Nicodemo Manni, il quale ben volentieri avrebbe voluto liberarsi della sua prima donna, una certa Faluggi, accademica fiorentina. Venuto a conoscere la Gavardina, e offertole un posto nella compagnia, ch’ella subito accettò, la fece esordire colla piccola parte di Madama Giuseppina nel Medico olandese di Carlo Goldoni, da lei recitata con molta grazia – dice il Bartoli – e spirito non ordinario. A quella seguì la parte d’Ircana nella Sposa persiana dello stesso Goldoni, in cui fu ancor più applaudita. In breve sostituì la Faluggi nel posto di prima donna assoluta ; e, prima a Pisa, poi a Lucca, a Bologna, a Genova, potè sviluppare le sue grandi attitudini alla scena, diventando una delle più valenti attrici del suo tempo. Doveva recarsi la primavera del ’66 a Barcellona con altro impresario, ma la paura del mare le fe’ sciogliere il contratto, e formar là per là una compagnia, che condusse l’estate a Mantova, dove s’ebbe tal successo da essere scritturata nella Compagnia di Gerolamo Medebach, colla quale esordì nella commedia a soggetto Di peggio in peggio. Ignazio Casanova le fu maestro egregio, e « volle – riferisco dal Bartoli – che si presentasse all’uditorio con una sortita, che pareva della commedia, ma che però alludeva a raccomandare sè stessa all’animo de’benignissimi Veneziani. » Il Pantalone Bissoni poi, che faceva scena con lei, aggiunse un’arguta raccomandazione, chiamando la Gavardina una tenera pianticella, che coltivata nel bel terreno dell’ adriache scene, ed innaffiata dall’ acqua di sì benefico cielo, non potea che crescere in poco tempo, e produrre dolci frutti. Fu tre anni col Medebach, e nell’autunno e carnovale del ’69-’70 recitò per ventisette sere la Putta onorata del Goldoni. Passò il ’70-’71 colla Compagnia del Lapy, ove fu per alcuni anni, amica ed emula della valorosa Caterina Manzoni. Il Bartoli cita la Rosalia nel Jeneval di Mercier, tradotto dalla Caminer fra le parti che la Gavardina recitò con maggior lode, e la dice inarrivabile in quelle in dialetto veneziano. Quando la Manzoni lasciò il teatro, fu a lei affidato il ruolo di prima attrice assoluta. Fu poi colla Battaglia al S. Gio. Grisostomo, poi di nuovo col Lapy, poi col Perelli, col quale fu il 1781, col ruolo sempre di prima donna, a Bologna, Piacenza, Trieste e Padova. A questo punto cessan le notizie che ne dà Fr. Bartoli, che riferisce anche il seguente sonetto di anonimo :
Spiegar col labbro in misurati accentii diletti d’amore, oppur le pene,qual fra le gioje, o tra gl’infausti eventiun tenerello cor prova e sostiene,te veggiam, Margherita, assai contenti,quando saggia affatichi in sulle scene ;e sì n’ alletti, che ciascun pur sentite innalzar fra le bionde Dee Camene.Di tua virtude il luminoso fregio,di tua beltà l’impareggiabil vantoben accrescono in te trionfo e pregio.Sciolga ogni Vate in tuo favore il canto,se al leggiadro tuo dir pronto, ed egregioapplaude l’Adria, il Reno, Adige e Manto.
Gazzaniga Luigi. Figlio di Antonio Gazzaniga, orefice in Mantova, e della Lucidalba, guaritrice empirica nella stessa città, è citato da Fr. Bartoli come innamorato e generico di qualche pregio. Fu in varie compagnie e a Palermo. « Se – aggiunge il biografo – a quel fuoco giovanile che lo fa essere poco costante nelle cose sue sapesse egli mettere un po’ di calma, potrebbe rendersi a sè medesimo più giovevole, e potrebbe agli onorati suoi genitori apportare in seguito una più perfetta consolazione. »