(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 87-90
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(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 87-90

Marini Virginia, figlia di Carlo e Teresa Weiss, nacque ad Alessandria della Paglia il 19 novembre del 1844. Essendo il padre custode del teatro d’Alessandria, la piccola Virginia attendeva ogni mattina alla ripulitura dei palchi e della platea, ingannando il tempo con tirate di commedia che aveva imparate la sera in teatro. Il fiorentino Giovan Battista Marini, discreto artista (era generico dignitoso il 1853 in Compagnia Sadowski-Astolfi), sorpresala nelle sue declamazioni, scoprì il tesoro magnifico della sua voce, e, vedovo da poco e per giunta con figliuoli, propose alla Virginia di sposarla, coll’intento d’iniziarla alla vita dell’arte. Essa accettò, il matrimonio accadde nel 1858, e Virginia Marini diventò nello stesso tempo attrice.

Questa la leggenda.

Fu i suoi primi anni servetta con Meneghino Preda ; poi, il '62, ingenua ai Fiorentini di Napoli, ove mostrò subito quali altezze avrebbe saputo raggiungere. Era la prima volta che recitava in italiano. Tita Nane, pseudonimo che cela uno dei più modesti e più intelligenti cultori dell’arte nostra, così descrive quello e gli altri primi passi in un bello e appassionato articolo apparso nella Tribuna illustrata del settembre '94 :

Adamo Alberti scelse per il debutto un vecchio pasticcio del Bayard : Il nuovo Figaro e la Modista. La modista era lei, la Marini. La sala metteva paura. Il pubblico aveva avuto per una settimana i grandi della Compagnia, Salvini, la Clementina Cazzola, e non dico altro. Della Marini nessuno aveva mai sentito ripetere il nome. Quand’ecco arriva sulla scena lei con una scatola in mano, vestita proprio come una sartina che si rechi a domicilio, e, senza uscire dalla naturalezza, fa sentire la musica di quella voce. Apriti cielo ! Fioccarono gli applausi, e lei, poveretta, non credeva a sé stessa ; subito Tommaso Salvini la slanciò nel genere drammatico, e il successo fa eguale. Essa non perdeva sillaba della Cazzola, che, per eleganza, naturalezza, profonda intuizione d’arte, si collocò fra la Ristori e la Sadowsky, e in certe parti non trovò chi riuscisse a superarla ; e più tardi, a Firenze, quando la Cazzola ammalò, Tommaso Salvini ricorse alla signora Virginia ; e la signora Virginia, improvvisando sera per sera un’interpretazione, cominciò a spiccare il gran salto, sempre sotto gli auspici del gran colosso Salvini, artista completo, dividendo il regno dell’arte con la Tessero e la Pezzana, e tutte tre facendo credere con i grandi successi fatti ottenere alle commedie di Gherardi Del Testa e di Achille Torelli, ai proverbi del Suner, ai drammi del Costetti, ai lavori mastodontici dell’ultima maniera di Paolo Ferrari, al medio evo di Giacosa, alla romanità di Pietro Cossa, alle galanterie di De Renzis, di Martini, di Castelnuovo, e tutto il resto di Cuciniello, di Muratori, di Montecorboli, di Castelvecchio, di Sabbatini e di tanti altri, facendo credere all’esistenza d’un moderno teatro italiano.

Virginia Marini fu il '63 con Luigi Domeniconi, e il '64 con Gaspare Pieri. Il '64-'65 era di nuovo con Adamo Alberti ai Fiorentini di Napoli, e questa volta prima attrice giovane ; dal '66 al '68 con Alessandro Monti, dal '68 al '69 con Tommaso Salvini, dal '69 al '72 con Alamanno Morelli. Poi ebbe Compagnia propria, entrò nella Compagnia Nazionale, tornò a formar Compagnia…. Fu con Ermete Zacconi e con Giovanni Emanuel…. poi…. mutati i tempi, mutati i sistemi, mutati gl’indirizzi, mutate le scuole, si ritirò dall’arte in Roma, ov'è tuttavia, chiamata a coprire la cattedra di arte della recitazione nel Liceo musicale di Santa Cecilia, creata per decreto del Ministro Baccelli. Questa la cronaca della vita artistica di Virginia Marini.

Enrico Panzacchi, analizzando la interpretazione dell’Adriana Lccouvreur di Clementina Cazzola (V.) e di Virginia Marini, di questa viene a dire :

L'Adriana invece rappresentataci dalla Marini è altra donna. Forse meno ligia alle intenzioni di Scribe e Legouvé, forse mero fedele alla biografìa, ma più conforme a natura e verità. Sulle prime è la giovine donna che ama e crede nell’amore, che pare profonda e confidente nei gesti, nel volto, nei toni pacati della sua bella voce ! La passione regna dentro poderosa, assoluta, una di quelle passioni che decidono il destino di tutta una vita, ma pare che dorma e sogni tranquilla carezzata dalla fede e dalla speranza. Sotto le belle vesti di Rosane, nell’anticamera della tragedia, Adriana non ismentisce un solo istante la sua naturalezza di giovine attrice spigliata, allegra, carezzevole, a cui l’amore ha fatto sempre buon sangue e buona cera.

Chi in quella bonaccia profonda indovinerebbe la tempesta del quarto atto ? È una trasfigurazione compiuta. Il portamento, il gesto, gli occhi assumono un fare prepotente e fulmineo ; la voce ha sibili come il serpente e inflessioni laceratrici come d’aculeo. L'invettiva di Fedra gittata a guisa d’uno schiaffo o d’un pugno di fango sul volto della rivale, ci rivela a un tratto tutta la potenza tragica dell’amore d’Adriana e ci fa anche presentire il terribile scioglimento del dramma.

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Ai successi dell’Adriana Lecouvreur dovrebber qui aggiungersene migliaia ; chè, per oltre un ventennio, Virginia Marini ha tenuto con Adelaide Tessero lo scettro del teatro italiano di prosa, e, direi quasi, di canto, tale e tanta era la carezzosa musicalità della sua voce. Quando non si andava svogliatamente com’oggi a teatro, per veder la riuscita di un nuovo lavoro, sul quale si ha già una preventiva poca fede ; ma ci si accorreva entusiasti a giudicar di una interpretazione, suscitante poi ne' confronti le più vive discussioni, la vita artistica di Virginia Marini era il trionfo non interrotto di ogni sera. Passando dalle schiette e composte comicità della Serva amorosa agli sfrenati e sfacciati ardori di Messalina, e da questi alle sospirate romanticherie del Cuore ed arte, poi a Frine, all’Adriana Lecouvreur,

alla Signora dalle Camelie, al Trionfo d’amore, alla Straniera, a Cecilia, al Falconiere, alla Donna e lo Scettico, al Fratello d’armi, alle Donne curiose, a tutto un repertorio de'più vasti e disparati e in verso e in prosa, Virginia Marini non sentiva il bisogno di correr dietro alle solleticanti e stimolanti sudicierie di una pochade per attirare e guadagnarsi il pubblico ; ma bastava lei, lei sola, circondata da una modesta schiera di compagni, i quali potevan chiamarsi Alamanno Morelli, Giovanni Ceresa, Francesco Ciotti, Guglielmo Privato, Giulio Rasi, Sante Pietrotti, Pierina Giagnoni, Anna Job, e via discorrendo.

Ricordiamo ancora Virginia Marini alla vigilia della celebrità con Alessandro Monti al Teatro Alfieri di Firenze ! Quale Signora dalle Camelie allora ! Che duetti d’amore con Angelo Marchetti !… E tutto il periodo Salviniano ? Quale armonia, che fusione di sospiri ! Che Figli delle Selve allora ! Che Otelli ! Che Zaire !… Perchè, Virginia Marini, al fianco di Tommaso Salvini, diventò una di quelle artiste, rimasta unica poi, che sollevava, come il suo grande compagno e maestro, le platee con una semplice inflessione di voce ; era quella una forza sua. I versi, nella sua bocca, si andavano aprendo e sviluppando in melodie nuòve…. forse non sincere talvolta, forse non sempre d’intonazione perfetta, ma di una maravigliosa efficacia sul pubblico, che rimaneva vinto di sorpresa, e soggiogato…. L'arte della Marini fu plastica nella dizione e nel portamento. Artista non troppo sincera, forse, al molto studio sagrificò di conseguenza la spontaneità. Gli scatti subitanei, le improvvisazioni inattese, e diciam pure gl’improvvisi lampi d’arte della Tessero mancavano a Virginia Marini ; ma nella grande, grandissima artista del momento mancavan le elette qualità dell’altra, che, se bene un po'meccanicamente, si mostrava tutte le sere colla stessa voglia, colla stessa arte, cogli stessi mezzi, che formaron sì lungo tempo l’idolatria del pubblico pagante. Perchè anche questo va pur notato. Di Virginia Marini non si potè mai dire : « stasera son capitato male ; recita col sangue al naso ! » Ma tanta gloria, tanti entusiasmi, dovevan finire come per incanto. A' venti anni di acclamazioni, che avrebber dovuto lasciarne ripercossa l’eco per tanti e tanti anni ancora, seguì un silenzio di tomba. Il pubblico teatrale, che in Italia è l’espressione più viva e chiara dell’umana ingratitudine, vòlte le spalle all’idolo vecchio, ne cercò di nuovi ; e, non trovatili, li creò, e a quelli si prosternò. I trinciamenti d’aria col braccio e l’indice distesi, le inflessioni di voci ad alti e bassi, a scatti voluti, tutto il grande convenzionalismo dell’antica scuola, cedè il campo alle dizioni incolori nella lor naturalezza, alle movenze studiate nella lor trascuratezza, a tutto insomma il grande convenzionalismo della scuola moderna. Virginia Marini ha chiuso il vecchio periodo, che comprese con lei la Ristori, la Tessero, la Pezzana, la Marchi, la Campi, la Giagnoni, Morelli, Ciotti, Ceresa, Pasta, Salvadori, Bellotti, Rasi, Vestri, ecc….. Eleonora Duse ha aperto il periodo nuovo,che comprende………………….