(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 156-158
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(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « I comici italiani — article » pp. 156-158

Morelli Alamanno. Figlio del precedente, uno dei più forti e gloriosi artisti del nostro tempo, che regnò sessant’anni sulla scena italiana fra gli astri di maggiore grandezza, nacque a Brescia il 12 giugno 1812. Fece per volontà del padre i primi studj classici, e si dedicò alcun tempo al violino, pel quale mostrava singolari attitudini ; ma poi, chiamato alla scena, abbandonò tutto, dopo la morte del padre, per entrare in una di quelle meschine compagnie che andavan guitteggiando di borgata in borgata. Dopo una non breve stagione in Arzignano nel Vicentino, la compagnia, impegnata la misera condotta, si sciolse ; e Morelli, che non avea da pagar l’oste che gli avea dato il vitto e l’alloggio a credito, se gli offerse, e fu accettato in qualità di cameriere, pagando così coll’ opera sua di uomo onesto, il debito del primo attor giovine. Entrò a diciotto anni in Compagnia di Giacomo Modena, di cui faceva parte anche il figliuolo Gustavo, facendosi notar subito per la recitazione spontanea di alcune particine in commedie di Goldoni, Zelinda e Lindoro, Il Medico olandese, I quattro Rusteghi, della quale specialmente il personaggio di Sior Filipetto s’ebbe in lui uno de' più ingegnosi e brillanti interpreti, e per la quale la prima attrice Carlotta Polvaro gli preconizzò splendido avvenire. Fu scritturato il '40 in Compagnia Florio, come brillante e tiranno : recitava maravigliosamente nella stessa sera il tiranno Filippo in Bianca e Fernando e il brillante nel Cuoco e il Segretario ; sì che Maria Luisa, la Duchessa di Parma, ebbe per lui speciale ammirazione, e, nelle sere di suo beneficio, speciali elargizioni.

Entrò il '42 amoroso nella Compagnia Favre, passando l’anno dopo primo attore in quella Bergamaschi e Cappelli, nella quale restò sino al '45 e recitò per la prima volta, primo in Italia, il Kean, la Signora di S. Tropez, La Catena e il Giovan Maria Visconti di Porta e Grossi. Fu il primo attore della Compagnia di Giacinto Battaglia, che andò in iscena il 7 marzo '46 a Padova, e in cui egli dovette lottare coi successi della Sadowski e di Bellotti-Bon ; ma dopo la Clotilde Valery e il Chatterton, il trionfatore fu lui. Ritiratosi Battaglia, Morelli continuò la compagnia sino al '53, recitando nel '50, primo de'viventi attori italiani, l’Amleto, ch'egli stesso adattò alle scene sulla traduzione del Rusconi. Chiamato il '54 a diriger l’Accademia de'filodrammatici di Milano, vi recitò fino al '58, tornando in arte il '59, direttore della Compagnia Cazzola-Dominici, e rifondando il '60 la Lombarda che visse quindici anni di vita gloriosa, e in cui militaron gli artisti di maggior fama, quali Pia Marchi, Luigi Monti, Guglielmo Privato, Virginia Marini, Francesco Ciotti, Giulio Rasi, Sante Pietrotti, Anna Job. Il '76 formò società con Adelaide Tessero che sciolse l’ '81, al suo ritorno dall’America, per farsi di bel nuovo capocomico solo, scritturando l’ '82 la coppia Lavaggi, l’ '83 Cesarina Ruta, l’ '84 Emilia Aliprandi-Pieri. Poi divenuto capocomico il Pieri nell’ '85, Morelli ne divenne lo scritturato. Stette un anno in riposo a Scandicci, e tornò l’ '88-'89 alle scene, direttore della Compagnia Marazzi-Diligenti e Zerri.

Fu poi con altre compagnie di minor conto, e terminò la sua lunga e gloriosa carriera del '91 con Calamai. Dopo lo accolse il paesello di Scandicci, ove s’era fatto dono in tanti anni di lavoro, di una romita e modesta casetta, e quivi morì fra le braccia della moglie e dei figli il 10 gennaio 1893.

Fu banditore il '74 del primo congresso drammatico in Firenze, e pubblicò nel '77 un Manuale dell’artista drammatico in cinque dialoghi, col Prontuario delle pose sceniche, già edito nel '54, che si può dire, senza offendere la memoria del grande attore, l’antitesi dell’arte sua, fatta tutta di verità e di spontaneità. Nè gli anni valsero a piegare o infiacchire la sua tempra gagliarda : a poco men che ottant’ anni rappresentava ancora con efficacia incredibile la Riabilitazione del Montecorboli e la Signora di San Tropez. Noverar qui l’opere drammatiche che gli furon argomento di trionfo, troppo sarebbe ; citiamone le principali : Il Duello, Il Figlio di Giboyer, La Straniera, L'Importuno e il Distratto, Amleto, Fausto, Guglielmo Tell, Il Giuocatore, Fieschi, Giovanni Baudry, La Signora Caverlet, La calunnia, Il Vetturale del Moncenisio, Macbeth, La Riabilitazione, Kean, La Signora di San Tropez, Chatterton, Stifellius. Dalle quali si può capire a che grado di pieghevolezza egli era pervenuto collo studio, colla riflessione, coll’ arte, nonostante l’aspetto non bello, e la voce asprissima.

Di lui scrissero il Piazza, il Bonazzi, il Regli, il Piccini, il Polese, il Pavan ; di lui parlaron sul feretro Tommaso Salvini e Gattesco Gatteschi.