Barlachia. Pare fosse attore di molto grido, se, dovendo credere a Monsignor Borghini, il grande erudito cinquecentista, le composizioni dell’Araldo (Giovan Batista dell’ottonajo) a leggerle non valgon nulla ; e in bocca al Burlachia parver miracoli, e dilettavano ancora i belli ingegni, non che gl’idioti ; per l’ajuto de’gesti, della voce, della pronunzia. (Ms. Palat., Fir. 10, 116, pag. 44-47). D’accordo quanto all’arte del Barlachia ; ma che le composizioni dell’Araldo non valesser nulla, con buona pace del Borghini è falso. Anzi : oserei affermare, che in niun lavoro come in quelli dell’Araldo è il primo elemento drammatico per quel che riguarda l’effetto scenico. Nel famoso prologo : Anton, chi chiama ? è tale ricchezza di passaggi, di forza comica, da invogliare chiunque a studiarlo e a riprodurlo.
Il tipo del padre è drammaticamente perfetto ; e tale oserei chiamare nelle sue ribellioni il figliuolo traviato. Il figliuol buono, obbediente in tutto, mansueto, diviene, s’intende, com’elemento drammatico una parte passiva.
Era uso allora di recitar ne’conviti ; e il Giannotti, ne’suoi Vecchi amorosi fa dire : « Il Barlacchi, se noi il potessimo averc, sarebbe a questa cena come il zucchero alle vivande. » Con tuttociò, pare che il Barlachia, citato sempre ad esempio come recitatore, non fosse, come tutti i suoi colleghi di scena un’arca di scienza : e nel Consiglio villanesco del Desioso (Siena, 1583) il dialogo comincia col chiedere scusa, per essere l’autore rappresentante, non letterato :
« Chi fa l’arte che fece il Barlacchianon può come gli sdotti arrampicare. »
A pagina 432 delle rime del Lasca curate dal Verzone (Firenze, Sansoni, 1882) abbiamo le due seguenti ottave :
IN NOME DI CECCO BIGI STRIONE
Alto, invitto Signor, se voi bramatech’il Bigio viva allegro, e lieto moja,la grazia, che v’ha chiesto, omai gli fate,per ch’egli esca d’affanni e d’ogni noja ;ei ve ne prega, se vi ricordatedelle commedie, ove contento e giojavi dette già, e spera a tempo e locofarvi vedere ancor cose di fuoco.E se i Vettori, i Barlacchi, e i Visinidi là son iti a veder ballar l’orso,altri poeti, altri strion più fininon mancheranno per l’usato corso ;non è morto ne’petti fiorentinilo scenico valor, ma ben trascorso ;io so quel ch’io mi dico, e fia dimostroalla tornata del principe nostro.
A che voglia alludere il Lasca co’primi due versi della seconda ottava ? All’essersi il Barlacchi e gli altri comici rinomati recati all’estero in una solenne occasione, per recitarvi qualche commedia ?… Noi sappiamo che alla rappresentazione della Calandra del Bibbiena, fattasi in Lione dalla Nazion Fiorentina per la magnifica et trivmphale entrata del Christianiss. Re di Francia Henrico Secondo di questo nome fatta nella nobile et antiqua Città di Lyone a luy et a la sua serenissima consorte Chaterina alli 21 Septemb. 1548, fu deputato il Barlacchi, il quale, trattandosi di festa fiorentina, e di esecutori fiorentini, mutò il luogo di azione della commedia, di Roma che era, in Firenze, recando così sulla scena i leggiadri e ricchi vestimenti della sua terra : e tanto piacque la rappresentazione di detta Calandra, che fattasene la replica a preghiera de’ lionesi che non la poteron vedere la prima volta, il Re e la Regina e la Corte vi intervennero inattesi, e dichiararon esser loro piaciuta la commedia assai più che la prima volta : e innanzi di partirsi di Lione il Re fe’ dare a’comici 500 scudi d’oro, e 300 la Regina, dimodochè — chiude la descrizione — il Barlacchi et li altri strioni che di Firenze si feciono venire in giù se ne tornarono con una borsa piena di scudi per ciascuno. (Lyone, Rovillio, 1549).