LETTERA dell’autore all’editore.
Ciò che accennai son già molti anni al l’editor Veneto di▶ questa mia opera che imprese a reimprimere, ripeto ora in parte a voi che ne intraprendete l’ultima mia edizione.
Le storie ragionate che per mano della filosofia si conducono per le varie specie poetiche, e singolarmente teatrali, non sono dettate per appagar soltanto una sterile curiosità: ma racchiudono in se mai sempre una Poetica a ciascuna corrispondente, ed una Scelta de’ più cospicui esempli de’ progressi e delle cadute che vi si fecero in diverse epoche; la qual cosa per lo suo peggio veder non seppe nella mia Storia teatrale certo picciolo autore ◀di▶ un tumultuario Discorso accompagnato ad un Pausania meschina tragedia obbliata ed estinta nel nascere. E siccome tali esempli ◀di▶ errori e ◀di▶ bellezze vanno alla giornata moltiplicandosi, fa mestieri tenere istruita tratto tratto la gioventù de’ continui passi che con felicità o traviamento si danno nelle arti.
Da prima io avea condotta quest’opera sino al 1789 nella prima edizione napoletana in sei volumi in 8; e dopo alcuni anni ne pubblicai nel 1798 un altro ◀di▶ Addizioni. Le mie vicende che poscia mi balzarono in Francia donde dopo la dimora ◀di▶ un anno discesi in Italia ◀di▶ bel nuovo, hanno prodotto nuove osservazioni da me fatte su nuovi materiali raccolti. Per queste mie terze cure l’edizion vostra porterà seco non poche novità nella storia tanto perchè vi s’inserisce quello che nel 1798 (che non passò oltre delle Sicilie per le luttuose vicende ◀di▶ Napoli) quanto per le molte altre cose notate ne’ primi cinque anni del secolo XIX sul Rodano, sulla Senna e nel l’Alta Italia.
Tante cure (si ripeterà dalla malignità) sulla trita materia teatrale? Certamente parrà questa frivola oziosa occupazione a chi si crede nato a grandi imprese nelle scienze e nelle belle arti. Ma che si vuol fare? Non tutti esser ponno sì alti da toccare, com’essi fanno, le sublimi volte del tempio dell’Immortalità; ed havvi, com’io, chi si contenta appena ◀di▶ contemplarne le vicinanze, non osando neppure dì appressarsi alla soglia.
Nelle storie teatrali (dicono altri che reputansi stragrandì) si favella ◀di▶ quando in quando ◀di▶ comedi e ◀di▶ tragedi antichi e moderni, e vi si leggono i nomi ◀di▶ Satiro, ◀di▶ Polo, ◀di▶ Roscio, ◀di▶ Esopo, ◀di▶ Baron, ◀di▶ Garrick, della Andreini, del Pinotti, del Zanarini. Pur troppo è vero, oggetti son questi ben piccioli per la sublimità dì tali censori. V’ha però chi sostiene loro in sul viso esser meglio calcar le tracce ◀di▶ Aristotile e dì Quintiliano, e mentovar dove bene stia que’ sagaci e graziosi attori, i quali seppero sulle scene delle più colte nazioni ritrarre al vivo i ridicoli del loro tempo, che rappresentar nella società gli originali ◀di▶ que’ medesimi oggetti rìdevoli mascherati da uomini d’alto affare e da filosofi e metafisici senza logica, e da poeti che non intendono nè rima nè ragione, e da pedanti pieni ◀di▶ stomachevole orgoglio e voti ◀di▶ ogni valore.
I veri filosofi, i veri letterati ben sanno la prestanza e l’utilità ◀di▶ un genere ◀di▶ poesia, onde si attende la pubblica educazione, siccome credo ◀di▶ aver dìmostrato nel discorso seguente premesso a questa mia storia. Sanno ben essi ◀di▶ non doversi il Buon Teatro considerar come semplice passatempo, ma sì bene come saggio espediente sugerito dalla filosofia per diffondere, per la via del diletto, la coltura e la virtù e la morale nella società, e per secondar le vedute de’ legislatori; ◀di▶ che mi occupai ne’ miei Elementi ◀di▶ Poesia Drammatica impressi in Milano. Sanno altresì che l’adunarsi in un luogo pubblico, qual è un Teatro, giova potentemente ad obbligar gli spettatori che vi concorrono ad osservarsi reciprocamente, ed a comporsi a certa esteriore politezza ◀di▶ maniere, che i solitarii difficilmente sogliono acquistare. Sanno in oltre che la poesia rappresentativa suppone talento grande, cuor sensibile, e studio moltiplice, requisiti indispensabili al poeta teatrale che agogna al l’importante gloria ◀di▶ pubblico educatore. E sanno finalmente che i migliori delle nazioni antiche e moderne in ogni tempo fecersi un pregio, e forse un dovere ◀di▶ contribuire co’ loro lumi al miglioramento del teatro, e se ne occuparono con proprio piacere e con altrui vantaggio.
Di fatti in Grecia gli uomini più illustri o composero essi stessi pel teatro, o ne promossero lo studio, o servirono ◀di▶ scorta a’ poeti. Platone aspirò alla vittoria Olimpica componendo una tetralogia. Temistocle contribuì a far eseguire con ogni splendidezza gli scenici spettacoli. Eschine competitore in eloquenza ◀di▶ Demostene, Archita capitano, Neottolemo favorito del macedone re Filippo, e Aristodemo ambasciadore in Macedonia, furono nel numero de’ rappresentatori. Il sobrio storico e filosofo Plutarco ha conservate alla posterità varie notizie teatrali, ed ha profusi larghi encomj in onore del gran comico Menandro. Roma stessa vantò un Lelio e uno Scipione Affricano come coadjutori ◀di▶ Terenzio, un Cornelio Silla dittatore, il gran Germanico, e Cajo Claudio imperadore scrittori ◀di▶ commedie; Giulio Cesare, Cesare Augusto, Tito Vespasiano, e Mecenate e Vario e Ovidio e Lucano e Stazio e Seneca che coltivarono la tragedia, e Orezio Flacco che si fe ammirare non meno come grande emulo ◀di▶ Pindaro, che come critico incomparabile ◀di▶ teatral poesia.
Nella decadenza poi del Romano Impero i Padri stessi della Chiesa non isdegnarono svolgere gli scritti degli antìchi drammatici ed imitarli. San Gio: Crisostomo con compiacenza leggeva le commedie ◀di▶ Aristofane; San Girolamo quelle ◀di▶ Plauto; il Sinesio ne compose alcune sulle orme ◀di▶ Cratino e ◀di▶ Filemone; Apollinare imitò Euripide e Menandro.
Al risorgimento delle lettere, rinascendo il credito della teatral poesia, la coltivarono uomini gravissimi e decorati. E per rammemorarne alcuni pochi, nelle Spagne vi si dedicarono il cattolico re Filippo IV, e teologi e sacerdoti e magistrati ed uomini ◀di▶ stato, Solis, Calderon, Moreto, Montiano, Cadalso, Gusman duca ◀di▶ Medina Sidonia; nella Germania Klopstock, Federigo II il Grande re ◀di▶ Prussia, e tanti e tanti reputati letterati; in Inghilterra il duca ◀di▶ Bukingam, Adisson segretario ◀di▶ stato, il cavaliere Van-Broug, il capitano Stèele, Sheridan; in Francia Margherita ◀di▶ Navarra compose per la scena, Francesco I ne ispirò il gusto sulle tracce segnate dagl’Italiani; il cardinal Richelieu avrebbe voluto passare per autore del Cid, e promosse la coltura scenica a segno che ne germogliarono i Cornelii e i Racini; il gran cartesiano Fontenelle ne scrisse la storia, e compose alcuni melodrammi; Boileau Desprèaux ne insegnò i precetti seguendo Orazio; il Ginevrino filosofo Gian-Giacomo Rousseau volle pur dare il nome tra’ melodrammatici. L’Italia conta i cardinali Bibiena, Delfino, Pallavicini tra gli scrittori drammatici, e San Carlo Borromeo che ◀di▶ propria mano correggeva le rappresentazioni de’ commedianti; il nobile Bentivoglio, i tre grandi epici Trissino, Ariosto, Torquato Tasso, il bravo istorico e politico sommo Machiavelli, e Salviati e Secchi ed il patrizio veneto Antonio Conti, e il duca Annibale Marchese, e Scipione Maffei, e Bernardino Rota, ed Angelo ◀di▶ Costanzo, e il duca Gaetani ◀di▶ Sermoneta, e cento altri personaggi chiari per nascita e letteratura e per gradi, intenti a promuovere co’ loro lavori gli avanzamenti della teatral poesia.
E qual filosofo e scrittore ◀di▶ chiara fama non si pregia ◀di▶ corroborare i suoi concetti colla morale e colla politica sparsa negli scritti de’ poeti drammatici? Quale illustre accademia ◀di▶ amena letteratura non ha occupati i proprii valorosi individui ad illustrare e l’erudizione e la ragion poetica che concerne il teatro, ad insinuarne il vero gusto, ad arricchir le rispettive nazioni ◀di▶ tragedie, ◀di▶ pastorali, ◀di▶ commedie? Laonde o bisogna essere stato nutrito nella feccia delle surrtferite deformi maschere, o aver sortito dalla natura madrigna la comprensione ◀di▶ un semplice Tinitiva dell’Orenoco, per non capire l’istruzione, i politici vantaggi e l’innocente piacere ◀di▶ un genere poetico cosi difficile, così nobile, e con tanto ardore e buon successo maneggiato da filosofi grandi, da prelati, da cardinali, da più egregi repubblicani Greci e Latini e ◀di▶ ogni nazione e ◀di▶ ogni tempo.
Occupiamoci adunque io ad aumentare e perfezionare al possibile la mia storia teatrale, voi a riprodurla ◀di tanto accresciuta col l’accuratezza promessami, senza arrestarci per qualche stridula cicala che
col nojoso metroLe valli e i monti assordi e il mare e il cielo.