Zacconi Ermete. Figlio dei precedenti, nato a Montecchio di▶ Reggio d’Emilia il 14 settembre dell’anno 1857, è quegli che assieme con Ermete Novelli divide il primato artistico dell’età presente.
Niun attore io credo abbia avuto come lui una vita ◀di▶ palcoscenico piena ◀di▶ movimento, passando dall’amoroso al brillante, dal brillante al primo attore, alternando tal volta l’officio ◀di▶ comico e anche ◀di▶ capocomico, con quello ◀di▶ pittore scenografo, magari ◀di▶ macchinista ; tal volta escogitando con allegri compagni ◀di▶ sventura nuovi mezzi ◀di▶ difesa dalla miseria, come fiere o altro, recandosi da questo a quel posto oggi in barroccino, domani a piedi. Dopo ◀di▶ aver passato gli anni della fanciullezza col padre (il 1865 era con lui, il quale faceva il primo attore a vicenda col Germani, nella Compagnia del Teatro Valletto ◀di▶ Roma, capitanata dal brillante Cristofari), fu con Tommaso Massa, un attore brillante, ricco d’intelligenza, dicitore vero ed efficace, poco fortunato in arte, a cagione specialmente della sua meschina figura, con cui cominciò a recitar particine ◀di▶ generico, secondo brillante e amoroso. Passò poi generico primario, amoroso e brillante, a vicenda con Nicola Della Guardia, nella Compagnia ◀di▶ un certo Calìa napolitano, in cui recitava anche gli amorosi nelle farse col pulcinella (non mai il pulcinella, come altri affermò) ; poi, secondo amoroso, in quella ◀di▶ Lambertini e Majeroni, in cui stette anche l’anno dopo come secondo brillante sotto Leopoldo Vestri. Fu scritturato brillante il '78 in Compagnia Dominici, passando in quaresima al ruolo ◀di▶ primo attor giovine, poi, per l’improvvisa partenza del Dominici, a quello ◀di▶ primo attore, ch'egli sostenne per alcuni anni in piccole compagnie, come ad esempio, del Battistoni. Entrò l’'81 primo attor giovine con Dondini-Dominici, e l’'82, ahimè, tentò il capocomicato (sfogando – come si dice in gergo – tutte le sue passionacce, fra cui quella del Figlio delle Selve ◀di▶ Halm), che lasciò subito l’anno ◀di▶ poi, per andar primo attore in Compagnia Palamidessi che (altro ahimè) si sciolse a metà d’anno. Tornò primo attor giovine con Salvinetto e Pietro Rossi, poi primo attore e direttore d’una Compagnia italiana a Cannes, d’onde scacciato dal colera, si scritturò primo attor giovine il carnovale dello stesso anno con Artale-Pedretti. Fu l '85 primo attore con Verardini, e il carnovale dello stesso anno con Emanuel, con cui stette oltre un biennio, e da cui passò primo attore e direttore con Casilini per un solo anno ; dopo il quale, eccotelo un triennio primo attore con Cesare Rossi, e uno con Virginia Marini, fino al 1894 ; anno in cui si associa con Libero Pilotto, per condur finalmente compagnia da solo dopo la morte ◀di▶ questo ; compagnia che va innanzi trionfalmente da sette anni.

Tutto questo passare per quasi quarant’anni da un ruolo all’altro, da una compagnia all’altra con vertiginosa rapidità, specie ne'primi tempi, dice chiaro quanta fosse la duttilità del suo ingegno, la sua dedizione intera, incondizionata all’arte, pur ◀di▶ fare ; e senza aspirazioni, pur ◀di▶ far bene, a toccar cime elevate, alle quali egli si trovò direi quasi senza saperlo, per una conseguenza logica del suo gran merito.
E la duttilità dell’ingegno egli ha mostrato fino a qui, e mostrerà pur sempre, passando maestrevolmente dalla vasta tragedia shakspeariana alla inguantata commedia ◀di▶ Dumas figlio ; dal fosco dramma nordico dell’Ibsen, dello Strindberg, del Hauptmann alla saltellante comicità del Goldoni ; dall’aurea scoltura della terzina dantesca alle mute contrazioni spasmodiche ◀di▶ Al Telefono ; imperocchè non una parte lo alletti più ◀di▶ un’altra ; e, purchè l’opera sia elevata e umana, egli abbia provato e provi egual godimento intellettuale recitando la tragedia o la commedia : Shakspeare o Beaumarchais. Senza una buona dizione non credo possibile grandezza ◀di▶ attore : e solidissima base della grande arte ◀di▶ Ermete Zacconi è stata dal suo cominciamento la dizione. Egli stesso era inconsapevole del raro tesoro che possedeva : se ne avvide una sera, in cui dovè ripiegar la parte lì per lì, ◀di▶ Cesare Amici nella Legge del Cuore ◀di▶ E. Dominici. A un dato momento egli sentì che il suo dire caldo, sincero, impulsivo aveva determinato tra lui e l’ascoltatore una specie ◀di▶ corrente elettrica, tal che alla fine della gran scena con Leonardo, il pubblico, rimasto fino a quell’ora immobile e muto in una religiosa attenzione, scoppiò in un grande e lungo applauso, a cui si congiunse il bravo alto e vivo dell’artista Papadopoli, il suo egregio compagno ◀di▶ scena. Da quella sera lo Zacconi ebbe coscienza della sua forza, e la visione chiara e precisa ◀di▶ quella specie ◀di▶ fascino che la sincerità e la verità possono operare sul pubblico. In Demi-monde, Amico delle Donne, Resa a discrezione, Tristi amori, sono scene e descrizioni e squarci che, detti da lui possono esser sempre citati come modelli ◀di▶ perfetta recitazione, benchè più volte la dizione si vada offuscando in un ingrassamento ◀di▶ note, che voglion taluni attribuire alla cupezza dei tipi nordici ch'egli da più anni interpreta con tanto fervore, e si potrebbe anche dire con gran preferenza sugli altri tipi. E qui vorrei aprire una parentesi. Che il pensiero ◀di▶ quei taluni sia esatto non oserei affermare, sebbene si possa concedere che l’elemento nordico entri per qualche cosa nella presente modulazion della voce con predominio ◀di▶ note cavernose, e nella presente interpretazione de'vari tipi con predominio ◀di▶ sfiaccolamento fisico. Altre e molte possono essere le cause che concorrono a tale alterazione : forse celate, forse anche opposte in tutto e per tutto a quelle che noi colla nostra gran presunzione ◀di▶ critici indagatori crediamo ◀di▶ conoscere. E prima ◀di▶ tutto : questa gran preferenza sugli altri tipi gli è venuta, come vorrebbero i più, dal dominio esercitato sul suo sistema nervoso dal personaggio ◀di▶ Osvaldo negli Spettri ◀di▶ Ibsen, il primo della specie ? O non piuttosto da una particolare attitudine, sviluppatasi a grado a grado, all’interpretazione del dramma interiore, anzichè del dramma ◀di▶ passione ? E l’alterazione non potrebbe attribuirsi meglio a una semplice cagione fisica, a un eccesso ◀di▶ fatica nell’uso quasi costante per lungo tempo ◀di▶ voci aspre e cupe a ritrar certi tipi ◀di▶ Pane altrui, La Potenza delle tenebre, Don Pietro Caruso, Padre, che agirono e agiscono come una lima sugli organi vocali ? O si dovrebbe attribuir forse al fatto che, quanto maggiormente egli si dà con l’andar degli anni e il crescer della rinomanza alla disanima profonda ◀di▶ un personaggio, tanto meno egli pensa al modo ◀di▶ esprimerla col cesello della parola ? Chiedete un po'a Ermete Zacconi qual metodo segua nello studio ◀di▶ una parte, e vi risponderà a un ◀di▶ presso così : « letto un lavoro che mi piaccia, esso resta nella mia mente, e mi segue costante come la larva del sole nella pupilla ; e, pur continuando l’opera mia consueta, provando altri lavori già vecchi, ragionando ◀di▶ cose estranee, passeggiando, mangiando, l’imagine della nuova commedia letta, e ch'io desidero ◀di▶ rappresentare, non esce mai dalla mia mente, e a poco a poco si disegna più chiara e decisa. Quando credo ◀di▶ averne afferrato l’idea fondamentale, vedo anche disegnarsi nettamente i singoli quadri che la compongono, agitarsi e vivere i personaggi. Quando sento ◀di▶ possedere il quadro e le singole parti, allora comincio le prove ; e man mano che queste si svolgono, mi rendo conto degli errori nei quali posso essere caduto, vedo con maggior precisione in qual giusta luce debba essere posto ciascun personaggio. Quando credo ◀di▶ aver tutto compreso, sospendo le prove e comincio ad imparare la mia parte, mandandola a memoria. Non studio mai ad alta voce. Quello che mi è accaduto prima per l’opera da interpretare, mi accade dopo per la parte che vi debbo sostenere. Una volta imparata, l’abbandono, e non la riprendo più ; ma mentre continuo ad occuparmi ◀di▶ altro, vedo sempre il mio personaggio, ne analizzo l’anima, il carattere, i sentimenti, a traverso le parole che io già so ; e quando credo ◀di▶ possederlo interamente, ◀di▶ sentirlo, ◀di▶ viverlo, riprendo le prove. Allora queste si svolgono rapide, ed i così detti effetti balzano fuori, non cercati e voluti, ma naturali e logici per lungo processo ◀di▶ preparazione. Ed è facile capire come con questo studio del personaggio non soltanto nei fatti che si svolgono, ma ben anco nelle parole con le quali si esprime, il colorito e l’efficacia della dizione sieno una conseguenza legittima dello studio complessivo e non uno studio a parte ». Non studio mai ad alta voce. È dunque possibile che taluna volta a lui accada per la parola quello che accade ad altri in genere per la musica, i quali mentalmente credono ◀di▶ ripetere con esattezza un motivo, e quando si provano ◀di▶ rifarlo colla voce, non azzeccano più le note ? Una piccola concessione oggi ne genera due o tre domani, e via ◀di▶ seguito, senza che l’artista non più se ne avveda. Così non altrimenti io mi spiegherei l’alterarsi della dizione in grandissimi artisti, come a esempio, l’Emanuel, che, coll’andar degli anni andava ognor più accentuando, nell’arte somma ◀di▶ concezione, una dizione affannosa, rantolosa, che i più giudicavano invecchiata, e io semplicemente trascurata. Ma, chiusa finalmente la parentesi, rieccoci al caro artista, che ci torna oggi (1904) dall’America, ove ha recato il prestigio dell’arte italiana.

E quale prestigio ! Di alcuni lavori, o ◀di▶ alcuni momenti de'varii lavori da lui rivelati, gli americani del sud, per quanto avesser letto su pei giornali, non avrebbero mai potuto farsi un’idea. Di quel famoso monologo, per un esempio, ◀di▶ Lorenzaccio, in cui egli medita e determina e assapora con voluttà bestiale l’uccisione ◀di▶ Alessandro ! Una linea ancora, e forse lo Zacconi toccherebbe il grottesco ; ma la linea non c’è, e invece del grottesco abbiamo il sublime e per concepimento artistico e per espressione…. Quelle ondate ◀di▶ respiro mal contenute a mostrare la gioia interiore ; il mal contenuto agitarsi delle braccia e delle gambe con selvaggia infantilità ; le sghignazzate sommesse, arrestate a un tratto da un volgersi guardingo e immediato…. Sublime ! E come avrebber potuto farsi un’idea dell’arte sua tutta suggestiva, o terrifica, o spasmodica, negli Spettri d’Ibsen, nel Pane altrui ◀di▶ Turguenieff, nel Nuovo Idolo ◀di▶ De Curel, nelle Anime solitarie ◀di▶ Hauptmann, nei Disonesti ◀di▶ Rovetta, nel Kean ◀di▶ Dumas, nel Don Pietro Caruso ◀di▶ Bracco, nella Morte civile ◀di▶ Giacometti, nell’Al Telefono ◀di▶ De Lorde ?
Come delle squisitezze ◀di▶ cesellamento nella Resa a discrezione ◀di▶ Giacosa, nell’Amico delle donne, nel Demi-monde e Padre prodigo ◀di▶ Dumas figlio, nel Duello ◀di▶ Ferrari ? Come dell’arte, tutta verità e modernità nell’Amleto e Otello e nella Bisbetica domata ◀di▶ Shakspeare ? Ermete Zacconi è soprattutto vero. Anche quando rappresenta grandi personaggi della Storia, anche quando la forma del lavoro è elevata, egli trova modo ◀di▶ arrotondare colla sua naturalezza, non mai volgare, ogni plastica angolosità, mostrando ◀di▶ seguire in questo metodo ◀di▶ studio per l’interpretazione e l’espressione Giovanni Emanuel, che, primo, recò sulla scena la tragedia shakspeariana, spoglia ◀di▶ tutti gli arredamenti decorativi con cui l’avevano data, con arte pur grandissima del resto, i suoi più celebrati predecessori. E però il pubblico che ben ricorda l’arte magistrale e novatrice dell’Emanuel, chiama questo volentieri maestro dello Zacconi, tanto più che, come accade il più spesso per ogni attor subalterno, egli, vivendo al fianco del grande artista, ne ritrasse, certo inconsapevolmente, alcune maniere e inflessioni. Se per maestro s’intenda solo, come deve intendersi, colui che, colla dedizione incondizionata all’arte, coll’alto rispetto del pubblico e ◀di▶ sè, collo studio profondissimo ◀di▶ sintesi e ◀di▶ analisi, trasfonde nell’animo altrui la fiamma sacra, certo l’Emanuel fu maestro dello Zacconi. Che se poi per maestro si volesse intendere colui dal quale si succhia e il metodo dello studio, e il fondo dell’interpretazione, e le originalità della dizione, allora certo lo Zacconi rigetterebbe il giudizio, come de'più erronei. Egli aveva già 27 anni, quando entrò nella Compagnia dell’Emanuel, e lo intese per la prima volta. La sua tempra d’artista e il modo ◀di▶ comprendere e ◀di▶ estrinsecare l’obbiettivo e l’ideale artistico, erano in lui già così nettamente fissati, che no avrebber potuto mutare a un tratto, e a quella età, sotto l’influenza d’un’altra arte, per grande ch'ella si fosse. Anzi : ammiratore convinto dell’intelligenza grandissima e del genio dell’Emanuel, spesse volte egli avrà dovuto dissentire da lui, metodico per eccellenza, sui diversi modi ◀di▶ estrinsecazione. Che vuol dire mai questo circoscrivere l’arte a un tale o tal altro sacerdote ? Che in arte vi sia chi impotente a far del suo, cammina servilmente sull’orme altrui, è indiscutibile : ma quegli non è più artista ; è semplicemente attore. Come avrebbe potuto diventar lo Zacconi scolaro dell’Emanuel, se uguale ammirazione aveva per la forza comprensiva e l’arte profonda e cosciente ◀di▶ questo, per gli scatti passionali del Majeroni, per la sincerità quasi dialettale ◀di▶ Papadopoli, pel dire intelligente e affascinante del Cappelli, per altro ◀di▶ altri ? Come avrebbe potuto, egli, così ricco d’intuito artistico, riproduttor della vita sulla scena fin da giovinetto, staccarsi per sentimento d’imitazione da quella sua espressione d’arte, che amava profondamente, perchè espressione del suo cuore e del suo pensiero ?

Dunque niente maestri nè teorici nè pratici. I maestri, nel senso ◀di▶ fabbricatori ◀di▶ artisti, non sono mai stati e non saranno mai, perchè l’ingegno e il sentimento non li dà l’uomo. In arte non possono essere che delle guide, le quali con l’esempio e la parola additino all’attore la via diritta dello studio. Sarebbe lo stesso come dire lo Zacconi scolaro ◀di▶ tutti gli ammalati e i moribondi che osservò negli ospedali per raccogliere sinteticamente in una semplice linea tutta l’analisi fatta su quelle contrazioni facciali lente e spasmodiche, che generaron poi una polemica su pei giornali a proposito dello spegnersi ◀di▶ Corrado nella Morte civile ◀di▶ Giacometti : polemica ◀di▶ cui forse una parte del pubblico avrebbe fatto a meno volentieri, tanto più ch'essa era aperta fra il glorioso decano de'nostri artisti, Tommaso Salvini, che fu per quarant’anni il rappresentante del classicismo a teatro, e lui, rappresentante da un decennio del verismo : l’arte vecchia, non mai interamente scomparsa, e che va rifacendo capolino oggi nel rinnovamento del dramma storico, e l’arte nuova, che va già cennando a modificarsi. Niente vi deve essere ◀di▶ più sintetico, ◀di▶ più artisticamente teatrale dello spasimo dell’agonia, e delle malattie in genere, sul teatro. Se lo Zacconi, studioso e scrupoloso all’eccesso (anche per ciò l’Emanuel aveva già dato un esempio colla riproduzione maravigliosa ◀di▶ una morte ◀di▶ delirium tremens nell’Assommoir ◀di▶ Zola), afferma ◀di▶ avere frequentato giovanissimo a scopo ◀di▶ studio manicomi, ospedali, cliniche e reclusori, perchè non dovremmo noi credergli ? E perchè non credergli quand’egli afferma ◀di▶ avere letto Descuret, Charcot, Lombroso, Ferri ed altri ? E perchè non, ancora, quand’egli afferma ◀di▶ sapere le ragioni scientifiche ◀di▶ quanto ha osservato, e, nella riproduzione dell’essere normale e anormale, ◀di▶ non compiere un movimento muscolare e nervoso, senza conoscerne le origini generatrici ?
Se lo Zacconi affermasse che oggi, tempo ◀di▶ troppo sapere, un artista coscienzioso non può permettersi il lusso ◀di▶ morire a soggetto, ◀di▶ spasimare genialmente, avrebbe, nel fondo, tutte le ragioni. D'altra parte, capisco, ecco subito riaffacciarsi quella benedetta faccenda della teatralità, che si vorrebbe, non so con quanto criterio, sbandire dal teatro, fatto tutto ◀di▶ convenzioni : chi dovrebbe giudicare della genialità o realità ◀di▶ quegli spasimi ? Il pubblico, o gli scienziati facenti parte, per un caso, del pubblico ? Io credo il pubblico ; il quale, o genialità o realità, dee volere soprattutto dell’arte pura. Tuttavia (e qui non voglio toccar la quistione della logica nel genere ◀di▶ morte ◀di▶ Corrado), se artista sommo ci è apparso fino a ieri Tommaso Salvini, e artista sommo ci appare oggi il siciliano Giovanni Grasso, il quale sa ◀di▶ ospedali e ◀di▶ morti, quant’io ◀di▶ meccanica, grandissima lode va data allo Zacconi, se all’entusiasmo della moltitudine vuole anche congiunta la sapiente ammirazione dello scienziato.
A voler dare in luce i giudizi dell’Italia e ◀di▶ fuori su Ermete Zacconi ci sarebbe da fare un grosso volume. A lui sono stati decretati a ogni nuova interpretazione gli onori del trionfo ; e il pubblico ricorda ancora, fra tanti, il godimento intellettuale provato, quando egli, al fianco ◀di▶ Eleonora Duse, apparve sotto le spoglie ◀di▶ Lucio Settala nella Gioconda e ◀di▶ Leonardo nella Città morta ◀di▶ Gabriele D'Annunzio. Non vi fu città, si può dire, nostra o forestiera, in cui l’estro poetico, non si risvergliasse a dir le sue lodi : tra i tanti versi (ve n’han già dell’83, quand’egli era al Pantera ◀di▶ Lucca, presagenti la gloria futura) scelgo questi ◀di▶ Achille Testoni, dettati l’ottobre del '95 quando al grande attore drammatico | vanto dell’arte italiana | il pubblico modenese | l’entusiasmo più alto e sincero | addimostrava.
O DIVA ARTE….
Tu, che dell’alma il bujo nembo sperdi,O bellissima Iddia,A noi torna benigna e l’arsa viaAl tuo sole rinverdi !Ecco, tu appari con le scinte chiomeTra un velo luminoso,Ed è a te volto l’occhio desïoso,È sul labbro il tuo nome.Ecco, a te intorno un dolce alito spiraChe il bel volto accarezza,E l’alma nostra in fremiti d’ebbrezzaTe, o divina, sospira !O divina Arte, al vivere fecondoNoi, sfiduciata gente,Infiamma. Solo al bacio tuo possenteSi rinnovella il mondo !
E nullameno, davanti la grandezza dell’arte sua, l’entusiasmo ch'egli suscita nelle platee, le acclamazioni più vive, quasi forsennate che riceve ogni sera, e diciam pur anche davanti i suoi guadagni che gli concedon oggi più che l’agiatezza, egli ha serbato intatta una famigliarità ◀di▶ modi particolare. Nulla mai in lui che riveli l’artista, e soprattutto il grande artista, fuorchè il segno naturale della modestia, dell’affabilità, della bontà.
Quando in estate, nei mesi ◀di▶ riposo, può con una maglietta nera, coi calzoni rimboccati, colle braccia nude e un berrettuccio in testa, infilare il bracciale da pallone, o inforcar la bicicletta, o guidar l’automobile fuor delle mura ◀di▶ Bologna, presso la sua cara villetta, o in riva al gran mare, egli è a nozze ; e un bel sorriso sano gli risiede sulla bocca, spianando tutte le rughe degli Osvaldi, dei Corradi, degli Otelli….
Zagnoli Carlo. Fiorito sul finire del secolo xvii, fu attore al servizio del Duca ◀di▶ Modena per le parti ◀di▶ Primo Zanni, sotto il nome ◀di▶ Finocchio (V. a Torri Antonia l’elenco della Compagnia pel 1689) ; ma non aveva la parte, ossia era attore pagato a un tanto fisso.
Il nome ◀di▶ Finocchio fu tenuto prima dal ferrarese Cimadori (V.), e forse fu maschera (in una lieve variazion ◀di▶ brighella, capostipite della famiglia de'primi Zanni) con atti e parlare leziosi ; ma non saprei dire se il significato ◀di▶ « allettamento, attrattiva prodotta dal sapere usare le piacevolezze, i motti, sali, ecc., » poi ◀di effeminatezza e peggio, derivi dalla maschera, o questa da esso.