Checchi-Bozzo Amalia. Se Tebaldo e Luigi Checchi non riuscirono a lasciar traccia di▶ sè nella storia del teatro, unitisi in matrimonio, ebbero molti figli che furon, le femmine specialmente, ornamento e decoro dell’arte per chiare attitudini, per molta intelligenza, per venustà ◀di▶ forme e piacevolezza ◀di▶ volto singolarissime.
Dal figlio Luigi nacque Tebaldo, Michele, Amalia e Giulia. Quello, generico primario assai pregiato per correttezza ◀di▶ dizione, per aristocrazia ◀di▶ modi, per intelligenza e coltura non comuni, fu poi marito ◀di▶ Eleonora Duse, dalla quale separato, si allontanò dall’arte, per darsi alla vita politica e alla diplomazia, in cui fece ottima prova. Michele si diede alla milizia, e Giulia, seconda moglie ◀di▶ Angelo Zoppetti, fu una vezzosa e cara amorosa prima, e seconda donna poi nelle compagnie nostre ◀di▶ maggior conto. Di Amalia, che divenne poi la moglie del brillante Antonio Bozzo, dovrò dire più distesamente.
Essa, come l’Adelia Arrivabene, apparve nell’orizzonte artistico, e vanì d’un tratto come una meteora. Aveva dato tante speranze ◀di▶ sè ! Firenze specialmente l’aveva battezzata una delle più chiare promesse dell’arte, quando si mostrò nel 1871 quasi esordiente sulle scene del Niccolini a fianco della Pezzana, ◀di▶ Monti, ◀di▶ Privato. E la promessa fu tenuta largamente, quando sei anni più tardi nella terza Compagnia ◀di▶ Bellotti-Bon, capitanata da Cesare Rossi, l’Amalia Checchi si presentò prima attrice assoluta, piacendo sempre, talora fanatizzando come nel Vero Blasone ◀di▶ Gherardi del Testa, e nella Dora, ch’ella creò, e che fu una vera e propria rivelazione. La sera, dopo la prima rappresentazione, Yorick scriveva ◀di▶ lei nella Nazione :

La signora Checchi-Bozzo ci riempi tutti ◀di▶ stupore. Nessuno si sarebbe aspettato da lei giovane, da lei nuova, da lei inesperta, tanta perfezione ◀di▶ giuoco, tanto acume d’intelligenza, tanta padronanza ◀di▶ scena, tanta forza ◀di▶ passione, tanta verità e tanta furberia, tanta dignità e tanta grazia, tanta sobrietà e tanta forza, quanta ne sfoggiò per ritrarre con arte stupenda il personaggio ◀di▶ Dora. Quando, alla fine del quarto atto il pubblico plaudente la volle salutare cinque volte alla ribalta, il pubblico si rammentò che era suonata mezzanotte, altrimenti avrebbe durato ad applaudire un’altra mezz’ora.
E tanta esuberanza ◀di▶ gioventù, ◀di▶ forza, ◀di▶ intelligenza, dovè sfasciarsi sotto il colpo improvviso e terribile ◀di▶ una malattia che la condusse in pochi dì al sepolcro, proprio nel momento in cui al fianco ◀di▶ Tommaso Salvini si faceva ammirare e applaudire in su le scene del Teatro Italiano ◀di Parigi. Povera attrice !… Il martedì 20 gennaio del 1878, rendeva l’anima al Signore, e il dì dopo fu condotta a Père Lachaise, con modesto, ahi troppo modesto trasporto, al quale, oltre a’pochi intimi amici, appena intervennero il Vitu e il D’Harcourt del Figaro, e la signorina Rousseil, unica fra le attrici parigine – scrisse l’Yorick – che stimasse suo dovere rendere quest’ultimo omaggio alla compianta consorella.