Papadopoli Antonio. Nato a Zara il 17 aprile 1815 da Costantino Papadopolo, marinaro, poi caffettiere, e da Giovanna Foscari, si diede al teatro dopo due anni di▶ ginnasio, e due d’impiegato all’ Uffizio ◀di▶ Sanità della Dogana, esordendo il '32 in Compagnia Bon Martini, prima come segretario, poi come attore nel Naufragio felice dello stesso Bon Martini, pel quale s’ebbe dal capocomico non pochi incoraggiamenti. Restò con lui sette anni, interrotti nel '36 per pochi mesi, durante i quali si unì alla Compagnia Colli, delle infime d’allora, in qualità ◀di▶ primo amoroso, riuscendo il più cane ◀di▶ tutti gli attori. Sulla fine ◀di▶ ottobre entrò in Compagnia Cavicchi e Bertotti diretta da Domenico Verzura, padre nobile, dal quale il Papadopoli si ebbe la sua prima e salda educazione artistica. Si scritturò il '40 col celebre Vestri, che divinò in lui l’attore caratterista. In fatti in questo ruolo esordì il '47 colla Fusarini, passando poi socio con Lottini il '48 e '49, a fianco della Nardi prima attrice e della Cazzola amorosa, con cui si trovò, sciolta la società, nella Compagnia ◀di▶ Antonio Giardini. Prese, ne l '54, il posto ◀di▶ Luigi Bonazzi nella Compagnia Lombarda, ammiratissimo dovunque, specialmente per la spontaneità e la verità della dizione che furon sempre le principali qualità dell’arte sua. Fu poi dal '60 all’ '80 in quasi tutte le compagnie d’Italia, vuoi ◀di▶ primo, vuoi d’infimo ordine. Tentò a Firenze la maschera ◀di▶ Stenterello, ma fu accolto a fischi ; nella Suor Teresa del Camoletti, per mancanza d’un’ attrice, sostenne la parte ◀di▶ Suor Giuseppa. Non troppo ◀di▶ notevole abbiam nella vita artistica del Papadopoli. Anche vi ebbe chi non riconobbe la grandezza dell’arte in lui, come quegli che non lasciò alcuna ◀di▶ quelle creazioni che eternan la rinomanza ◀di▶ un artista. Ma se creazioni tipiche nello stretto senso della parola non vi furono (nella recitazione del Papadopoli non era celato lo studio, ma, al dire ◀di▶ più contemporanei non era studio affatto), tutti i suoi personaggi acquistaron tale apparenza ◀di▶ realtà, che non era possibile il desiderar ◀di▶ più. Nè si fermò egli a un tipo unico : il suo repertorio fu de'più vasti e de'più svariati : ne furono il fondamento Michele Perrin, Il Sindaco Babbeo, Il Bugiardo, Il Burbero benefico. La Locandiera, Il Ludro, La gerla ◀di▶ Papà Martin, L'inquisizione ◀di▶ Spagna, L'Ajo nell’ imbarazzo, Il Barbiere ◀di▶ Gheldria e altro ; e il Tommaseo disse ◀di▶ Papadopoli che con un cenno rendeva un carattere, con una modulaziane ◀di▶ voce avviava una scena. Alle severità della critica odierna, Antonio Cervi, dal cui opuscolo (Bologna '96) ho tratto in parte questi cenni, contrapponeva queste parole ◀di▶ Alamanno Morelli : « Io che ho saputo contraffare le varie interpretazioni ◀di▶ tutti i più grandi artisti, non sono riuscito mai a contraffare quelle del Papadopoli, tanto esse erano naturali e semplici, e ◀di▶ una meravigliosa efficacia. » Come uomo, egli si formò una travagliosa vecchiaja, confortata a pena da qualche sussidio strappato ai colleghi doviziosi, o che gli eran stati compagni, o che sentivan pietà della miseria sua.

Se molto bene egli fece altrui (il beneficio è più presto scordato) molto male egli fece a sè ; e questo il mondo dell’arte non gli ha perdonato. Simile al suo predecessore della Commedia italiana a Parigi, Antonio Camerani, egli mangiò tutto quanto guadagnò, e più volte anche, non pago, mangiò a credenza. Con la propria coscienza egli potè transigere attenuando le decadi, e tal volta anche impegnando i cassoni de' comici inconsapevoli ; ma non mai con la tavola e con la gola : e si racconta che dopo una recita all’Argentina ◀di▶ Roma, una delle tante ◀di▶ addio, ch'egli era costretto a fare, dicean le gazzette, per trascinar meno peggio la vita travagliatissima, convitò tutti coloro che preser parte alla recita, dando fondo, in una gustosa cenetta, alle duecento lire che avea guadagnate nette per sè. Altra volta mise in tavola, come antipasto, ottanta lire ◀di▶ affettato ; altra ancora, de'petti ◀di▶ tordo per sessanta persone. Di lui si ha un libretto, e qui anche torna a mente il Camerani, intitolato Gastronomia Sperimentale (Zara, 1886), in cui sono le norme particolareggiate per allestire una buona serie ◀di▶ piatti dolci e ◀di▶ piatti ◀di▶ famiglia. Lo sciagurato vecchio è morto a Verona la mattina del 21 ottobre 1899. Avea sposato una Giuditta Girometti, mortagli il 2 novembre 1872 a Milano, mentr' era con Alessandro Salvini e Cesare Vitaliani. Di lui lasciò scritto Ernesto Rossi (op. cit., 164), come contrapposto alle tante accuse : « In questo lasso ◀di▶ tempo furono aggregati alla mia Compagnia la signora Santoni, la signora Baracani e Papadopoli, da tutti proclamato irrequieto, stravagante ◀di carattere, sregolato negli interessi, e da me rinvenuto buono, compiacente, e persino economo e parco nel cibo, che è tutto dire…. »