Parrino Domenico Antonio, napolitano. È ben poco ciò che lasciò scritto Fr. Bartoli di▶ questo comico egregio per le parti d’ innamorato, sotto nome ◀di▶ Florindo, e non meno egregio istoriografo della sua patria. L'opera : Teatro eroico e politico del governo de' Vicerè del Regno ◀di▶ Napoli dal Tempo del Re Ferdinando il Cattolico fino al presente, pubblicata a Napoli il 1692, ebbe l’onore ◀di▶ due ristampe, ch'io sappia, l’una del Gravier nel 1770, l’altra del Lombardi nel 1875. A questa aggiungiamo le Memorie delle notizie più vere, e cose più notabili e degne da sapersi, accadute nella feliciss. entrata delle sempre gloriose Truppe Cesaree nel Regno, ed in questa Città ◀di▶ Napoli, pubblicata dall’ autore il 1708, in 12° ; e la Guida de' Forestieri per la Città ◀di▶ Napoli, stampata il 1725. Il 1675 aveva stampata a Napoli con la data ◀di▶ Venezia una commedia tradotta dallo spagnuolo da altro comico : Amare e fingere, che fu poi ristampata davvero a Venezia, e più tardi a Bologna. Il Bartoli lo dice Comico al servizio ◀di▶ S. M. la Regina ◀di▶ Svezia, e chiude il suo breve cenno facendolo morire intorno all’anno 1730.
Nell’Archivio ◀di▶ Modena giacciono, tra l’altre, inedite alcune lettere ◀di▶ lui, o lui concernenti, dalle quali possiamo avere qualche notizia sicura sull’arte sua e sulla sua vita ◀di▶ comico. Il 1675 arrivò a Mantova da Napoli, comico del Duca ◀di▶ Modena, come abbiamo da una lettera ◀di▶ Alfonso d’Este, il quale chiamandolo principal parte della Compagnia e che si è strecto con promesse ◀di▶ Regalarlo bene, propone a quel Duca non gli si dien meno ◀di▶ 25 dopie, essendo questo un huomo che à testa. L'elenco della compagnia del 1675, in cui Parrino è detto Pannini per errore, è dato al nome ◀di▶ Areliari Teodora. Anche il 9 aprile del '76, il Duca ◀di▶ Mantova ringraziava quello ◀di▶ Modena dell’avergli ceduto Florindo pel futuro carnevale ; e promette ◀di▶ proteggerlo in riguardo dell’efficaci raccomandationi che Sua Altezza à ◀di▶ lui prò gl’ingiungeva : e il 29 marzo '77 lo rimanda a Modena, con grandi elogi all’ artista per le recite ◀di▶ Venezia e per quelle ◀di▶ Mantova.
Il 7 giugno '77 da Genova scrive distesamente al Duca ◀di▶ una aggressione a mano armata per opera ◀di▶ certo Filippo Castellano ◀di▶ Napoli, che n’ebbe mandato da cotal feudatario ◀di▶ Monferrato, il quale a sua volta avrebbe agito d’ordine del Duca ◀di▶ Mantova in persona, indignato contro Florindo che ricusò ◀di▶ servilo, allegando in iscusa il suo prossimo ritorno in patria, e passando invece al servizio del Duca ◀di▶ Modena. Del 15 agosto 1677 abbiamo una lettera del Dottore Gio. Antonio Lolli, nella quale si accenna ad un inganno ◀di▶ Florindo, che non lo mostrerebbe, a dir vero, uno stinco ◀di▶ santo. Egli mandava a richiedere col mezzo d’un cavaliere e d’una lettera le sue cinque casse già pervenute a Verona, ove doveva recitare nella compagnia del Duca ◀di▶ Mantova, e dal Lolli ritirate. Il cavaliere, avute le casse, richiese il Lolli della lettera per vedere, diceva, se il numero e la specie ◀di▶ esse corrispondevano alla descrizione fattane da Florindo ; e datagliela il Lolli in buona fede, quegli se la ritenne, e non volle a niun patto restituirla. Sembra poi da una lettera ◀di▶ certo Capello dell’ 8 dicembre al Duca ◀di▶ Modena, che fra le casse ◀di▶ Florindo ne fosse una ◀di▶ Finocchio, data in errore, e che non gli era possibile recuperare, perchè andata in mano d’altri. Ma Florindo scrive da Mantova il 23 agosto : « le mie Robbe consistenti in cinque casse, per un ordine fattomi fare ad un de' miei compagni a Verona, sono state consegnate non so a chi, mentre nell’ ordine s’esprimeva che si dassero al Cav.re che lo hauesse presentato. Mi persuado però che siano ancora in quella città, mentre non ne tengo altra notizia. » E si raccomanda vivamente al Duca, perchè componga la faccenda. Ma pare che il Duca ◀di▶ Mantova l’avesse davvero a morte col pover' uomo, il quale per non commessi delitti fece rinchiudere in una prigione, riuscendo vane per liberarnelo le intercessioni ◀di▶ Altezze e Potentati. Privo della libertà, fatto inabile al lavoro, privo fin anche delle robbe, frutto ◀di▶ tant’anni ◀di▶ fatiche, non ha più scampo ormai che nella morte. Ma neanch'essa lo soccorre. Ultima delle lettere in cui son descritti gli sciagurati accidenti, è quella del 21 ottobre 1678, interessantissima, che riferisco intera :
Il mio fiero destino mi riduce agl’estremi, mentre doppo una si lunga serie ◀di▶ disgrazie, e miserie, più fiero, et implacabile, che mai si fa conoscere.
Mercordì dunque ◀di▶ notte, accompagnato da 5 huomini armati, trè delle guardie, e due della Casa del mio hospite, fui d’improuiso condotto fuori ◀di▶ Mantoua, doue fui costretto lasciare il resto delle mie poche Robbe (mentre degl’Abiti è un pezzo che sono priuo) et un mio Nipote febricitante, quale della Patria fortiuamente uenne à ritrouarmi per darmi parte dell’ultimo esterminio ◀di▶ mia Casa ; e li detti huomeni mi conducono per certo nel Castello ◀di▶ Casale ; se bene nel partire mio da Mantoua mi fecero credere ◀di▶ incaminarmi alla Patria con intiera libertà.
Pur consideri pietosamente la Paternità Sua Molto Reu.ª, qual sia il mio stato infelice. Il Giouine, ch' assisteua al mio negozio ◀di▶ libri ; doppo hauere pagato ◀di▶ mano propria molti mesi del suo salario ; se n’ è d’improuiso fuggito in Messina in una Naue Inglese, portandosi uia tutto il buon della Bottega. Due fanciulle mie Nipoti da marito, se ne stanno in Casa de miei Padregni, con poca pace, et è facile, ch' un giorno ne siano scacciate per la mia absenza. Appresso ◀di▶ me non ho nulla ; ne mai ho ueduto in tanti mesi, toltone il Vitto, un soldo solo per riparare all’altre cotidiane mie necessità ; onde non mi auanza altro, che una misera, e mal condotta uita, essendo per tanti guai, peggio, che morte ; e Dio sà quello sarà ◀di▶ mè, doppo, che mi haueranno posto nel sudetto Castello. Eccomi pertanto tutto lacrime à piedi della Paternità Sua Molto Reverenda à supplicarla per amor ◀di▶ Dio à uoler fare quelle parti ◀di▶ pietà, che le pareranno più proprie, appresso cotesto clementissimo Padrone, perche dall’abisso ◀di▶ tante miserie, e calamità mi aiuti à sottrarne. Sono ridotto in mendicità estrema, e senza quel poco, che haueuo riseruato per la mia Vecchiaia alla Patria, per causa, non dico già della prontezza del mio obedire gl’altrui sourani comandi ; ma per i miei peccati chiedo pietà, e sollieuo, quale spero dalla generosa benignità ◀di▶ un tanto Principe, per mezzo dell’efficacissimi offizii della Paternità Sua molto Reuerenda. Non fò poco à scriuere queste due righe ◀di▶ fretta qui in Cremona, in doue passo costandomi più oro, che inchiostro ; si compiaccia far le mie parti con il S.r Ecc.mo e con il S.r C. Ronchi ; e per mezzo ◀di▶ qualche Religioso, mi facci penetrare à Casale sudetto qualche speranza e conforto, per non farmi morir disperato ; che se non fusse per la salute dell’anima ; à quest’ora mi sarei tratto fuori ◀di▶ tutti gl’affanni.
Mi è fuggito il poco ◀di▶ tempo che haueuo : me le raccomando per le uiscere ◀di▶ Maria Vergine, e le faccio profondissima riuerenza restandole pieno
Il giugno dell’ '80 partì da Modena, e giunse dopo ventidue giorni a Napoli, d’onde scrisse al Duca mandandogli una descrizione in versi del suo viaggio, non rinvenuta nel carteggio. Annuncia il gran disordine trovato ne'suoi interessi, che muove alle lagrime gli stessi nemici ; ci vorran parecchi anni per saldar tutte le piaghe ; ma intanto, promettendo ◀di▶ essere l’ottobre a Modena, come da contratto, si raccomanda alla munificenza ◀di▶ S. A. perchè voglia soccorrerlo nel prossimo viaggio. Finito il carnovale a Modena, Florindo si restituì in patria, e il Duca lo raccomandò con ogni larghezza, il 3 marzo 1681, a Francesco Magnacavallo suo Agente a Napoli e al fratello ◀di▶ lui Ortensio, dei quali Florindo ebbe sempre a lodarsi. L' '83 egli chiedeva al Duca una lettera ◀di▶ raccomandazione diretta al Vicerè ◀di▶ Napoli, che subito ottenne. Il 28 ◀di▶ dicembre dell»86, augura da Napoli al Duca il buon capodanno, e ci apprende che ha già abbandonata l’arte comica : io, che a piedi dell’ Altezza Vostra sacrificai gli ultimi sudori de' Teatri, spogliandomi affatto del laborioso coturno ; mi fo lecito hora comparirle colla douuta deuozione auanti ricouerto solo della liurea d’un ossequiosissima osservanza per presentare a V. A. i Voti, ecc., ecc. Il 25 febbraio dell’ '87 manda al Duca i suoi devoti mirallegri per la favorevole impressione da lui lasciata alla Corte e in tutta Napoli, e il primo ◀di▶ marzo il ben tornato a Modena, raccomandandoglisi vivamente per ottenere a un congiunto dottore la provvista d’un governo, per la quale ebbe a scrivere parecchie lettere. Altre molte ne abbiamo insignificanti ◀di▶ augurio, o ◀di▶ congratulazione, o ◀di▶ raccomandazione, o d’invio ◀di▶ doni : talvolta ◀di▶ una cartella miniata superbamente da grande artista ◀di▶ passaggio in Napoli, tal altra della pianta e relazione ◀di▶ feste, tal altra ancora del Teatro Eroico de' Vicerè. Di più, l’Archivio ◀di▶ Modena conserva un sonetto, che qui riferisco, e che ci dà un saggio dello scrivere ◀di▶ questo artista letterato.
La lode degnissima | Ossequioso Tributo all’Eccelsa Grandezza | dell’Altezza Ser.ma ◀di▶ Francesco d’Este Duca | ◀di▶ Modona Reggio etc. | Cesare Augusto del nostro secolo.
SONETTO
Trattò Cesare il brando, à cui soggiacqueD'Ibero il Rio, co' gli erti Sassi Alpini :E de l’Ibernia, à cui fan mura l’acque,Fur tributarij, e riuerenti i Pini.Trattò penna erudita, e sol gli piacqueVsar tratti magnanimi e diuini.Quindi al facondo dir Roma si tacque,Così fece ammirar nel Ciel la Luna,Cosi fece stupire il Gang e' il Tago,E la Ruota spezzare à la Fortuna.L'Opre d’Augusto, e le Virtudi in una :Di Francesco à mirar uenga l’Immago.
Nuoua testimoniansa del profond. mo ossequio ◀di Dom. co Ant. º Parrino.