Pelzet Maddalena. Nacque a Firenze da uno scorticatore di▶ agnelli, Gaetano Signorini, e da Porzia Piccardi, il 21 febbraio del 1801. A dodici anni entrò nell’Accademia ◀di▶ Belle Arti, sotto gl’insegnamenti del rinomato attore Morrocchesi, e a quindici a pena si recò a Palermo prima attrice giovine della Compagnia Zannoni e Pinotti, ove sposò il suo condiscepolo e concittadino Ferdinando Pelzet, giovane ◀di▶ eletti studi e ◀di▶ forte intelligenza, salito poi a bella rinomanza più tosto come istruttore drammatico, che come attore. Era nato il 1791, morì il 1881.
Dopo essere stata alcun tempo prima attrice a Roma con Vestri e Belli-Blanes, tornò, il’ 18, a Firenze, ove diventò primo ornamento della nuova Compagnia Nazionale Toscana. La vediamo il '22-'23 con Assunta Perotti e Luigi Fini ; poi, per un triennio, nella ducale ◀di▶ Parma, capocomico il Mascherpa. Fu con Raftopulo il’ 27, e con Rizzo il '28, per tornar poi col Mascherpa sino a tutto il '31.
Formò società il triennio seguente con Luigi Domeniconi, poi andò a riposare un anno a Firenze, per non abbandonar lo sposo, colpito da fiera malattia. Tornò un nuovo triennio col Da Rizzo ; e si scritturò il '40-'41-'42 a' Fiorentini ◀di▶ Napoli nella Compagnia Alberti, Visetti e Prepiani ; ma non vi restò che il primo anno, per malaugurato e preparato insuccesso. Fu infine, per due anni, nella seconda del Domeniconi, condotta da Gaetano Coltellini, e diretta da Antonio Colomberti, in qualità ◀di▶ Prima attrice tragica, e Madre nobile, dalla quale passò a Firenze, ove stette, fuor dell’arte, sino alla morte, che avvenne per idropisia l’8 novembre del 1854.

Di lei dissero Cesare Scartabelli nella Polimazia, e Francesco Regli nel suo dizionario. Molti eletti ingegni dettarono poesie ed epigrafi ◀di▶ alta ammirazione, ◀di▶ cui metto un piccol saggio alla fine. Ma quel che fu la Pelzet si vede più chiaramente dalle lettere sue al Niccolini e del Niccolini a lei. Queste pubblicate, parte da Atto Vannucci nel secondo volume dei Ricordi ◀di▶ G. B. Niccolini e parte da Giulio Piccini (Jarro) in un opuscoletto ◀di▶ soli quarantacinque esemplari, nell’occasione delle Nozze Ridolfi-Borgnini : quelle da Filippo Orlando nella prima serie de' Carteggi italiani inediti o rari.
In un momento ◀di▶ stizza, il Niccolini (la Pelzet, ◀di▶ passaggio a Firenze, vi s’era fermata da tutta una mattina fin verso le tre pomeridiane, facendogli credere invece, che avrebbe proseguito il viaggio) le scrive :
Voi conoscete troppo la mia onestà e la mia sincera ed altissima stima pei vostri rari talenti nell’arte per temere che in me venga meno l’ammirazione che riscotete da tutta l’Italia. Io dirò sempre che siete una moglie virtuosa e una grande attrice.
E chiude così la stessa lettera :
Non temete ch' io venga ad annoiarvi quando passerete per Firenze : ma per la rara abilità della signora Maddalena Pelzet attrice sarà sempre pieno ◀di▶ ammirazione il suo dev.mo servo G. B. Niccolini.
E in altre ancora :
….. Io godo della vostra riputazione più che della mia : avete il suffragio dell’Italia, e voi non avete bisogno ◀di▶ me per avere un gran nome nell’arte vostra, pure non ho desiderato essere un buon tragico quanto adesso che conosco andare in voi le doti dell’animo del pari con quelle dell’ingegno.
….. in voi è tanta l’abilità e l’eccellenza nell’arte, che non avete bisogno d’esser protetta :
….. state dunque certa che io godo della vostra gloria come se fosse cosa mia, e mi piace che abbiate nell’arte quel primo seggio che tenete nel mio core, e nei miei pensieri. Quanto a me che, come sapete, vi amo d’un purissimo affetto, io sento che, per giungere dove io vorrei, mi mancano le forze : e sinceramente vi dico che siete più innanzi nella vostra arte ◀di▶ quello ch'io sia e possa esserlo nella mia.
….. Voi avete per voi il suffragio d’Italia : io che sono l’ultimo dei suoi scrittori, riconosco intieramente da voi la fortuna delle mie tragedie, ed è impossibile far meglio la parte ◀di▶ Teresa.
Un po' ◀di▶ tara dobbiamo fare alle lodi del Niccolini, il quale, con la debolezza ◀di▶ quasi tutti gli autori ◀di▶ teatro, ha lodi per gli artisti che han fatto piacere l’opera sua. A pochi anni ◀di▶ distanza, dopo ◀di▶ avere scritto a essa Pelzet : « non vi faccia specie se (l’Internari) avrà qui quell’applauso che giustamente le nega Bologna. Non è fiorentina e ne diranno bene per far male a voi…. », scriveva all’Internari : « siete senza contrasto la prima attrice tragica d’Italia ; » e per lo contrario dichiara la Santoni, che non ebbe un applauso nel Foscarini, incapace ◀di▶ recitar tragedie e commedie, e le scaglia contro la più volgare delle offese. Ma giudizi abbiamo ◀di▶ attori, i quali, nelle condizioni in cui furon dettati, paiono a me assai meno sospetti. Il Colomberti, per un esempio, suo direttore, ◀di▶ cui la Pelzet in una lettera al Niccolini del 27 luglio '43 da Bologna, dice ogni male possibile, perchè, essendo inabile a recitar la tragedia, la vuol bandita dal repertorio, e lascia lei, scritturata prima attrice tragica, inoperosa, lasciò scritto ch'ella « fu una delle migliori attrici della sua epoca, abilissima in ogni genere ◀di▶ rappresentazioni tragiche, drammatiche e comiche. »
S'è detto, più a dietro, che la Pelzet non restò a' Fiorentini ◀di▶ Napoli che uno de'tre anni, pei quali fu scritturata. Adamo Alberti così ci racconta ne'suoi Quarant’anni ◀di▶ Storia del Teatro de' Fiorentini ◀di▶ Napoli, l’esordire ◀di▶ lei :
L'ultima a presentarsi fu la signora Pelzet. Ella esordi il giorno 14 maggio (1840) col dramma tradotto dal francese intitolato Sedici anni or sono. Il dramma era stato da poco rappresentato dalla signora Tessari con esito felicissimo. La signora Pelzet era venuta a Napoli con molte lettere ◀di▶ raccomandazione dirette a persone stimabili ed influenti. La sera del debutto erano tutti in teatro, per cui la produzione fu molto applaudita, ma la signora Pelzet non persuase la maggioranza degli appaltati. Si trovò prima ◀di▶ tutto che era vecchia (non ancor quarant’anni ?), poi che era manierata, ed in ultimo che faceva pompa ◀di▶ una pronunzia eccessivamente fiorentina, lochè diveniva stucchevole e nojoso. Infine non fu nè un successo, nè un fiasco, si sostenne ma nulla ◀di▶ più.
E più innanzi :
La Pelzet andava ogni giorno decadendo dal favore ricevuto nel suo debutto. L'Impresa per sostenerla le fece rappresentare alcune tragedie da lei scelte, come la Rosmunda, la Medea ; ma il confronto colla signora Tessari era troppo fresco e la signora Pelzet cadde senza potersi alzare mai più ; tanto che ella stessa domandò ◀di▶ esser sciolta per l’anno venturo. Alla quale proposta l’Impresa aderì vedendo che questa attrice non poteva più esser ◀di▶ alcun utile per il teatro de' Fiorentini.
Ma un attore ◀di▶ quella Compagnia, Luigi Aliprandi, così annotò le parole dell’Alberti :
In proposito della signora Maddalena Pelzet, si potrebbe aggiungere qualche riflessione. Che non valesse la Carolina Tessari è innegabile ; ma come fu trattata dall’ Impresa ? — La si fece esordire dopo tutti gli altri artisti nuovi, come una generica, per lasciare che il pubblico accettasse qual vera prima attrice la Pieri-Alberti ; la si tenne inoperosa per molte sere ; le si fecero rappresentare varie parti nuove per lei e vecchie per il pubblico, non la si circondava dei migliori attori ; si trascuravano alcuni accessorj della scena ; le si faceva calare il sipario prima del tempo ; gli amici dell’ Impresa non l’applaudivano per non perdere l’ingresso ◀di▶ favore…. Tutto ciò poteva forse contribuire a farla piacere ? — La Pelzet comprendeva, e molto nobilmente sopportava !
Povera donna ! Nobilmente sopportava ; e s’andava poi sfogando con gli amici, fuor della scena, scrivendo lettere ◀di▶ fuoco, dalle quali però mi pare salti sempre fuori la correttezza del suo costume, e la bontà della sua indole. Nella medesima del '43, discorrendo del capocomico Domeniconi, dice :
Il prossimo carnevale torniamo in questa città, e voi dovreste parlare a Domeniconi, pregandolo, a nome mio, che faccia mettere in iscena questa tragedia (Antonio Foscarini) per la prima attrice tragica. Non entrate in altri gineprai con costui, il quale è troppo amico ◀di▶ questa genia, che egli si è affezionata a forza d’ipocrisia e da cui è contento ◀di▶ farsi mangiare il suo. Io ho fatto il contrario, e mio marito non ha potuto secondare i vizi dei comici e le loro abitudini, ed ecco il motivo per cui non abbiamo amici in quest’arte. Aggiungete i miei successi e l’invidia che hanno prodotto, e giudicate poi come posso vivere allegra con si cara compagnia. Non vedo l’ora ◀di▶ finirla, e voglio venire a mangiare pane e fagioli, ma lontana dalla scena e dai suoi indegni cultori. Vi giuro avanti a Iddio, che non ha rimproveri la mia coscienza ; e se ho potuto far del bene anche ai miei nemici l’ho fatto. Sono stata docile e conveniente, non sono stata attaccata al contratto ed ho fatto le più gran concessioni. Non ha servito nulla, e mi sono convinta che l’invidia non si placa.
E ha ragione veramente ! Ma ancora due anni ◀di▶ pazienza, e avrà lasciato per sempre la galera comica, com’ella dice in altra sua da Roma del 20 luglio '44 allo stesso Niccolini, al quale si raccomanda perchè sia dato un impiego a suo figlio, alla cui sussistenza non può pensare, avendo appena il pane per sè. E conchiude :
Ecco i frutti ◀di▶ ventisette anni ◀di▶ fatiche, ◀di▶ studi, ◀di▶ tribolazioni ! Ecco la ricompensa che hanno le attrici italiane ! Un poco ◀di▶ pane ! E sono tra le fortunate, perchè, come l’Andolfati e la Perotti, non morrò allo spedale.
La Rachel è andata a Marsilia per dodici rappresentazioni, ed ha avuto duemila franchi per sera. Farà tre cose : la Fedra, gli Orazj e la Stuarda che replicherà più volte ! Qua bisogna far ◀di▶ tutto, da Marta e da Maddalena, e questo nostro pubblico impastato ◀di▶ fango non è contento se non ci vede vomitare i polmoni !
Da un omaggio agli attori della Compagnia Pelzet e Domeniconi, per le recite dell’estate 1833 a Pistoja, tolgo la seguente epigrafe :
apiù splendida onoranzamaddalena pelzettragica maravigliosa comica inarrivabilesingolare commovitrice d’affettiper portamento e nobile gesto commendevole ;in matilde bentivogliogelosa amante ;nella gismondanell’ester d’engaddifedele e magnanimacon bello esempio insegnò alle sposeanteporre l’onore alla vitapubbliche gratulazioniefestivi applausiaffettuosissimoporge

DI GIUSEPPE MATTEI
Quand’io pendo dal tuo labbro gentile,e il suon de'detti tuoi mi scende al core,sia che del vizio alla licenza vileti faccian scudo la virtù, l’onore,t’infiammi il petto, o che cangiando stilein estasi dolcissima rapitooltre l’usato il mio pensier veloceal Ciel s’estolle, e dopo averti uditomuto io resto, nè so dir se potriabearmi il cor, più della tua, la voce
LA ROSA DELL'AMICIZIA
A lei, che Italiaorna ed onora,ch'è la delizia,Cara a Melpomene,cara a Talia,l’amistà candidaoggi m’invia.La vidi nascere,e a la fanciullad’odori etereisparsi la culla ;e da'miei petalivolli poi toccala guancia tenera,e quella bocca,che a tante grazieposcia s’apria,sacra a Melpomene,sacra a Talia.La vidi crescere,e a lei graditaspargo la vita ;per lei si vegganofiglie d’amoremille risorgereridenti aurore,ed io precederesempre cosi.
DI LUIGI FORTI, COMICO
Di fresche rose e gigliè il tuo bel viso ornato,t’ha la madre d’amoreil crine inanellato ;son d’alabastro i denti,candido il sen qual neve ;il piede in danza lieve.Beltà sì peregrina non invidiale più bell’opre ◀di Canova e Fidia.