Dondini Cesare. Figlio dei precedenti, nacque a Cuneo il 4 dicembre 1807. A dieci anni, quando i parenti si trovavan con Benferreri al Tordinona di▶ Roma, esordì con molto successo in una piccola parte ◀di▶ pulcinellino : poi seguì i parenti in Sicilia, passando in mezzo alle tribolazioni ◀di▶ ogni specie pel lungo periodo ◀di▶ otto anni. Cominciò a recitar parti ◀di▶ secondo amoroso il ’26 nella Compagnia ◀di▶ Lorenzo Tassani, dalla quale passò in quella ◀di▶ Monti, Rosa e Marchionni, scritturato per le parti ◀di▶… trovarobe. Fu generico il ’28 nella Compagnia Mazzeranghi e Mariani, diretta da Lorenzo Pani, poi successivamente, assieme alla madre, in quella ◀di▶ Colapaoli, Ghirlanda e Nardelli. Fece i suoi primi passi alla celebrità nella Compagnia Solmi e Pisenti, creandovi per cortesia del Pisenti, brillante, la parte ◀di▶ protagonista nel Diplomatico senza saperlo ◀di▶ Scribe, con tal successo, che a poco gli fu dagli accorti capocomici passato il repertorio intero del brillante, nel quale il Dondini potè ◀di▶ punto in bianco mostrarsi artista preclaro.
Entrò il ’35 assieme alla famiglia nella Compagnia ◀di▶ Romualdo Mascherpa in cui stette sino al ’45, per poi scritturarsi in quella Reale Sarda che abbandonò il ’53 per passare dalla parte ◀di▶ attore pagato a quella ◀di▶ capocomico ; e formò una compagnia ◀di▶ cui fu splendido ornamento Clementina Cazzola, (alla quale successer poi e la Pezzana e la Pedretti e Tommaso Salvini), e in cui egli assunse per la prima volta il ruolo ◀di▶ caratterista e promiscuo, cedendo quel ◀di▶ brillante al fratello Achille.

Dopo quindici anni ◀di▶ glorioso capocomicato, si scritturò in Compagnia Giuseppe Peracchi, dalla quale uscì la quaresima del ’70 per lasciar definitivamente il teatro. Morì a Trieste il 20 maggio del 1875.
Dire dell’arte ◀di▶ Cesare Dondini non è agevole impresa. Egli fu attore ◀di▶ una verità e spontaneità maravigliosa. Avea fatto mezza la parte all’apparire in scena, (in arte lo chiamavano buzzo, a causa della sua splendida pancia) l’altra metà la faceva, dicendola, con una semplicità ◀di▶ mezzi sorprendente. Non si capiva se recitasse ; non faceva nulla ; discorreva : ma intanto il pubblico era tutto suo. Della vasta opera goldoniana fu un interprete valorosissimo, il più valoroso forse ◀di▶ quanti furono a’ bei tempi ◀di▶ Goldoni stesso. I personaggi boriosi e stangati del Marchese ◀di▶ Forlimpopoli nella Locandiera e del Conte nel Ventaglio, erano, incarnati da lui, altrettanti poemi.
Non vi fu pubblico, del quale Cesare Dondini non doventasse dopo poche frasi l’idolo ; non vi fu critico per quanto sofistico, il quale avesse a notar qualche pecca nell’arte sua. Tra tante testimonianze del suo valore e della sua gloria son degne ◀di▶ nota quelle ◀di▶ Gustavo Modena, ◀di▶ Ernesto Rossi e ◀di▶ Tommaso Salvini. Il primo, recatosi una sera dopo il suo lungo esilio, al Carignano, ove recitava la Compagnia Reale, e richiesto del parer suo su ◀di▶ essa, rispose : « È senza dubbio una compagnia composta ◀di▶ ottimi attori ; ma sembra a me che fra essi molti declamino, e due soli veramente parlino ; cioè Cesare Dondini e la Romagnoli. »
Ed Ernesto Rossi (op. cit.) :
Per me, Cesare Dondini fu il più caro artista, che io mi avessi visto : allevato alla scuola del Vestri, ebbe sempre per guida la naturalezza. Forse aveva un difetto : la sua natura emergeva troppo nei caratteri da lui rappresentati ; ma era una natura così simpatica, omogenea, che dal critico poteva esser perdonato il vederla spesso riprodotta.
Te lo ricordi tu ? Nel Marchese della Seglière, e nel Don Marzio alla Bottega del caffè ? Nella parte del padre del Bugiardo ◀di▶ Goldoni : a quella famosa lettura della lettera : non faceva ridere e piangere ad un tempo ? E nel Michele Perrin, che io aveva veduto rappresentare a Parigi da Buffet ? Nel Michele Perrin, Dondini superò il Buffet : e gli fu facile ; poichè la figura del Dondini pareva tagliata a bella posta per rappresentare quel bonaccione ◀di▶ prete ◀di▶ campagna, vero servo ◀di Dio, cui stava più a cuore l’anima che il corpo. Buffet era piccolo, magro e nervoso. e suppliva ai suoi difetti collo studio e l’intelligenza. La fatica per giungere allo scopo non poteva fra i due attori aver paragone : e quantunque quella del Dondini fosse minima, pure riusciva più bella.
E Tommaso Salvini (op. cit.) :
Dopo Luigi Vestri e Luigi Taddei, questo attore fu il seguace più fedele della scuola del vero. Al solo vederlo suscitava il buon umore, infondeva l’amenità del suo carattere nell’uditorio, e faceva fare buon sangue agli ascoltatori, nelle interpretazioni dei più variati caratteri che rappresentava.