Vestri Gaetano. Figlio del precedente, nacque a Milano il 25 dicembre 1825, nella Locanda della Commenda, la sera in cui la Compagnia Fabbrichesi recitava al Carcano L'Ajo nell’ imbarazzo, di▶ cui era protagonista il padre Luigi. Alzatosi, dopo l’intermezzo del secondo atto il sipario, i comici s’accorsero che mancava l’Ajo. Di qui nacquero mormorii vieppiù crescenti, chè il pubblico non sapeva rendersi conto ◀di▶ quello sconcio ◀di▶ scene vuote, mai accaduto. L'Ajo era fuggito alla Commenda ad abbracciare il primogenito maschio, e quando ricomparve sulla scena, il pubblico, messo a parte omai dell’avvenimento, lo accolse con tale scoppio ◀di▶ applausi che fece piangere ◀di▶ consolazione il fortunato padre. Gaetano fu allevato a Desio vicino a Milano, poi nel Collegio Boselli, il miglior convitto ◀di▶ Lombardia, d’onde a dieci anni uscì, compiuti i suoi primi studi d’italiano e tedesco, per entrare, dopo un anno ◀di▶ preparazione al latino nella Scuola privata Gay, nel Collegio vescovile ◀di▶ Castiglion Fiorentino, all’intento ◀di▶ farvi il corso ◀di▶ filosofia. Il padre lo aveva destinato all’avvocatura, sebbene egli inclinasse più alla medicina : ma ossequente all’autorità paterna, era già per recarsi all’Università ◀di▶ Firenze, quando quegli morì. Abbandonati allora gli studj sì ◀di▶ medicina, sì legali, Gaetano, padrone omai ◀di▶ sè, vinto dal fascino che avevan sempre esercitato su ◀di▶ lui le glorie teatrali del padre, si fece comico, esordendo con Luigi Domeniconi al Teatro Rossini ◀di▶ Livorno, e mostrando subito le più chiare attitudini alla scena, le quali poi sviluppò con gran successo al fianco ◀di▶ Gustavo Modena, che gli fu capocomico e maestro affezionato.

Acquistatosi una bella rinomanza, si unì in società con Luigi e Antonietta Robotti, ◀di▶ cui sposò nel 1851 la figlia Luigia, prima attrice giovine. Ma ragioni d’interesse lo tolsero dopo varj anni dai suoceri per fare una società con Antonio Feoli, che sortì esito disastroso, sì ch'egli ritornò attore scritturato nella nuova Compagnia ◀di▶ Luigi Bellotti-Bon, dove, ahimè ! poco ◀di▶ poi cominciò a dar segni manifesti ◀di▶ alienazione mentale. Bello della persona, ◀di▶ fisonomia espressiva, ◀di▶ conversare piacevolissimo, ◀di▶ coltura non comune, ◀di▶ mente svegliata, egli andò perdendo a gradi ogni conoscenza : e in volger ◀di▶ pochi anni, ridotto dal male al completo ebetismo, cessò ◀di▶ vivere in Torino il 1862. Racconta l’attore Mazzocca nelle sue Memorie (Milano, Pulzato, 1904), che « solo negli ultimi mesi del 1858, agli indubbi segni ◀di▶ dissoluzione che in lui si manifestavano, si prevedeva la sventura. Tetro, taciturno, irrequieto, talvolta irascibile, seduto presso la buca del suggeritore, posto riservato al direttore, non dirigeva più perchè non poteva. Spesso era preso da una cattiva sonnolenza e appariva come ebete. Un giorno egli stesso confessò che si sentiva quasi un vuoto nel cervello e non gli riusciva d’imparare una parte nuova. » La testa ◀di▶ Gaetano Vestri era enorme. Sin dall’infanzia gli amici ◀di▶ Luigi solevano dire che suo figlio sarebbe divenuto o un grande ingegno, o un grande zuccone : frase ch'egli andava poi spesso ripetendo, ma pare che da giovine Gaetano desse molto filo da torcere al povero padre che non sapeva come porre un rimedio alle scelleratezze ◀di▶ lui (vedi al nome ◀di▶ Luigi la lettera autografa), nelle quali forse era il germe dell’esquilibrio mentale. A proposito della testa smisurata ◀di▶ Vestri, lo stesso Mazzocca racconta che egli « si divertiva talvolta a entrare in un negozio ◀di▶ cappelli, e provarne un gran numero, senza mai trovare quello che facesse al caso suo. »
Pochi particolari si hanno del valor suo artistico, ma per comune consentimento egli fu ritenuto come quello de'figli che più si accostasse all’arte prodigiosa e spontanea del padre. Enrico De Amici annovera, fra le opere da lui meglio interpetrate : La Bottega del Caffè e Michele Perrin ; Giuseppe Mazzocca vi aggiunge Filippo Maria Visconti, Carlo Magno nei Poveri ◀di Parigi, Zaccar, Il povero Giacomo, Papà Martin, Sior Todero Brontolon, il Padre nella Prosa, Carnioli nella Dalila.