Campi-Piatti Annetta. Fu la più soave e incantevole delle prime attrici giovani, per le parti ingenue. Nata da famiglia milanese, fu educata al Collegio delle Orsoline, da cui uscì nel 1859, per entrare in quello Coudert. Trasferito il padre a Torino, era impiegato di▶ Prefettura, l’Annetta ottenne ◀di▶ poter frequentare la rinomata Scuola ◀di▶ Carolina Malfatti, dalla quale uscirono la Tessero, la Pezzana, Emanuel, Maggi, Diotti. Rovesci ◀di▶ fortuna obbligaron la giovinetta a calcar le scene, e la maestra si recò il 1867 a posta da Torino a Milano per assistere all’esordir della sua allieva, che andava a sostituire a metà d’anno la Guendalina Dominici Scalpellini in quella celebrata Compagnia ◀di▶ Bellotti-Bon, nella quale ella salì poi al più alto grado dell’arte, ove seppe mantenersi anche dopo, alternando il ruolo ◀di▶ prima attrice assoluta colle sue creazioni ◀di▶ bimba, quali la Carolina nel Codicillo dello Zio Venanzio ◀di▶ Ferrari, la Ivonne nella Serafina ◀di▶ Sardou, la Celeste nell’Idillio Campestre ◀di▶ Marenco, la Silvia nella Famiglia pur ◀di▶ Marenco, la Ida nella Vita Nuova ◀di▶ Gherardi Del Testa, l’Emma nei Mariti ◀di▶ Torelli, ed altre molte, in cui non ebbe chi la superasse, nè chi la uguagliasse.

Al proposito ◀di▶ quest’ultimi, Luigi Capuana, nel suo Teatro italiano contemporaneo (Palermo, Lauriel, 1872) così parla ◀di▶ lei :
La signorina Campi si è mostrata inarrivabile nella bellissima parte d’Emma. Non solo ha potuto farvi sfoggio ◀di▶ tutte le sue eccellenti qualità che noi già conoscevamo, ma è stata nel caso ◀di▶ rivelarcene delle altre che eravamo certi si sarebbero sviluppate in lei con una più lunga pratica dell’arte. Noi infatti credevamo che ancora le mancasse quella perfetta sicurezza ◀di▶ tocco nella rivelazione d’un carattere che è propria soltanto degli artisti provetti. Invece la Campi ci ha dimostrato il contrario, interpretando il carattere d’Emma con una squisitezza ◀di▶ colorito e ◀di▶ sfumature incantevole davvero. Questa figura così vaga, così gentile, intorno alla quale il poeta ha speso un largo tesoro ◀di▶ grazia e ◀di▶ bellezza, è stata incarnata da lei senza mende, senza incertezze e con una ispirazione felicissima, dalla prima all’ultima scena. Fanciulla bizzarra e alquanto leggiera nell’atto primo ; donna esitante, ignara ◀di▶ ciò che realmente prova nel suo petto, e sbalordita della mutazione che intravede dover fra poco accadere nella sua esistenza all’atto secondo ; nel quinto la gioja ◀di▶ sapersi madre la fa quasi ritornare alla ingenuità fanciullesca ! E li la Campi ha indovinato cose che la nostra parola non può rendere affatto, giacchè l’eloquenza de’ sorrisi, delle vereconde reticenze e delle riflessioni amorose son lampi ◀di▶ bellezza artistica che solo il ricordo ◀di▶ chi li ha visti può richiamare alla vita.
Nè si potrebbe dir meglio : nel girar de’ grandi occhi neri, nel muover della bocca breve, in una certa aggraziata e naturale infantilità ◀di▶ pronunzia, dell’s e del c specialmente, nella spontaneità incomparabile della dizione era un cotal fascino, al quale non si poteva resistere…. Con molta bravura, se non con egual grandezza, sostenne il ruolo ◀di▶ prima attrice assoluta il 1874 con Cesare Rossi, il ’75 con Emanuel in Società, il ’77, ’78, ’79 ◀di▶ nuovo con Rossi, e l’ ’82 con Francesco Pasta in Società. In quel momento ◀di▶ sosta (1880-81), quando si trovava fuor dell’arte a Genova, dove s’era sposata a un banchiere Camillo Piatti ◀di▶ Piacenza, rottasi la Pietriboni un braccio, andò lei a sostituirla, creando quasi d’improvviso e in modo incantevole la parte ◀di▶ Cipriana nella commedia Facciam divorzio ◀di Sardou. Rimasta vedova, e toltasi definitivamente dal teatro, andò per alcun tempo a stabilirsi a Ginevra, per passar poi a Parigi, ove si crede sia tuttora.