Rasi Luigi. Fratello del precedente.
Singolare figura d’artista quella di▶ Luigi Rasi poeta, scrittore, attore e professore ◀di▶ recitazione, che ci ricorda, per certi rispetti, il Cinquecento, quando i comici italiani contendevano la palma agli scrittori ◀di▶ maggior fama e, più che interpreti, erano, sulle scene, inventori.
Il Rasi, nato a Ravenna il 20 giugno 1852, si recò il '67 a Firenze, ove fece la quinta ginnasiale al Liceo Dante, e gli studi liceali agli Scolopj.
Entrò ventenne appena come secondo amoroso e secondo brillante nella Compagnia Sadowski diretta da Cesare Rossi. Di li, un anno appresso, nel 1873, passò in quella ◀di▶ Luigi Monti, che dovè lasciare poco dopo per soddisfare ai suoi obblighi ◀di▶ leva. E tre anni stette confinato a Lecce a fare il caporal foriere e il caporal maggiore ◀di▶ maggiorità, riconfortandosi negli studi e nel suo Catullo !
Licenziato ◀di▶ sotto le armi, nel settembre del 1877, eccotelo primo attor giovine nella Compagnia Pietriboni, dove rimase fino all’ anno scorso (1882), quando fu nominato direttore della R. Scuola ◀di▶ Recitazione in Firenze.
Attore studioso, elegante, accuratissimo, si cattivò ◀di▶ colpo le simpatie del pubblico per le sue intelligenti interpretazioni, per una rara naturalezza e limpidità ◀di▶ dizione, per il suo amore alla verità. Non gridava, diceva : otteneva mirabili effetti senza i soliti mezzucci : cercava che il pensiero dell’autore, non la voce dell’artista, facesse immediata impressione sull’animo del pubblico. Metteva grande studio nel penetrare il carattere, la psicologia del suo personaggio : gli guardava dentro e poi cercava d’entrar quasi ne' suoi panni. Non era la solita sovrapposizione dell’artista sul personaggio ; era un vero e proprio lavoro ◀di▶ transustanziazione, da cui l’attore usciva trasformato. Nel Violinajo ◀di▶ Cremona, nei Fourchambaùlt, nel Cantico dei Cantici, nella Libertas ◀di▶ Costetti e in tante altre parti, dimostrò col fatto la bontà del suo metodo : del quale vedemmo, ◀di▶ recente, gli ottimi risultati in una prova ◀di▶ studio degli alunni nella R. Scuola ◀di▶ recitazione da lui diretta.
Perchè il Rasi è ormai un transfuga della scena. Rinunziò un bel giorno agli applausi sonori, alle commozioni, ai trionfi della vita d’artista, contento ◀di▶ poter darsi agli studi, ◀di▶ poter avere un po' ◀di▶ quiete per stillarsi il cervello traducendo Catullo e lottando a corpo a corpo con le difficoltà dell’ originale e dei metri, con la rigidità della nostra terribilissima lingua.
Una delle sue passioni è il latino che conosce assai bene : un’altra è l’arte della lettura, ïntorno alla quale fa quotidianamente studi ed esperienze nella sua scuola.
Fra noi su questo argomento, non s’ è fatto il bel nulla. E al Rasi tocca il merito d’avere compresa e misurata tutta l’importanza e d’avere accennato al da farsi. Una sua conferenza tenuta al nostro Circolo filologico e ripetuta costi a Roma, fece rumore : un suo trattatello sull’arte del leggere, meritò gli elogi credibili del Carducci. All’ esperimento che dette il mese scorso nella sua scuola, un alunno alto tre o quattro palmi lesse un discorso – per esercizio – con una disinvoltura, con un garbo da sbalordire. So ◀di▶ un medico nominato a un tratto professore d’università, che tremava all’idea ◀di▶ leggere la prolusione. Andò dal Rasi che gliela fece studiare, e lessi poi nei giornali che a Parma avevano ammirato nel giovane professore il facile eloquio, l’ornata parola.
Un’altra passione del Rasi è l’erudizione. Quasi quasi vorrebbe pigliarne un tal bagno freddo da spegnerci i suoi ardori d’artista. Ma poi quell’altra parte ◀di▶ lui, quella sensitiva, si ridesta, e il fuoco sacro lo riaccende ◀di▶ nuovo.
E forse allora sogna i trionfi della scena, una filarata ◀di▶ teste che pendono commosse dalle sue labbra, un’eletta d’ anime gentili che la parola alata dell’artista e del poeta agitano soavemente, e il plauso che giunge caro, aspettato, desiderato, e l’effetto studiato e conseguito in quel dato momento, in quel punto preciso in cui si voleva e si attendeva, e il mormorio approvatore, e quella calda e vivace corrente ◀di▶ simpatia che lega il pubblico agli interpreti sapienti….
P. S. — Rileggo quanto ebbi a scrivere diciannove anni fa nel Capitan Fracassa, in occasione d’ una memorabile recita al Quirinale, dove in conspetto dei Sovrani, della Principessa Isabella e del Duca ◀di▶ Genova allora sposi, Cesare Rossi, Eleonora Duse e Luigi Rasi, aggiunsero nova grazia e vivezza al proverbio ◀di▶ Francesco De Renzis Un bacio dato non è mai perduto. Allora la Duse cominciava ad esser nota e pregiata come prima attrice ; Cesare Rossi aveva già asceso il culmine del capocomicato ed aspirava, con tutta la forza della sua tromba nasale, a quella commenda che è il sogno d’oro d’ogni artista provetto ; e Luigi Rasi si era nobilmente affermato come scrittore, come dicitore squisito, come maestro a cui son noti e familiari tutti i segreti dell’arte scenica. — A distanza ◀di▶ diciannove anni, mi è grato oggi ristampare ciò che scrivevo, e aggiungere che le promesse ◀di▶ quei giorni non furon fallaci. Luigi Rasi le ha mantenute, dirò anzi che le ha sorpassate. Di lui allora si conosceva il poeta traduttor ◀di▶ Catullo, l’attore, l’artista colto e coscienzioso ; ma non ancora egli si era rivelato autore ◀di▶ quei monologhi che trovarono sulle scene maggiori e su quelle dei filodrammatici tanta e così invidiata fortuna ; non ancora gli si era sviluppato così nocchiuto il bernoccolo dell’ erudito e del feroce raccoglitore ◀di▶ qualunque cosa avesse attinenza con la storia del nostro Teatro. Questo Dizionario dei Comici italiani, concepito con tanta genialità e condotto innanzi con tanta dottrina e così ordinata serietà d’indagini e d’intendimenti, ch'egli volle dedicato a Teresa Sormanni, la fedele compagna della sua vita, la collaboratrice intelligente e amorosa de' suoi studi, tolta in moglie il 15 luglio 1881, è un bel titolo e degno alla riconoscenza ◀di▶ quanti pregiano le nostre glorie teatrali, è sopra tutto un’ opera utile e buona che colma una vergognosa e dolorosa lacuna della nostra storia dell’ arte, fin qui così trascurata. Per compierla occorreva un erudito che fosse al tempo stesso un artista e un attore, e che le notizie, pazientemente raccolte con zelo e industria ◀di▶ bibliofilo, sapesse poi ordinare e comporre, dando al lavoro l’ attraenza che han queste pagine. Paragonate, ◀di▶ grazia, il Dizionario del Regli con questo, e vedrete quanto ci corra, e come manchi per gli artisti lirici, il geniale compilatore che hanno trovato nella loro stessa schiera gli artisti drammatici. Ma quest’opera, così bene e solidamente piantata, richiedeva a fondamento una raccolta teatrale, quale il Rasi ha saputo raccogliere per formare un vero museo del Teatro Italiano, che dovrebbe diventar cosa pubblica, a documento delle nostre glorie passate, se si trovasse chi fosse disposto a compensare delle sue spese e delle sue fatiche il provvido collettore.
Il Rasi è sempre Direttore della nostra R. Scuola ◀di▶ Recitazione, la quale vanta ormai molti alunni che son divenuti artisti acclamati. Ma le cure della Scuola, cui egli si è consacrato con grande abnegazione, non lo hanno nè fisicamente nè moralmente abbattuto. Gigi Rasi è ancora il biondo Rasetto ◀di▶ venti anni fa e par quasi che il tempo non l’ abbia toccato con la sua cipria fatale. – La voce ◀di▶ lui ha acquistato in potenza e in vigorìa ; la dizione in perspicuità e sicurezza. Dicitore preciso e vibrato, il Rasi ha tentato per primo un arduo esperimento, quello ◀di▶ accompagnare col commento della calda e passionata parola le melodie della musica, anche quelle sonore d’ una orchestra intera. Le sue recitazioni del Manfredo ◀di▶ Byron, illustrato con grande orchestra da Schumann ; ◀di▶ monologhi suoi e ballate ◀di▶ Bürger, ◀di▶ Schiller, ◀di▶ Marradi con musica per pianoforte ◀di▶ Bellìo, ◀di▶ Liszt e ◀di▶ Ricci ; dell’ Egmont ◀di▶ Goethe, testè compendiato in bei versi italiani a commentare le armonie ◀di▶ Beethoven, hanno fatto comprendere come l’arte della parola possa utilmente e piacevolmente sposarsi al canto indefinito della musica strumentale. Nè basta : il Rasi ha voluto e saputo altresì dimostrare come una sapiente recitazione possa da sola servir ◀di▶ commento alla poesia, mettendone in rilievo le più riposte bellezze. La lettura ad alta voce, ◀di▶ cui egli è un apostolo convinto, diventa così un mezzo d’istruzione e ◀di▶ educazione, facile e aperto a tutti : esso dovrebbe sostituirsi anche nelle scuole a quel tedioso e forzato esercizio della memoria, che avvezza i ragazzi a non capire quello che recitano, e che riesce, certamente, a renderlo a tutti noioso, anche a chi è costretto ad ascoltarli.
Ma il poscritto è ormai più lungo dell’ articolo. Colpa del Rasi, che in questi diciannove anni ha voluto dar da fare al suo biografo e che gli darà dell’ altro filo da torcere ad una nuova edizione ◀di▶ questo genialissimo libro.
ELENCO DELLE OPERE A STAMPA
Clodia. Memorie ◀di▶ C. V. Catullo. (Lecce, 1876). Comprende la versione del poema Le Nosse ◀di▶ Peleo e Teti, e ◀di▶ altro. – Se ne fecero altre due edizioni a Milano nel 1878 e 1879.
Torva Prœlia. Versi originali e volgarizzamenti catulliani. (Napoli, De Angelis, 1879).
Eraclio Florenzano Galatonese. Monografia. (Ravenna, David, 1879).
Jacchus. Canto antico. (Bologna, Zanichelli, 1880).
La Verità Nell’ Arte Rappresentativa. Discorso inaugurale alla Cattedra fiorentina ◀di▶ recitazione. (Firenze, Galletti, 1882).
La Lettura Ad Alta Voce. (Firenze, Paravia, 1883).
Il Libro dei Monologhi. (Milano, Hoepli, 1888). – Se ne fecero tre edizioni.
Saggio ◀di▶ una traduzione integra del libro ◀di▶ Catullo. (Londra, Hall, 1889).
Armanda ritorna. Commedia in un atto. (Milano, Barbini, 1889).
L'Arte del Comico. (Milano, Paganini, 1890).
Il Libro degli Aneddoti. (Modena, Sarasino, 1891). – Ne ha fatto l’ editore Bemporad ◀di▶ Firenze una seconda edizione, nuovamente illustr., nel 1898.
Pluto. Commedia ◀di▶ Aristofane, volgarizzata in prosa, con prologo in versi e lettera ◀di▶ A. Franchetti. (Modena, Sarasino, 1891).
Il Secondo Libro dei Monologhi. (Milano, Hoepli, 1893).
La Recitazione nelle Scuole e nelle Famiglie. Antologia poetica. (Firenze, Civelli, 1895).
La Duse. (Firenze, Bemporad, 1901).
I Comici Italiani. Biografia, bibliografia, iconografia. (Firenze, Bocca-Lumachi, 1897-190….).

TESTIMONI
Ebbi il tuo libro poche ore avanti ch' io partissi da Catania : lo portai con me e mi fece buona compagnia lungo il viaggio. Le memorie si leggono d’ un fiato e l’ elemento fantastico è così bene intrecciato allo storico, che pur essendo esso un romanzetto, lasciano poco o nulla a desiderare dal lato dell’ esattezza. Se fosse a questi pregi accoppiato un maggior colorito locale, il tuo lavoro sarebbe commendevole da tutti i lati….
L'Ati è un giojello ; l’ epistola ad Ortalo e la Chioma ◀di▶ Berenice più spigliata, non più bella ◀di▶ quella ◀di▶ Foscolo ; il carme a sè stesso così così : il mio è forse migliore.
Perdona alla scorbellata franchezza ◀di▶ chi ti vuol bene davvero.
Ella conosce profondamente Catullo, e ciò ch' è più mirabile sa riprodurlo nell’arte. La traduzione che ci ha data dell’Epitalamio per le Nozze ◀di▶ Peleo e Teti, mi sembra veramente degna ◀di▶ Catullo, e, s’ io non erro, la migliore ◀di▶ quante ne abbiamo avute. C' è un sentimento fino ◀di▶ poeta congiunto ad una intelligenza non comune del latino da farmi sperare ch' Ella, se si mettesse all’ opera, tradurrebbe Catullo meglio degli altri.
Io consento nella sua spiegazione ◀di▶ quell’ extenuata gerens veteris vestigia pænæ : e se non fosse il gerens che mi mette ancora un po' ◀di▶ dubbio, oserei chiamarla certa.
Quello stupendo mollescunt colla non è da Lei reso pienamente. Il poeta, com’ Ella ben sa, v' intende l’ammollirsi del collo riposato. Perchè non si potrebbe adoperare anche in italiano la stessa parola ?
Mi perdoni questo mio giudizio schietto e senza ipocrisie. Ella comprenderà quanto io La stimi dal modo stesso col quale io La giudico.
Mi creda con verace stima
Sono veramente ammirato della splendida forma del tuo Bacco, e specialmente della poesia per la grotta ◀di▶ Pozzuoli, piena ◀di▶ sentimento e ◀di▶ grazia. Un omino che fa dei versi come questi
e prego e prego e prego, e nella torbida mentegeme il desìo delle dolcezze anticheè un omino col pepe e col sale. Non posso levarmi dalla testa quel secondo verso che mi pare la più bella delle moltissime perle del tuo volumetto.…
I miei saluti alla Signora e al Signor Pietriboni e al Bassi. A te un abbraccio e un bacio in cui
geme il desìo delle dolcezze antiche
della meridiana. Addio, addio.
La ringrazio del suo libro, che mi pare utilissimo, e dal quale mi pare che imparerò anch' io a leggere meno male i versi. Nella Esposizione che Ella ha fatto della mia Mors io piaccio a me stesso e meco stesso m’ esalto ◀di▶ esser così bello. Ma poi ripenso che tutte coteste mie nuove bellezze sono trovate d’ un poeta ◀di▶ fantasia, ◀di▶ sentimento e ◀di▶ molta coltura, che dell’ arte del declamare fa un’estetica pensata e imaginosa.
Alla Sua Signora tanti rispetti e ricordi da parte mia e delle mie donne. A Lei un saluto affettuoso, non senza il desiderio ◀di▶ rivedere ◀di▶ quando in quando ◀di▶ quei versi antichi che Ella sa fare così bene.
Non tardo un minuto a ringraziarla del volume « I Monologhi » che, domani comincierò a leggere, e della notizia che mi dà del superbo lavoro, a cui ha già posto mano. Le giuro, che que' versi miei sulla Madonna mi parvero altra cosa, cioè meno infelice, quando procurai ◀di recitarli secondo le sue norme. O carissimo Rasi ! Non ci voleva che un pari suo, egregio tanto nel comporre, che nel recitare, il quale potesse donare all’ Italia un libro tanto utile e dirò, necessario….
Mi voglia sempre bene : mi ricordi alla sua egregia Signora : perdoni alla fretta, e mi tenga