Zago Emilio. Il solo scrivere questo nome mi mette il buon umore e mi rifà il sangue. Quel riso della bocca e degli occhi, quella voce squillante, quei ciao e complimenti, e ostregheta tutti suoi, quella pancia, quelle gambette, che ricordano un po'il delizioso buffo barilotto del San Carlino, formano un tale insieme di▶ giocondità, che non è possibile vederlo e udirlo, senza lasciarsi andare alla più matta risata. Perchè…. egli è piccolo, molto piccolo, inverosimilmente piccolo, tanto che la sua statura fu nell’inizio della sua vita artistica un grande ostacolo a farlo entrare in una Compagnia rispettabile come quella ◀di▶ Moro-Lin, che fu la sua prima e grande e ben giustificata aspirazione.
Nacque a Venezia il 19 marzo 1852 da Giuseppe Zago e da Maria Vianello, e mostrò fin da giovanetto inclinazioni e attitudini al teatro. Entrato nella Filodrammatica Gustavo Modena, potè subito, sotto gl’insegnamenti dell’artista Carlo Hurard, farsi notare per una innata, irresistibile comicità ch'ei profondeva ne'limiti ◀di▶ una correttezza artistica, assai rara in un dilettante. Gli applausi della folla, le lodi della critica gli fecero lasciare ◀di▶ punto in bianco l’impiego ch'egli aveva ◀di▶ commesso nella Casa Commerciale del Senatore Reali, e lo fecero partire a insaputa de'suoi per Loreo, dove era ad attenderlo la Compagnia ◀di▶ Francesco Zocchi, che recitava all’aperto, e da cui, dopo alcun tempo, felice ◀di▶ potersi liberare da quell’ambiente ◀di▶ guitti, passò a Voltri in Liguria, in quella Ilardi-Cardin, la quale, purtroppo, era più guitta dell’altra. Finalmente, dopo cinque anni d’incredibili peripezie, in cui la fame aveva pur sempre la più gran parte, a traverso plaghe inospitali, in barroccio, in carretta, a piedi, or cogli Stenterelli Serrandrei e Miniati, or con Benini e Gelich e De Carbonin e altri, recitando da vecchio e da giovine, da promiscuo e da mamo, e fin sotto le spoglie della maschera Faccanapa, contrapposto vivente e poco fortunato del Faccanapa ◀di▶ legno inventato dal Reccardini, che formava le delizie del popolo triestino, mentr' egli, Zago, era con Gelich, Tollo e Papadopoli al Teatro Mauroner, pur ◀di▶ Trieste, eccotelo – dico – finalmente ◀di▶ sbalzo (agosto '76) a Napoli con 5 lire al giorno, generico della Compagnia Veneziana ◀di▶ Angelo Moro-Lin, salutato da un fragoroso, unanime applauso al suo primo apparir sulla scena, dopo appena tre sere dal suo debutto.

Restò con Moro-Lin fino a che (giugno dell’ '83) per la morte della celebrata attrice Marianna Moro-Lin, la Compagnia si sciolse, e ne formò subito una egli stesso in società con Borisi diretta da Giacinto Gallina, e amministrata dal fratello Enrico, della quale eran bell’ornamento, oltre che Zago e Borisi, la Zanon-Paladini, la Fabbri-Gallina, la Foscari ; e la quale esordì con clamoroso successo il 2 settembre a Feltre, e andò trionfalmente fino al febbrajo dell’ '87 ; in cui, nella sera ◀di▶ congedo, dopo gran numero ◀di▶ chiamate alla Compagnia, egli dovette andar solo a ricever le acclamazioni della folla al colmo dell’entusiasmo. Si unì per alcun mese alla Compagnia Benini-Sambo, e formò poi per la quaresima dell’ '88 una nuova società con Guglielmo Privato, che procedè come l’altra ◀di▶ trionfo in trionfo sino allo spegnersi ◀di▶ questo, diventando alla fine capocomico solo, rallegrato seralmente dalla gioja ormai abituale del successo, e dalla speranza nuova e pur grande ◀di▶ vedere i maggiori progressi del figliuolo Giuseppe (uno dei quattro ch'egli ebbe dal suo matrimonio [carnovale 18 con la signorina Cesira Borghini ◀di▶ Ancona, il quale, a fianco del babbo, con tanto esempio e con tali ammaestramenti, comincia a far già buona prova nelle parti comiche [V. la prima fotografia del quadro]), addolorato soltanto, egli, artista nell’ anima, ◀di▶ non aver più potuto, e non potere, non so bene se per ragioni artistiche o finanziarie, congiungersi al suo confratello dialettale Francesco Benini, e rinnovar le vecchie, e interpretare alcune parti nuove del repertorio ◀di▶ Gallina.
« L'avvenire del teatro veneziano – egli disse una sera dell’ottobre '98 al Rossini ◀di▶ Venezia in una intervista con Renato Simoni – sarebbe splendido, ove, tolti ◀di▶ mezzo gli ostacoli, non creati da me, che dividono la nostra Compagnia da quella ◀di▶ Gallina, ci trovassimo uniti tra i migliori : Gallina, Benini, Privato, la Zanon, io, e i più buoni elementi delle due Compagnie. Si entrerebbe in un periodo glorioso, che ricorderebbe i tempi ◀di▶ Marianna Moro-Lin. Non occorrerebbero neppure commedie nuove ; basterebbero le ultime ◀di▶ Gallina, qualche po' ◀di▶ Goldoni, il buono del repertorio veneto, e il pubblico dovrebbe venire per forza a teatro. Purtroppo questa combinazione non è per ora che un sogno. Io aspetto e spero. » E l’aspettazione e la speranza, quasi vane ormai, non gl’impediscono ◀di▶ portar sempre e dovunque il magistero dell’arte sua, con predominio ◀di▶ note schiettamente gaje, sia che il buon gusto del pubblico gli conceda ◀di▶ spiegar le sue doti ne'capolavori goldoniani (oggi [1905] ne ha oltre venti in repertorio), sia che dal palato avvezzo agli eccitanti, o dal bisogno nel pubblico lavoratore ◀di▶ una distrazione spensierata, egli debba mostrarsi nelle innocue e pur vilipese aberrazioni chiassone della pochade. Perchè…. pochi artisti hanno come lui il privilegio ◀di▶ riempiere la scena. Io lo metterei subito, nella scena dialettale, accanto a Ferravilla e alla Zanon : due artisti che per la loro vita vissuta dinanzi alla ribalta, assorbono dal lor primo apparirvi i sensi tutti dello spettatore. Emilio Zago, dicono, alcuna volta va oltre i confini dell’arte. Voglio concederlo. Chi non c’è andato, e chi non ci va, anche de' sommi, specialmente comici ? Il rimprovero dello strafare fu mosso dalla critica inguantata, come s’è visto, anche a Luigi Vestri, il quale, artista eminentissimo, ◀di▶ una verità, e soprattutto ◀di▶ una semplicità sbalorditiva, pare fosse tuttavia conoscitore profondo ◀di▶ tutte le risorse del mestiere, alle quali, per acconciarsi alle esigenze ◀di▶ certi pubblici, ricorreva talora, non saprei dire se volentieri o a malincuore. E poi : in che lavori avrà strafatto il Vestri, in quali strafà lo Zago ? Chi vorrebbe adoperar la brutta parola per I Recini da festa, La Casa nova, Sior Todero brontolon, I Rusteghi, Oci del cor, e quel Fator galantomo, in cui egli, incredibile dictu, muore in iscena, e commuove il pubblico, tanto da sclamar la prima sera a Trieste (gennajo '96) a recita finita : « In malorsega che li go fati pianzer ?… » E ◀di▶ che deve il pubblico dolersi, ove l’artista egregio alle chiassate nell’Amor sui copi, o nel Campagnol ai Bagni al Lido, o nell’Albergo del Libero scambio aggiunga alcuna delle sue strampalerie, qualche suo granellin ◀di▶ pepe ? A lui deve già tanto il pubblico e tanto ancora dovrà ! Emilio Zago, che ha in sè tutta la spigliatezza arguta, tutta la bonarietà del suo popolo veneziano, è forse il più atto a sentire e a riprodurre l’opera ◀di▶ Carlo Goldoni fatta dallo stesso vero ; e al teatro ◀di▶ Goldoni infatti egli volge oggi ogni pensiero, ogni studio, ogni aspirazione. Bisogna conoscerlo personalmente, battere, dirò così, al suo cuore, e farglielo aprire, senza soggezione : su cento parole ottanta sono per Goldoni. Bisogna vederlo fra un atto e l’altro, e magari fra una scena e l’altra, in quel suo camerino, ingombro ◀di▶ giubbe ◀di▶ ogni specie, ◀di▶ spadini lucenti, ◀di▶ parrucche, vicino alla sua tavola ◀di▶ truccatura, sulla quale, accanto ai barattoli del minio, del bianco, della terra d’ombra scintillano anelli antichi enormi, e orologi istoriati e tabacchiere e ciondoli svariati, e al disopra della quale alla parete ◀di▶ fronte, accanto a un grande specchio vigila in bella e nitida incisione il ritratto ◀di▶ Lui, ◀di▶ Goldoni, in compagnia d’incisioni minori ◀di▶ suoi personaggi, ◀di▶ maschere, ◀di▶ mode del suo tempo ; bisogna vederlo, dico, col suo libricciuolo in mano ◀di▶ una commedia del Maestro, non mai tentata a' nostri tempi, per esempio, L'uomo prudente, o L'uomo ◀di▶ mondo, che studia, analizza, notomizza per la riduzione, pei tagli sapienti, per le trasposizioni ◀di▶ scene, ◀di▶ frasi, ◀di▶ parole !…
E così a ogni commedia goldoniana che risorge, è una buffonata nostra o forastiera che tramonta…. E così, mercè sua, Goldoni rivive sulla scena, ◀di▶ vita, se non anche gagliarda, non più tisica certo, come pochi anni a dietro…. Così, mercè sua, il vecchio teatro dell’Armonia ◀di▶ Trieste riceve il 30 novembre 1902 il nuovo battesimo ◀di▶ Teatro Goldoni ;… E così, finalmente, nel costante favore ◀di▶ popolo e ◀di▶ critica, un suo pallido e debole sogno ◀di▶ creare la casa ◀di▶ Goldoni a Venezia con artisti veneziani e repertorio goldoniano, va acquistando nella sua mente e nel suo cuore luce e vita per modo da occuparlo tutto omai come una, più o men lontana, realtà luminosa…. Ed è con l’accenno a sì grande idea, e con due parole ◀di lieto augurio, ch'io metto fine al mio piccolo dire : Dio voglia !…