Ciotti Francesco, nato a Firenze il 1835 da un impiegato di dogana, fu per trentasette anni il più aristocratico, è la vera parola, tra gli attori del▶ suo tempo : aristocratico nella dizione, nei modi, nel vestire, nella persona, nella voce, in tutto. Esordì qual primo attor giovine, a diciotto anni, in Compagnia Domeniconi, al fianco di Amalia Fumagalli, Alessandro Salvini, Amilcare Bellotti, Gian Paolo Calloud, e a ventun anni, uscito di Compagnia Salvini per un ripicco, Francesco Ciotti fu assunto al grado di primo attore assoluto, e iniziò, si può dire, il nuovo ruolo con una stupenda creazione al Teatro Re di Milano ◀del▶ protagonista nella Satira e Parini di Paolo Ferrari. Trascrivo dall’Arte drammatica ◀del▶ 7 febbraio ’91 lo stato di servizio dell’egregio artista :
1854-58 | Compagnia di Luigi Domeniconi |
1859-60 | ……. Gaspare Pieri |
1860-63 | ……. Adelaide Ristori |
1864 | ……. Romagnoli e Colomberti |
1865-67 | ……. Luigi Bellotti-Bon |
1868-69 | In Società con Lavaggi, Dondini e Piamonti |
1870-72 | ……. Marchi e Lavaggi |
1873-75 | …….Marini e Morelli |
1876 | Compagnia di Raffaello Giovagnoli |
1877 | Riposo |
1878-79 | In Società con Belli-Blanes e Bozzo |
1880-81 | ……. Giovanni Aliprandi e Giulio Casali |
1882-83 | ……. Buzzi e Fagiuoli |
1884 | …….Adelina Marchi ed E. Casilini |
1885-87 | Compagnia di Andrea Maggi |
1888-91 | …… Gio. Batta. Marini |
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Al finire della sua vita artistica, il Corriere della sera di Milano ◀del▶ 14-15 febbraio dedica al caro artista un lungo articolo dal quale trascrivo i seguenti brani che mi par compendino in poche parole le belle e rare doti di lui.
Se colle loro personalità eminenti, Modena, Salvini e Rossi dànno il marchio ad un’epoca nella storia ◀del▶ teatro italiano, Ciotti appartiene alla plejade eletta di quei ferventi, studiosi cultori dell’arte, che sono i più efficaci strumenti ◀del▶ gusto ◀del▶ pubblico. Attore distinto, come diremo più innanzi, non portò sulla scena i convenzionalismi della scuola, piacendo anzi per quella sua naturalezza spontanea ◀del▶ gesto, ◀del▶ portamento, e sopratutto ◀del▶ dire. Comparso alla ribalta quando il periodo eroico ◀del▶ teatro italiano era sul tramontare, non si lasciò prendere dal tono enfatico, dal fare atteggiante all’eroico de’comici più in voga ◀del▶ suo tempo, ma si accostò per intuito forse delle nuove esigenze, ma senza dubbio per sentimento individuale, a quegli attori come il Bellotti-Bon, per dirne di uno, che prepararono il gusto attuale della recitazione semplice della commedia.
Figura aggraziata e severa insieme, lineamenti simpatici, era un forte tipo bruno, onde all’estero lo dicevano tipo italiano ; vestiva con suprema eleganza sicchè dava l’illusione ◀del▶ signore, aggiungendo il porgere dignitoso. Molta parte della sua fortuna la dovette però, come qualche suo compagno, alla voce armoniosa, che insinuante accarezzava l’orecchio ◀del▶ pubblico ; e nei paesi meridionali il giudizio dell’orecchio è superbissimo, prepotente. Si ricordano ancora a Milano gli entusiasmi quando Ciotti appariva nel Falconiere di Pietr’Ardena a far da sirena dicendo i versi melodiosi ◀del▶ Marenco. Allorchè alla fine ◀del▶ prologo rispondeva al lamento della sua amata, per tre volte, in tono diverso, « Ci verrò » tutti erano in piedi : insomma un buggerio, come dicono i comici. Il signor Eugenio Lombardi, direttore ◀del▶ Teatro Manzoni, ci diceva che allora gli capitavano dalle provincie vicine vaglia e lettere raccomandate di smaniosi che si assicuravano i posti per le repliche — fenomeno che non s’è più ripetuto. E tra il tumulto per le feste a Guglielmo, Imperatore di Germania, venuto a Milano nel 1875, i giornali registravano i fanatismi ◀del▶ Trionfo d’amore di Giacosa, ripetuto 15 sere, i cui versi, come un’onda melodica, uscivano dalla bocca di Ciotti e di Virginia Marini.
E ai successi della Satira e Parini, ◀del▶ Falconiere, ◀del▶ Trionfo d’amore, possiamo aggiunger quelli della Prosa, ◀del▶ Ridicolo, della Messalina, della Catena, ◀del▶ Pietro o La gente nuova, ◀del▶ Rienzi, ◀del▶ Lorenzino de’Medici, scritto per lui dal vecchio Dumas, ◀del▶ Duello, dei Mariti, ecc. Egli appartenne a quella falange gloriosa di artisti, e ne fu principale ornamento, capitanata da Luigi Bellotti-Bon.
Nello studio critico di Luigi Capuana sui Mariti di Torelli, si leggon queste parole :
Il Ciotti (Fabio Regoli) non rappresentava un personaggio a forti risalti, tale da dargli campo d’adoperare una grande varietà di colorito. Però recitò con giustezza e con diligenza inappuntabili. Sotto quella sua dolce serenità si vedevano la risolutezza, la fermezza e la nobiltà dello stupendo carattere dell’avvocato ; e la sua voce seppe trovare inflessioni piene d’affetto gentile, di dignità profondamente sentita ma senza albagia, che improntavano al personaggio una vita dove l’arte pareva affatto estranea, e dove intanto fors’era più grande.
Francesco Ciotti vive oggi a Pistoia, dove di quando in quando mostra ancor l’arte sua forte e gentile a quei filodrammatici ; e d’onde si recò a Firenze il ’93 nella ricorrenza ◀del▶ 1° centenario dalla morte di C. Goldoni, per sostenervi al fianco di T. Salvini la parte ◀del▶ vecchio Andreuve, nella quale mostrò come i suoi cinquantotto anni fosser sempre, al lume della ribalta, una giovinezza gagliarda.
Ciotti-Sartorio Costanza. Moglie ◀del▶ precedente, figlia ◀del▶ Custode ◀del▶ Teatro della Canobbiana, nacque a Milano il 1836. Cresciuta si può dir su la scena, desiderò vivamente di farsi artista ; e dopo una felice prova coi filodrammatici, entrò amorosa il ’54 con Giovanni Leigheb ed Ernesto Rossi. Passò il ’56 collo stesso ruolo in Compagnia di Alessandro Monti, e il ’58, come seconda donna, in quella di Luigi Domeniconi, nella quale conobbe e sposò Francesco Ciotti. Recitò fino al ’70 ; poi dovette abbandonar la scena per mal ferma salute, e si ritirò a Firenze nella casa ◀del marito. Nell’ ’85 le si sviluppò una cruda malattia cerebro-spinale, che in capo a cinque anni di patimenti la condusse al sepolcro. Fu la Costanza amantissima dell’ arte, attrice accurata, elegantissima della persona, e dell’aspetto leggiadra. Creò la Contessa Paola nella Satira e Parini e Teresa nella Prosa di Ferrari, e fu la prima Baronessa nel Figlio di Giboyer di E. Augier.