Tessero Adelaide. Figlia del precedente, nata a Firenze l’8 dicembre 1842, nel popolo di S. Simone, fu per comune consentimento la maggiore della gran triade che regnò sulle nostre scene dal '60 all’ '80 incirca, per la spontaneità e il sentimento prodigiosi. Nata da artisti di pregio, cresciuta sulle tavole del palcoscenico, all’ombra, direm quasi, della grande zia, non è a stupire ch'ella divenisse grande a sua volta, dando i primi segni di una eccezionale intuizione a soli nove anni, quando al Teatro Re di Milano si presentò a recitare nella Giovannina dei bei cavalli. A tredici anni appena era già l’amorosa della Compagnia italiana di Giovanni Toselli, che andava maturando il disegno di una Compagnia piemontese. A quindici si unisce alla zia e percorre con lei le grandi capitali di Europa, e dopo un anno eccola in Italia ed eccola di nuovo con Toselli per alcune rappresentazioni, prima donna ; e questa volta, della Compagnia dialettale da lui formata, recitando la Francesca da Rimini del Pellico, parodiata dal Toselli stesso, col titolo : Cichina d’ Moncalé (1859). Riparte con la zia, e dà segni non dubbi di futura grandezza…. Ma non monta in superbia per ciò : tornata in Italia, memore di quel che fu il maestro per lei, si unisce ancora a Toselli, interpretando' sta volta i capolavori del Teatro piemontese, quali Sablin a bala, Gigin a bala nen, Margritin dle violette, e suscitando nel pubblico accalcato nel piccolo teatro Rossini il più schietto e più vivo degli entusiasmi. A questo punto lascio la parola a Luigi Pietracqua, che da proto della Gazzetta del Popolo, passò ad essere il più forte autore del Teatro piemontese, per sentimento di modernità, accoppiato alla più ardente passione (traduco dalla gazzetta dialettale 'l birichin del 5 settembre 1896) :

Una figurina slanciata, sottile e dritta, e così naturalmente elegante, che si sarebbe detta modellata da Fidia o da Prassitele. Avea lo sguardo profondo, espressivo, sereno e soave a un tempo, intelligentissimo ; un complesso di fisionomia che avea qualcosa delle Madonne del Murillo e del Dolce, che facea ricordare le più belle incarnazioni dell’arte bizantina, e che, tutto ben considerato, somigliava un’educanda uscita fresca fresca dai nostri Collegi-Convitti delle monache. Io ebbi la fortuna di conoscerla quando non aveva che quindici anni.
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Da la Guera o pas di Garelli, è passata sempre trionfalmente a Gigin a bala nen, a Giors’l Sansuari, a Le sponde del Po. Debbo dirlo a onor del vero : quest’ultimo lavoro, nella sua semplicità originale e poetica, fu una vera rivelazione artistica per la nostra Adelaide…. Tutti dicevano non più trattarsi di una bimba qualunque, ma di una vera artista fatta e provetta. E infatti, era tanta e così evidente la precocità artistica in quell’ adorabile fanciulla, che io stesso udii ripeter le mille volte in platea : « Ecco una vera prima donna ideale. » A quello delle Sponde del Po, seguì il successo di Sablin a bala ; ma dove la splendida farfalla si levò sulle ali poderose, dove la Tessero diè prova di tutti i suoi mezzi artistici, si fu in Margritin dle violette, una felice riproduzione, o riduzione, del dramma tipico di Dumas.

Dal Teatro piemontese passò poco di poi al Teatro italiano, primeggiando nella Compagnia Bonazzi a fianco di Virginia Santi e di Enrico Cappelli, prima ; indi in quella di Alamanno Morelli, con cui stette acclamatissima un triennio. Unitasi in matrimonio con Giovanni Guidone, si allontanò per due anni dalle▶ scene, alle quali tornò più entusiasta che mai, scritturata da Bellotti-Bon (Compagnia n.° 1, 1873), dopo il clamoroso successo avuto nella Marcellina di Marenco al D'Angennes di Torino, in unione a Giacinta Pezzana, quella che raccolse degnamente la sua eredità artistica in Compagnia Toselli.
Fu poi gran tempo con Alamanno Morelli, del quale diventò socia, poi si diede al capocomicato con varia fortuna, percorrendo le grandi città di Europa e di America ; poi…. per una malattia cancerosa al petto, che la rose lentamente, dovette, in mezzo agli spasimi, soccombere a Torino il 24 gennajo del 1892.

Adelaide Tessero !… Chi volesse chiamarla con nome antonomastico, dovrebbe dire : La grande lottatrice ! Mai artista di teatro si è sentita così gagliarda e possente in faccia alle bufere della platea…. Pareva ch'ella godesse di trovarsi alle prese col mostro ◀dalle cento teste, e assaporasse nel conflitto l’ebbrezza della vittoria…. Che lanci di leonessa ! che ruggiti di tigre ! che gridi di angoscia, di terrore ! chi ricorda, chi ricorda i tre gridi famosi del Suicidio di Paolo Ferrari, e il famoso Vedova di Donna o Angelo di Teresa Sormanni, senza fremere ! che vita vissuta fu quella di Adelaide Tessero sulla scena ! Con quale spontaneità si movevan que' personaggi ! Che lagrime sgorgavano da quegli occhi infiammati ! Come ci si sentiva commossi davanti a quelle possenti creazioni, ch'erano : Patria, L'Odio, Fernanda di Sardou, Messalina, Cleopatra di Cossa, Le famiglie illegali di Pailleron, Il Ridicolo di Ferrari, e più tardi Odètte di Sardou, Maria Antonietta ed Elisabetta Regina d’Inghilterra di Giacometti, Maria Stuarda di Schiller, e tutto infine il repertorio della gloriosa zia Adelaide Ristori !!
Ermete Novelli, uno dei pochi, il solo forse, veramente capace d’intendere quella recitazione tutta impulsi, senza un fil di meccanica, dettò nel Fanfulla domenicale del 31 gennaio '92, poco dopo la morte di lei, un articolo ricco di commovente entusiasmo, da cui mi piace, per chiuder degnamente questo mio, stralciare un brano, che si riferisce a una recita di Fernanda al Margherita di Genova per la famiglia di Carlo D'Antoni.
Tutto, come dissi, andò…. come doveva, splendidamente ; ma dove l’entusiasmo del pubblico non ebbe più limiti, senza contare la commozione dei fratelli d’arte, fu al terzo atto, alla famosa scena fra Clotilde e Pomerol ! Non fu più la rappresentazione, no : fu tutto un dramma rubato alla vita ! Lei più nulla aveva di donna ; era diventata una belva : il suo viso, così dolce di solito, non era riconoscibile…. Pallida come un cadavere…. le labbra più pallide ancora, contratte, umide di bava…. Ne fui talmente spaventato per quelli che diceva di odiare, e ai quali voleva fare tanto male, che non compresi null’altro, se non il dovere di difendere da quella jena quei disgraziati ! Me le avventai addosso furibondo, la presi alla vita, strappandole con le unghie la stoffa del corsage, tentando trascinarla verso la quinta, senza riuscirvi, tanta era la forza, l’agilità con cui mi sfuggiva di mano…. urlando, sibilando ! Finalmente, mi riuscì di moltiplicare le forze : la sollevai. Il teatro sembrava deserto, tanto era profondo, spaventoso il silenzio che vi regnava. Si sarebbe detto che quei mille spettatori fossero compresi dalla verità di quel dramma : non si sentivano che i miei rantoli rabbiosi e le grida soffocate della povera Adelaide. Come siamo entrati dentro le quinte, come non siamo caduti, non saprei dire : so solamente che il pubblico la chiamò alla ribalta per ben undici volte, dico undici, sventolando i fazzoletti, in piedi…. e che, alla fine, ci trovammo abbracciati e piangenti, baciandoci come due innamorati ! Lei gridava : « Ecco, ecco la mia arte…. ritorno giovine !… » E io non sapevo che ripeterle : « come sei grande, come sei grande ! »
E dopo quella memorabile recita, ella tornò a Sampierdarena, ove faceva il carnevale con una compagnia…. non sua. Adelaide Tessero !!!