Dominici Enrico. Nato a Trapani il 24 ottobre del 1850 da Carlo, ufficiale di dogana, e Francesca Lombardo, fece il suo ingresso in arte, rappresentando per favore nei Mafiusi di Rizzotto (1864), che era amicissimo del padre di lui, una particina da ragazzo di poche parole ; particina che poi, mercè la svegliatezza e spontaneità del giovinetto, divenne a poco a poco la più importante dopo quella del protagonista, e diè forse l’idea del maggiore sviluppo del lavoro, allora in un solo atto.
Dopo alquante peripezie or con▶ una Compagnia Stecchi, di cui la prima donna era guercia, or ◀con▶ la Pochini, e di nuovo col Rizzotto in Sicilia, poi coll’Arcelli in Calabria, poi soldato nell’8° granatieri, finì coll’entrare il 1872 primo attore nella Compagnia di Federigo Boldrini, diretta dalla Pezzana, colla quale fu in Ispagna e nell’America del Sud. Scioltasi la Pezzana dalla compagnia, egli continuò trionfalmente al soldo del Boldrini, facendo il giro del Brasile : ma perdutivi di febbre gialla il capocomico e la moglie signora Cappella, e il primo attor giovine Ernesto Colonnello, tornò in Italia, dove, il’ 75, fece società ◀con▶ Alessandro Salvini, per passare poi primo attore scritturato ◀con▶ la Paladini, ◀con▶ cui fu a Lisbona, applauditissimo. Finito l’anno, formò società ◀con▶ Cavara e Piccinini ; poi si scritturò sino a tutto l’ ’81 ◀con▶ Ettore Dondini, per passare l’ ’82-’83-’84 ◀con▶ Alamanno Morelli. Fu l’ ’85 primo attore e direttore della Compagnia Faleni, l’ ’86, un po’ della stabile al Teatro Rossini di Napoli, e un po’di quella condotta dal Bollini ◀con▶ la Tessero prima attrice. Formò pel triennio ’87-’88-’89 compagnia stabile al Manzoni di Roma. Costretto a partirsene il ’91 per malattia, fu sino al ’92 ◀con▶ Serafini ; dopo il qual tempo ebbe compagnia propria fino al ’95. Stette un anno ◀con▶ Ermete Zacconi qual generico primario, per rifar poi compagnia che condusse ora in Egitto, ora in Grecia, ora in Turchia, e ◀con cui gira anch’oggi applaudito ne’teatri secondarj d’Italia.

Enrico Dominici, attore di intelligenza svegliata e pronta, aitante della persona, di voce flessibile e forte, di slancio tutto meridionale, che fu forse talvolta a scapito della correttezza, s’ebbe a patir le più grandi amarezze dell’arte, e a provarne tutte le gioje. Queste però non lo compensaron di quelle. Gli fu data al Brasile la croce di cavalier della Rosa, in Portogallo quella dell’ordine di Cristo, e da noi, ministro Coppino, quella della Corona d’Italia.