(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 780-781
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(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [D]. I COMICI ITALIANI — article » pp. 780-781

Dominici Ettore. Se non seppe levarsi ad alto grado di arte come attore (non uscì mai dal ruolo di generico) egli ha diritto qui a un cenno speciale di lode pel posto al quale, mercè l’amore dello studio e la svegliatezza dell’ingegno e una particolare attitudine, seppe salire come autor comico.

Il Dominici nacque il 1838 a Perugia dall’avvocato Francesco e dalla marchesa Emilia Bourbon del Monte Santa Maria. Fatto il liceo nella città nativa, fu da vicende domestiche condotto a Firenze, quand’era sul punto di darsi agli studj legali. La sua carriera artistica incominciò nella primavera del 1864 a Bologna, in Compagnia del cognato Giovanni Aliprandi. Vi entrò qual segretario, e quale scrittor di commedie ; e come da ragazzo aveva talvolta recitato con la sorella (V. Aliprandi-Alfonsina) nella filodrammatica di Perugia, così accettò anche di sostener qualche parte di non grande importanza. Visse per tal modo coi parenti sino al 1873, nel quale anno passò con Giuseppe Peracchi, avendo il cognato, per cattiva fortuna, dovuto scioglier la compagnia. Ma rifattala poi l’anno seguente in società con Carlo Romagnoli, egli ritornò sotto la vecchia bandiera. Accettò nel carnevale del 1876-77 a Trieste l’ufficio di direttore di quella filodrammatica Talìa ; che lasciò dopo un solo anno, per passare amministratore del Politeama Rossetti, dove si trova tuttavia, qual segretario della Direzione.

Ecco la data della prima rappresentazione de’suoi lavori :

La Dote Fiume 1866
Un passo falso Trieste 1868
La Legge del cuore Id. 1870
I tiranni domestici Id. 1872
La Moda Id. 1872
Le due strade Firenze 1873
Triste passato Siena 1873
Una Società anonima Roma 1874
Misteri d’amore Ancona 1874
Le donne virtuose Trieste 1875
La Beneficenza (fiasco) Parma 1875
Follie d’estate Roma 1876
La Fidanzata Trieste 1877
L’Orfano calabrese Id. 1877

Prima di entrare in arte aveva già scritto Zio e Nipote, Giovani e vecchi, Maria o Amore, La camorra, e Ada o l’angelo della famiglia.

Dire degli applausi del pubblico e delle malignità della critica, che davano al giovane autore momenti fuggevoli di gioia suprema e lunghe ore di supremo sconforto, è arduo. Egli il quale non aveva che un fine nella vita : lo studio ; e un fine nello studio : l’arte ;…. che, vittima di una modestia fuor di misura, il più bello e il più fatale degli ornamenti umani, avea l’animo delicato a segno da accoglier ogni dolorosa sensazione che la superbia e ignoranza e invidia gli venivan man mano generando, egli, dico, inconscio della sua forza, si ritrasse alla fine dalla battaglia, più rassegnato che sfiduciato. A dare un’idea dell’animo suo buono, metto qui un brano di lettera, scritta a me quest’anno :

Nel lavorare non mirai mai a scopi d’ambizione o di lucro. Quando dopo molte, forse troppe prove, mi convinsi che la povertà dell’ingegno e la coltura insufficiente non mi consentivano di uscir dalla mediocrità, deposi la penna, pensando che con opere mediocri non val la pena d’ingrossare il ciarpame artistico-letterario d’Italia. Di questa mia astensione nessuno a vero dire si accorse, salvo qualche amico cortese, che me ne mosse, per cortesia, rimprovero.

Di lui scrisse il Calissano in un opuscolo edito a Siena il 1876, nel quale sono messe in rilievo tutte le buone qualità dello scrittore, alcuna opera esaminando con coscienza di artista, quale ad esempio, la Moda, una delle migliori, se non la migliore di lui.

Non si sa per via di quali ragioni, fu stabilito che i comici, ignari della gran vita che si agita fuor da essi, e parte attiva di quella sola artificiale che metton loro davanti agli occhi autori dall’indole più svariata, non posson dare, divenendo autori alla lor volta, che raffazzonamenti di commedie o scene altrui. I tre atti della Legge del cuore di Dominici che richiamavan di fatto al pensiero il Vero blasone di Gherardi del Testa, non solo confermaron la opinione della critica, ma furon come il punto di partenza per la demolizione dell’autore : il semplice ricordo di un’idea distruggeva in un attimo nel cuore e nella mente, ma più nel cuore, dei demolitori, le qualità essenziali e originali, che nessuno avrebbe mai dovuto disconoscere : la spontaneità e vivezza del dialogo, la chiarezza dell’esposizione. Egli è ben vero che alla epidemica malignità della critica rispondeva il pubblico applaudendo, ma nel cuore sensibile del Dominici gli applausi dell’uno eran soffocati dalle fischiate dell’altra. E oggi, lo sconosciuto Dominici, del quale i giovani autori d’Italia non sanno pur l’esistenza, in un paese di tristi ricordi e di dolci illusioni, oggi, dico, da un tedesco, il Duca di Meiningen, è invitato ad ornare di una copia delle opere sue la grande biblioteca del nobile artista, e ne riceve in premio la Croce di cavaliere dell’ordine Ernestino.