Taddei Rosa. Sorella del precedente, nata a Trento il 30 agosto 1799, si diede come lui all’arte dei parenti, giovanissima, e riuscì a soli diciassette anni egregia nelle parti amorose di prima donna, mutandosi poi in egregia prima donna tragica. Mostrò da bambina un particolare amore agli studj, che potè coltivare al▶ fianco dello zio Emanuele Taddei, uomo per dottrina chiarissimo ; e, dotata di una memoria prodigiosa e di una mente eletta, si trovò, ancor giovine, ricca di una vastissima coltura storica e letteraria. Non mai lasciò i classici greci e latini, nè lasciò mai di esercitarsi in dettar poesie di ogni genere e di ogni metro. Recatosi il poeta improvvisatore Pistrucci a Viterbo, a darvi accademie alternate con le rappresentazioni della Compagnia Taddei, invitò una sera la Rosa a svolger con lui di su la scena l’ultimo tema datogli. Parve a' più una celia ; ma la giovane artista, che assisteva da un palco di proscenio, si levò incontanente ; e recatasi alla ribalta, improvvisò una sestina-fervorino, che le acquistò subito la benevolenza del pubblico, andatasi poi grado a grado mutando in entusiasmo, onde, a tenzone finita, ella fu accompagnata a casa con torce, in mezzo alle più pazze acclamazioni.

Da quella sera fu improvvisatrice famosa, e giunta a Roma, accolta e festeggiata da Iacopo Ferretti, tal fanatismo vi suscitò con le frequenti accademie, che fu ascritta col nome di Licori Partenopea tra gli Arcadi di Roma.
Raccomandandola il Perticari ◀al▶ Conte Gabrielli di Fano, scriveva : « Fa ragione che le nove muse vengano di persona a salutarti, perchè elle ti mandano la Rosina Taddei loro amica e compagna. Non vado più in parole, perchè so a che anima cortese io scriva, e perchè una bella giovanetta, che canta versi soavissimi, non ha bisogno di commendazione. » Francesco Re di Napoli la pensionò. Dopo dodici anni di casto amore, s’unì in matrimonio col comico Mozzidolfi, colto e integerrimo uomo, e morì in Roma il 3 marzo del 1869.
A dare un saggio dell’arte sua poetica, metto qui il principio e la fine dell’ode ch'ella dettò nel '64 per la malattia del fratello Luigi :
Sorgi, suonò di Naim in su le portel’Eterna voce onde l’inferno è vinto ;e tosto dal feral sonno di mortesurse l’estinto.Ed or la stessa sua voce sovrana,all’ orecchio de' fisici eccellenti,Destatelo, suonò con legge arcanad’alti portenti :e ispirati di Cristo alla parola,sommessi a Lui che l’ Universo ha in pugno,obbedian gli educati all’alta scuoladel gran Cotugno.Dio nella nostra la sua man ti porge ;e i sensi, che all’udir pareano sordi,scuote, e risorge.…………..Fratel, che tante lagrime mi costi,solo un conforto hai tu nel tuo malore ;che almen felice nel dolor tu fostifra tanto amore.Deh ! Non sparger d’oblio sì dolce idea,fin che ti basti la novella vita :Dal giusto Dio che suscita e ricrea,venne l’aita.Ei fe' di tutti sperimento : e tuttitrovi degni di premio all’oprar loro ;e lor darà centuplicati i fruttidall’arche d’oro.E poichè immenso don di sua pietadeti pose il fido Beniamin d’appresso,che, conforto a' tuoi mali, or la metadeè di te stesso ;appena il potrai tu, fa ch'ei ti guidi◀al tempio di Maria, madre di Cristo,se delle offese membra ti confidiriaver l’acquisto ;e udrem, nuovo miracolo di Cielo,la stessa di Gesù voce divina,ripeterti col suon dell’ Evangelo :Sorgi e Cammina.