(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Venezia il 31 10bre 1837.E il 14 novembre : » pp. 389-402
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(1897) I comici italiani : biografia, bibliografia, iconografia « [B] — Venezia il 31 10bre 1837.E il 14 novembre : » pp. 389-402

Bettini Amalia. Figlia dei precedenti, nacque in Milano il 15 agosto del 1809. A sei anni, trovandosi la madre in Napoli colla Compagnia di Salvatore Fabbrichesi, fu messa in uno de’ primi educandati francesi, dal quale, morto il padre, uscì a tredici anni, per entrare a sostener le parti di amorosa nella Compagnia Reale di Napoli diretta dal Fabbrichesi stesso, di cui facevan parte Giuseppe De Marini e Luigi Vestri, attori massimi del lor tempo, che, affezionatisi alla fanciulla ben promettente di sè, l’avviarono, e l’addestrarono a quell’arte in cui non ebber rivali, e in cui ella, recitando a Padova colla Compagnia, provocò il seguente articolo che traggo dalle Varietà teatrali del ’24 (Venezia, Rizzi) :

Bettini figlia…. giovinetta di 15 anni, di leggiadra figura, di volto avvenente, di bei modi, non iscarsa di grazie, e solo da un anno al drammatico esercizio educata, ella supera sè medesima, e porge altissime speranze di pareggiare ben presto le decantate prime attrici, che l’han preceduta. Nulla le manca ad essere nel numero delle valenti, fuorchè un esercizio più lungo, mancanza a cui il tempo porrà quanto prima il compenso ; ma intanto è dolce il vederla con merito vero rappresentare i suoi caratteri, e troppo bello e giocondo il difetto, che alcun rigido osservatore in qualche parte le addossa, d’essere cioè troppo giovine. Oh ! quanto meglio ciò conta che il vedere provetta attrice con tre dozzine d’anni alle spalle affibbiati rappresentarci talora l’ingenua ragazza, o la spiritosa sposina ! Si calmi adunque di talun l’iraconda impazienza, e mentre da un lato trova in questa compagnia chi per assoluta perizia può soddisfarlo, si appaghi dall’altro della tenera capacità e delle belle speranze, onde a buon dritto l’Itala scena può attendere in questa ragazza una novella esimia attrice.

Al principio del 1824 seguì con la madre il Fabbrichesi che lasciava Napoli per condurre la Compagnia nell’Italia centrale.

Essendo lui morto nell’autunno del ’28 a Verona, e lei avendo terminato la scrittura col carnevale del ’29, si recò, in compagnia della madre, a Vicenza, per sostener le parti di prima attrice in quella filodrammatica…. che lasciò dopo un anno per formare una compagnietta, della quale essa era, si capisce, direttrice, prima attrice, matatrice, e…. si può capire anche questo, infelice ! Ma se la speculazione fallì, non fallì certo il principale intento di dar libero sfogo alla sua passione, dominata pur sempre da un sentimento vero dell’arte, e di farsi conoscere e ammirare da’varj pubblici ; chè, adocchiatala il Nardelli, capocomico veronese di buon nome, e caratterista egregio, la scritturò per quattr’anni come prima attrice assoluta.

Dalla Compagnia Nardelli passò (1835) in quella di Romualdo Mascherpa, della quale eran principale ornamento i fratelli Dondini, Gattinelli padre, e Giacomo Landozzi. Dovunque ella si recò ebbe onore di rime e di effigie ; e in Perugia le fu coniata questa medaglia d’oro, la riproduzione della quale, come quella de’ritratti, io debbo alla squisita cortesia della figliuola Maria Lismondo.

Nè agli applausi e agli onori si limitò il trionfo della Bettini ; chè ogni sera il teatro riboccava di spettatori, tanto che, nella sola primavera di Trieste, sappiamo che il Mascherpa guadagnò nette 27,000 lire austriache. Tornò poi col Nardelli che ella amava come padre, e che, in capo a tre anni, messa assieme la non lieve somma di 55,000 franchi, si ritirò beatamente in un paesello del veronese.

Dai versi di un cigno livornese, non certo morente, che qui riproduco, e che debbo alla cortesia del dott. Diomede Bonamici, sappiamo quali erano i componenti la Compagnia.

Il ritiro del Nardelli coincise con quello della grande Marchionni, l’astro maggiore della R. Compagnia di Torino, diretta da Gaetano Bazzi, il quale subito pensò di sostituirle la Bettini alle stesse condizioni. Avuto sentore in arte del ritiro di Gaetano Nardelli, non so dire da quali e quante proposte ella fu assediata ; proposte che non furon poi accettate, perchè ella si risolse per la R. Compagnia Sarda, nella quale, dopo due anni, ebbe le stesse accoglienze festose, gli stessi onori prodigati alla grande attrice che la precedette, e che per ben diciassette anni fu l’idolo di quel pubblico ; e dalla quale uscì per isposare in Bologna il dott. Raffaele Minardi.

Eccone l’atto di matrimonio :

Anno 18 quarantadue (1842) li due (2) del mese di Giugno ommesse le pubblicazioni seguite nel tempo della celebrazione della S. Messa in questa Chiesa Parrocchiale dei SS. Giuseppe e Ignazio, domicilio dell’infrascritta sposo, e nella Parrocchia di S. Bartolomeo, domicilio dell’infrascritto sposo, e non essendovi denunciato alcun impedimento canonico, io infrascritto Parroco dei SS. Giuseppe e Ignazio ho congiunto in matrimonio secondo il prescritto dal Concilio di Trento il sig. Dottore Raffaele figlio del fu Pasquale Minardi e della vivente signora Maria Pilati della Parrocchia di S. Bartolomeo colla signora Amalia figlia del fu sig. Giovanni Bettini e della vivente signora Lucrezia Mora di questa Parrocchia de’ SS. Giuseppe ed Ignazio, testimonii sig. D. Serafino del vivente Francesco Giorgi abitante in via Castiglione N. 345 e 7, e Giovanni figlio del fu Giuseppe Cerioli abitante in via Castiglione N. 345 e 7.

A dare un’idea del valore artistico della Bettini, e del come e quanto ella fosse apprezzata da’compagni di arte ; e anche a mostrare dell’arte le condizioni a quel tempo, metto qui brani di lettere ordinati cronologicamente, e gentilmente trascritti dall’egregio Antonio Fiacchi, geniale scrittore di critica teatrale ; non togliendo, nè aggiungendo parole a quelle da lui messe per legare chiaramente e opportunamente l’una lettera all’altra.

Da Napoli, il 28 novembre 1837, Pietro Monti propone alla Bettini di far parte della Compagnia dei Fiorentini per l’anno 1840 ; e soggiunge che la società si compone di esso lui, del cognato Adamo Alberti e di Prepiani socio di Tessari.

Si capisce che l’attrice ha esposto le sue pretese ; a cui il Monti risponde il 21 dicembre :

Dalla tua ho rilevato che tu o non hai piacere di far parte della nuova compagnia propostati o che tu hai voluto scherzare…………….

…. ti rammento ancora che per ora dalla sopraintendenza posti assoluti non se ne danno, come pure abbi presente che l’Egregio benemerito Fabbrichesi per pagar molto fu obbligato partire ad onta che aveva L. 4500 di più dalla Corte oltre L. 24,000 d’appalto degli introiti serali niente indifferenti……………

A questa lettera la Bettini risponde colla seguente :

Mio Caro Monti,

Ricevo la tua 21 spirante e la riscontro al momento.

Si vede che tu conosci poco il mio carattere – per tua norma io sono seria sempre e non amo per nulla scherzare. Vedo piuttosto che tu sei d’umore molto allegro. Come ? oltre il tuo invito di limitarmi sulla paga, mi dici ancora che la vostra Sopraintendensa non accorda posti assoluti ! Mi fai osservare che il mio amor proprio sarà appagato ? Non ho bisogno di venire a Napoli per godere di questa soddisfazione…. anzi più di quello che lo è nell’alta Italia non potrei desiderarlo. Conosco chiaramente che siete voi piuttosto che non aggradite troppo di avermi nella vostra Compagnia piuttosto che dire ch’io non amo di farne parte. Di quanto scrissi nella mia del 9 non mi rimuovo d’una sillaba.

V’auguro fortuna e quando vi verrà in capo di pensare a me ricordatevi di parlare sul serio e che io non scherzo mai.

Mamma ed io contraccambiamo gli augurj che c’invil per il nuovo anno. Salutami tua moglie e credimi pure mai sempre

La tua Obb. ma amica
Amalia Bettini.

Il 14 gennaio 1838 Camillo Ferri da Milano propone alla Bettini il posto di prima attrice assoluta nella propria Compagnia alle stesse condizioni che ha col Nardelli, e soggiunge :

Mi si dice che quest’ultimo non prosegua oltre il 39 ed è perciò che le avanzo questa proposizione, in caso contrario mi guarderei bene dal tentare di rapirle uno dei primi ornamenti dell’ arte nostra.

Da Milano il 12 marzo 1838 Gio. Batta Gottardi le offre scrittura per l’anno 39-40, ed acclude alla lettera un biglietto Pietro Boccomini.

Il 3 aprile il Monti torna alla carica dicendo :

…………………………………..

Ecco ciò che ti offro : Posto assoluto di Iª donna – onorario annuo Franchi Italiani novemila ed una serata intera nell’appalto ad uso comico. Le prime 4 commedie e le prime 4 tragedie a tua scelta ed oltre de’ riposi che dà la piazza, uno d’obbligo alla settimana……

L’11 aprile 1838 il Gottardi da Torino torna alla carica, ed, autorizzato anche dal suo futuro socio Domeniconi, le propone

il posto di Iª attrice assoluta dalla quaresima del 1840, l’onorario di 12 mila lire austriache divise in tante mezze mesate anticipate, ed il compenso di mezza serata per piazza ad uso comico. – Dispensa dalle recite doppie – una recita per settimana di tutta vostra scelta.

Il 24 aprile 1838, il Monti da Napoli cresce l’offerta di 10 mila lire ed una serata di beneficio con appalto sospeso.

Da Ferrara il Domeniconi il 23 aprile 38, conferma quanto le ha proposto a mezzo del suo futuro socio Gottardi e la esorta ad accettare la scrittura propostale.

Romualdo Mascherpa, con questa intestazione stampata :

Il Capo Comico – della Drammatica Compagnia al servizio di S. M. Maria Luigia, Principessa Imperiale, Arciduchessa d’Austria, Duchessa di Parma, ecc., ecc.

scrive da Bergamo il 21 aprile 1840 rallegrandosi colla Bettini che debuttava a Torino quale prima attrice della Reale Compagnia Drammatica Sarda.

Giuseppe Coltellini da Lucca (13 maggio 1840) chiede se è contenta della sua nuova posizione per farle in caso delle proposte. Vi è un P. S. che trascrivo :

In questo momento ricevo una lettera di mio fratello, il quale mi dà notizia delli coniugi Tessari. Andò in iscena la Carolina con Sedici anni sono e fece un fiasco deciso – andò lui di seconda sera col Filippo e fece doppia damigiana. Si riprodusse la Carolina coll’Irrequieta, nella qual parte piacque infinitamente. Soggiunge mio fratello che la prima sera non piacque nè al pubblico, nè ai comici. Sentiremo in seguito.

Queste notizie erano sulla Compagnia dei Fiorentini, nella quale era andato pure il Domeniconi mandando così a monte la società col Gottardi. Infatti nel 19 giugno 1840 il Domeniconi stesso scrive da Napoli per sentire se sarebbe disposta ad aprire trattative con lui per l’anno successivo e poi parlando di cabale e intrighi soggiunge :

Fra i nuovi attori per Napoli, io sono stato quello che da principio ho trovato più opposizione degli altri, come è vero altresì che più presto degli altri mi è riuscito di vincerla. Ancor qui i partiti e gl’intrighi si avvicendano, ma l’evidenza fa cessare le storte illusioni.

L. Da Rizzo il 7 luglio 1840 scrive da Roma :

Vengo assicurato che Ella non rimanga, dopo il corrente anno, nella Reale Compagnia.

Se fra le cose possibili la voce sparsasi fosse vera, io mi reputerei fortunato di poterle offerire il posto di Iª attrice assoluta dandole carta bianca per fissare l’onorario e stabilire le convenienze per tre anni.

Mi onori ecc…….

Il 23 stesso mese il Da Rizzo manda le scritture in bianco con facoltà di aggiungervi, se crede, il nome della madre per le parti caratteristiche.

Il 12 agosto da Vercelli Angelo Lipparini scrive alla madre dell’Amalia :

Ho veduto alcune lettere scritte da Torino che accertano lo scioglimento col signor Bazzi, di sua figlia. è vero che io non porto un nome Reale ma ho sempre fatto onore alla mia firma in modo da non invidiare quella del sig. Bazzi : se dunque ciò fosse, ecc.

Il 17 agosto proporrebbe di far un cambio colla sua Iª attrice, la Santoni.

Ora vien fuori Francesco Paladini da Ravenna il 25 agosto, dicendo che è in trattative di far società con Domeniconi, e quindi spera che la Bettini cui si dirige, accetti d’andare con essi. Dopo ciò si sfoga contro le arti di una mala femmina ingrata, che dopo averlo lusingato per averlo in Compagnia, gli fa fare delle parti non da paedre, e la moglie di lui, infelice, recita ogni 4 0 5 sere e nelle farse !

Poi c’è un P. S. : « Ditemi se fate Il Bicchier d’acqua e come è distribuita questa commedia nella R. Compagnia. »

Gaetano Coltellini, deciso di dividersi dal Vergnano, propone da Verona il 9 settembre 1840 la scrittura di Iª attrice alle identiche condizioni fattele dalla Compagnia Reale, e conclude :

Gli attori principali che avrei in vista e che potrei con certezza stabilire sono questi : Ferri – Voller padre e Colombini brillante ; di questi due ultimi mi si fanno grandi elogi – la coppia Pedretti che non abbandonerò mai….

Il 12 settembre il solito Paladini, che avrà già recitato il Bicchier d’acqua, trovandosi a Roma, scrive per sentire le pretese per far parte di una Compagnia semi-sedentaria (sic) che si vuol formare colà a cominciare dal 1842.

Un Cilenti (forse Pisenti ? – la firma non è chiara) scrive da Forlì il 17 settembre una supplica :

Mi viene fatto suporre che quest’altro anno la brava, imparegiabile Bettini, non trovi convenienza il sequitare con la Compagnia Reale. Dato il caso io vado in tracia della mia fortuna, si come fu di Nardelli, che non fa che ripetere, la mia sorta la Devo alla Bettini….

Il Paladini il 24 settembre da Roma annunzia che il progetto della Compagnia semi-sedentaria è caduto in terra addirittura ed esclama in un momento di giusto sdegno : « l’arte drammatica in Italia abbandonata viene a sè stessa ed all’infuori di qualche spiantato speculatore (sic) nessuno se ne occupa. » E soggiunge :

Sono ben semplici i comici di qualche fama, di legarsi a de’ speculatori senza fondi i quali ci pagano se fanno denari e falliscono all’occorrenza, e senza nulla arrischiare fanno commercio della vostra capacità e del vostro sapere ! Se gli artisti conoscessero il vero loro interesse, dovrebbero unirsi in società e quindi operando a loro senno, dar la legge a questi miserabili speculatori senza senno nè mezzi e fare il loro interesse. Mi direte essere difficile il trovare persone oneste ; ma vi dirò francamente non esserne al tutto priva la drammatica arte. Mi stà tuttora presente la felice società della Marchionni, Meraviglia e Calamari, dessi andarono d’accordo e fecero il loro interesse.

Vincenzo Jacovacci
appaltatore del Regio Teatro di Apollo e Valle in Roma

le scriveva da Firenze il 26 settembre 1840 :

Stavo in trattative col Bazzi per prendere la sua Compagnia per l’autunno 42, ma appena inteso che ella in quell’epoca non si trova più in codesta Compagnia ho sconcluso tutto mentre l’oggetto principale e le mie speranze erano fondate giustamente sulla somma e gran Bettini. Mi è stato supposto che ella faccia Compagnia per quel tempo : se ciò fosse vero desidererei combinare per l’autunno stesso del 42 col dargli il teatro Valle.

E il 1 ottobre :

…. Aspetterò anche due buoni mesi prima di prendere impegni per il teatro Valle pel 1842 perchè mi preme e desidero sommamente di combinare con quel capocomico che ella anderà….

Nello stesso giorno il Da Rizzo le scriveva da Roma :

So che finalmente Ella ha potuto ottenere il tanto bramato scioglimento dalla R. Compagnia Sarda.

Il contratto da me stabilito con la signora Internari è per tre anni.

Posso però, anzi sono determinato, onde non rinunziare al vantaggio di fare l’ottimo di Lei acquisto, di disporre gli elementi necessari a formare un’altra primaria Compagnia, nel caso che la signora Internari fosse contenta di proseguire anco pel 42 e 43 con me.

Alla Direzione della nuova Compagnia verrei io stesso e si agirebbe almeno sei mesi in Roma.

Il Domeniconi, il 4 ottobre 1840 da Napoli, vorrebbe riallacciare le trattative per l’anno 1842, e così Da Rizzo da Roma il 16 dello stesso mese, che accenna che fra gli attori disponibili per il ’42 spera di trovare il Gattinelli e forse Venturoli.

Il Domeniconi, il 18 detto, parlando delle pretese, dice :

Circa all’onorario vi prego di considerare che la Compagnia Reale di Torino ha un provvedimento sovrano che manca alle altre Compagnie girovaghe e le 12,000 lire austriache che vi avevo accordato credo che sia il maggiore stipendio che queste possano accordare ; non è questa un’ offesa al vostro sommo ed incontestabile merito, ma sono i meschini proventi che si ricavano dagli esercizi drammatici nel nostro disgraziato paese….

Ricompare il Mascherpa, sempre al servizio di S. M. Maria Luigia, ecc. Scrive da Bologna (20 ottobre ’40) che ha ricevuto la lettera che gli sopragiunse da Venezia e lagnandosi di non aver saputo prima lo scioglimento del Bazzi, mette il dilemma : « ho io non godevo la vostra confidenza, ho perchè non mi credevate vero ed onesto amico – ed assicuro che non ho fatto traspirare a nessuno la vostra lettera ; » e conclude : « ricevete da me un Baccio da vecchio (cioè senza Malizia ! ma il core parla !!!) datte un Baccio alla mamma, ecc. »

Il Mascherpa ha indovinato che la Bettini si marita, e scrive da Bologna il 19 novembre ’40 :

…. mi confermo che la vostra rissoluzione è fatta per accasarvi. Io vi auguro tutti i beni e vi desidero tutte le felicità che non vi potranno mancare per la vostra onesta condotta.

Io fui obbligato di rinunziare alla quaresima di Bergamo pagando una penale di cinquanta zecchini effettivi.

Poi abbiamo una lettera di F. Lottini a Giuseppe Bosio (Bassano, 1°maggio ’41) per sapere se la Bettini intenda o no di accettare le proposte Mascherpa, dipendendo da essa sola l’avvenire della Compagnia, della quale naturalmente il Lottini fa parte. Il Bosio, si capisce, era nella Reale.

E torna Da Rizzo l’8 maggio 1841 da Firenze, con una lettera che trascrivo quasi integralmente :

Angelica Creatura,

Perdonate la mia importunità. Vi dispiacerebbe se vi offerissi, a nome di un ricco signore di Firenze, un onorifico contratto per rimanere tre stagioni dell’anno ferma ad agire in Firenze ?

Di questa combinazione farebbe parte l’amico Gattinelli.

……….………………………..

Il progetto sarebbe onorifico e vantaggioso per voi, e per me l’àncora di salvezza poichè in 3 anni ho perduto 32 mila lire austriache. – Voi sareste il mio nume tutelare.

E da Bologna, in data 18 maggio :

…. la persona che ambirebbe avervi per cardine principale della Compagnia che vuol formare per Firenze, non escludendo una qualche scappata per poche recite nelle vicinanze e specialmente alla Villa del Sovrano a Poggio-Cajano, è pronta ad assicurarvi l’onorario sopra quella Banca che meglio vi piacerà di indicargli. Non posso dirvi per ora, fuori di Gattinelli, quali saranno i vostri compagni….

L. Da Rizzo.

Il progetto va a monte – ed il Da Rizzo ne comunica il fiasco, colle lagrime agli occhi.

Il Lipparini da Genova (25 giugno 41) insiste per aver la Bettini e scrive :

Vi faccio una confidenza : la Santoni me ne fa provare d’ogni genere – cerca tutte le strade di andarsene, manca alle prove, non vuole recitare che le parti che le vanno a genio – qui è giunta un giorno dopo gli altri, e poi…. e poi tralascio perchè direi troppo.

Tutto il male è stato perchè mi chiese un permesso di 4 mesi di andare a Marsiglia e tornare alla Compagnia alla fine di 7bre (vedete che pretese) glielo negai, perchè come doveva fare con Genova che sono pagato ? il mestiere per lei serve da secondo ; si teme…. si vedrà ! ad ogni piazza si teme che fuga si deve stare sempre in guardia e a dirvi il vero sono stanco di fare questa vita ; infelice quel Capo Comico che la prenderà…..

Qui abbiamo il Bazzi che le scrive da casa (Milano, 19 settembre 1841) per proporle di rimanere nella sua Compagnia alle stesse condizioni sinora accordatele. Soltanto soggiunge :

Ella mi concederebbe la libertà di tre recite per settimana escludendo in esse la recitazione di Drammi o Tragedie locchè verrebbe unicamente assegnato al di lei diritto e nel caso di malattie approffitterei della opera sua per tutte cinque recite ; otterebbe da ciò, sicurezza di salute, bramosia nel pubblico ed effetto sicurissimo……

…. baciandole rispettosamente le mani, mi dico

suo obb.mo servo ed amico
Gaetano Bazzi.

E qui giova aggiungere che il Bazzi, il Monti e Jacovacci si facevano scrivere le lettere e le loro firme sembrano i saldatti che certi faleniami mettano nelle liste !

Da Jesi, Gaetano Coltellini il 29 settembre 1841 scrive : « Ebbene, abbandoni la professione ? Dobbiamo piangere la tua perdita come abbiamo fatto poco tempo indietro per quella di un altro sommo ? » Forse allude alla stessa Marchionni, ritiratasi un anno a dietro, e surrogata appunto dalla Bettini ?

E Gaetano Gattinelli scrive da Roma il 26 ottobre del 1841 :

Carissima Amalia,

Parecchi signori di Roma sarebbero intenzionati di formare una Compagnia Drammatica che facesse onore alla nostra bella Italia : codesta Compagnia avrebbe principio coll’anno comico 1843 ; agirebbe nello Autunno e Carnevale in Roma ; nelle provincie dello Stato Pontificio in Primavera ed Estate e negli Stati vicini la Quaresima e l’Avvento. Io fui incombenzato di scrivere a te se vuoi essere la prima attrice di codesta Compagnia ; sai quanto i Romani ti amano, ed apprezzano il tuo merito singolare….

…. Questi signori non attendono che questa tua risposta ed io egualmente onde non restarmene in pendenza e potere realizzare la mia idea di trovarmi nuovamente vicino alla prima attrice drammatica che possa vantare la nostra Italia.

Aff.° Osseq. servo ed amico
Gaetano Gattinelli.
Eccellente Amalia,

La tua lettera gelò il sangue a que’ tali che ideavano averti per prima attrice in una Compagnia che per primo scopo doveva riformare il teatro italiano in quanto alla buona recitazione. Io chino il capo alle circostanze : fa ciò che credi, quello che il cuore ti detta. Solo ti prego, qualora nel venturo maggio tu ti decidessi a rimanere nell’arte pel bene della medesima, dammene un pronto avviso. Io pure se Dio mi darà forza e salute ho ferma intenzione di ritirarmi dalle scene dopo altri cinque anni, ma prima di far ciò desidero ardentemente (per quanto il mio scarso ingegno lo permetterà) cooperare con que’ pochi ottimi artisti drammatici che abbiamo in Italia (dai quali cerco imparare e le massime e l’arte) onde formare un buon gusto generale in tutta Italia che va purtroppo scadendo colpa la noncuranza in che si tengono le cose vere e naturali, le finitezze, le sfumature dell’arte come noi le chiamiamo, per applaudire soltanto alle esagerazioni, contrarie il più delle volte al buon senso. Speriamo che il bel giorno venga e tu che hai coltura e reale abilità artistica e sentimento sublime puoi affrettarlo – io me lo auguro. Addio.

Obb.mo Tuo servo ed amico
Gaetano Gattinelli.

Domeniconi da Napoli il 26 novembre ’41, tanto per cambiare, insiste per scritturarla qual prima attrice in una delle due compagnie che sta formando : e l’11 dicembre 1841 Corrado Vergnano da Parma canta la stessa solfa. Francesca Vergnano (la moglie del suddetto) ha saputo delle trattative, e così scrive all’amica :

È egli vero ? Si attende un tuo assenso perchè ogni sventura della mia famiglia stia per avere un termine ! Mia cara Amalia, soccorri all’amica, acconsenti a tutto ed io ti adorerò come una santa, ed infatti tu saresti una santa per me e quest’ opera ti frutterà mille benedizioni ed ogni felicità. – È inutile che io spinga il tuo cuore con maggiori parole, sono persuasa che tu farai ogni sforzo per rendere la felicità ad una amica la di cui vita, dirò così, dipende da un tuo assenso….

La lettera pare non avesse risposta, poichè il Vergnano tornò alla carica, rivolgendosi alla madre, pel desiderio vivissimo di avvicinarsi alla « odierna celebrità drammatica. »

Camillo Ferri, che incontrammo sui primi gradini di questa scala epistolare, riprende la penna in Roma il 6 gennaio 1842, per proporre scrittura a colei la quale il3 giugno successivo s’impalmava fra le felsinee mura col dott. Minardi.

E Vergnano non cede : da Padova, il 26 febbraio detto anno, spera ancora di poterla aggregare alla sua « riunione drammatica. »

Mascherpa ha sentito dire che il matrimonio non si fa più, e quindi da Firenze il 9 marzo ’42, fa la proposta di scritturarla col titolo di « Iª attrice di riguardo, obbligata a fare sole 3 recite la settimana e da pasqua a tutto il carnevale non fosse obbligata a studiare più di otto produzioni nuove. » Essa avrebbe a compagni Landozzi, Lottini, Branchi e i coniugi Pelizza. Anche Mascherpa ha sentito dire che il matrimonio è andato in emaus e canta da Livorno (22 marzo ’42) il solito ritornello.

Amato Ricci Corrispondente Teatrale

ed impresario dell’I. e R. Teatro degli Arrischiati

di Firenze

in via Mercato nuovo,

é pressato il poveretto da molti capocomici che vorrebbero scritturare la Bettini, fra i quali il Checchi che sarebbe pronto a dare qualsiasi anticipazione.

Chiude l’epistolario il Paladini che il 24 aprile 1842 si lusinga ancora di potere concludere il contratto…. mentre quello nuziale è già alle viste.

A questi assedii di proposte, di preghiere, di suppliche, a queste espressioni di ammirazione e di devozione, si aggiungon lettere e versi di grandi che facevano a gara nel tributarle degnissime lodi. Nello studio su di Amalia Bettini di Giuseppe Costetti (I dimenticati vivi della Scena italiana. Roma, 1886), abbiamo un sonetto italiano e uno in dialetto di Gioacchino Belli, un’ode di Giovanni Prati, e lettere del Belli, del Niccolini, del Pellico, del Rossini.

Tu Regina dolcissima de’ cuori hai nell’italo socco i primi onori !

Incisione moderna di L. Margotti da una litogr. del tempo dello Stab. Angeloni.

Il Niccolini le dice : la natura vi ha privilegiata di mente arguta, d’animo forte e gentile : e non conosco chi abbia più dottrina e sentimento di quello ch’è bello. Arnoldo Fremy (Costetti, op. cit., p. 21), che la sentì a Venezia, scrisse nella Revue de Paris del 1837 che Amalia Bettini era la emulatrice di Fanny Kemble nel patetico e nell’impeto, e non inferiore a mademoiselle Mars nelle delicatezze e nella perfezione dell’arte. E Giorgio Briano nello Eridano Torinese, il 15 giugno ’41, scriveva al proposito della Iginia d’Asti di Silvio Pellico :

…. Che diremo della signora Amalia Bettini ? Ella fu dal grido universale salutata grandissima attrice ; una di quelle pochissime donne capaci di farsi interprete di un Pellico, di trascinare un intero pubblico agli applausi, di reggere alla più acuta e profonda critica. Dal primo suo apparire sulla scena, sino alla fine, fu il vero, il reale personaggio con tanto amore, con tanta forza descritto dal Pellico ; anzi si può dire, che lo stesso autore avrebbe provato una nuova compiacenza per la sua creazione ove l’avesse veduta rivivere per opera della egregia attrice.

L’autore ha colorito il carattere, la Bettini lo ha scolpito ; ella ebbe dall’autore una parola che passata sulle sue labbra conduceva al fremito, all’applauso, al delirio. Pareva che l’attrice volesse col vigore della sua anima, coll’espressione degli atti, coll’ardore del desiderio rientrare nell’entusiasmo che destò quell’alto lavoro ; pareva che un altro sentimento, non meno nobile e generoso, la infiammasse, ed era di recare un conforto, una gioia all’anima, su cui in pochi anni tanti e si fieri dolori si sono accumulati. Ella fu interprete dell’autore al pubblico, del pubblico all’autore. Descrivere a parte gli altri pregi di questa sua rappresentazione, seguirla in que’ suoi atteggiamenti varj, in quei rapidi trapassi che l’eccesso di una passione immensa, combattuta, rendeva in lei profondi, subitamente veraci, è cosa che non si può significare in brevi parole. Quando un’attrice ha tocco quella eccellenza a cui giunse la signora Bettini, il darle una lode comune sarebbe un oltraggio all’arte stessa, per cui tanto si affatica, per cui si può dire che viva. Abbiasi per ora la nostra ammirazione, che riputiamo il più bell’elogio al suo merito, quando quest’ammirazione è divenuta sentimento universale.

Queste bellissime parole trovo inserite nel bellissimo articolo che il Fiacchi dettava nel Piccolo Faust di Bologna, il 24 maggio 1894, dopo la morte della celebre artista, avvenuta a Roma otto giorni prima, a ottantacinque anni.

Traggo anche dall’articolo il seguente sonetto del Belli (1835), pubblicato dal Fiacchi la prima volta, e non più riprodotto :

ER PADRE E LA FIJJA

Si è stata una commedia troppo corta,
ma è stata una commedia accussi bella,
ch’io pe’ ssentilla ar monno un antra vorta
me ce farebbe strascinà in barella.
C’era una fijja d’una madre morta,
bona e graziosa e se chiamava Stella,
poi c’era un padre, una testaccia storta,
che strepitava : è quella o nun è quella.
La parte de sta fijja tanta cara,
senti, la recitò, na certa Amalia,
un angelo de Dio, ’na cosa rara.
Che pparlate ! che mmosse ! tutte fatte
da incantà. Benedetta quella bbalia
che l’ha infisciata e che j’ha dato er latte !

E sotto un ritratto della Bettini, litografia Matraire di Torino, disegnato dal vero da Pietro Petronilla (collezione Paglicci-Brozzi) e che io non riproduco per la poca differenza che è fra esso e il precedente, son messe le parole di Dante :

Vedi quanta virtù l’ha fatta degna di riverenza !

Chiudo queste notizie colle parole, tuttavia inedite, che un egregio artista contemporaneo, e affezionato compagno della Bettini (Antonio Colomberti), lasciò scritto di lei :

Possedeva una persona giusta, volto esprimente tutte le umane passioni ; era di capello castagno e di carnagione bianchissima. La sua voce corrispondeva a tutte le vibrazioni della sua anima. Di natura estremamente sensibile e nervosa, s’immedesimava tanto perfettamente nel personaggio da lei rappresentato, fosse esso comico, drammatico o tragico, da far provare allo spettatore le stesse impressioni da lei esuberantemente sentite. Dotata di memoria ferrea, poteva fare a meno del rammentatore ; ed in 5 anni che ebbi il piacere di esserle al fianco come direttore e primo attore, non l’ho mai veduta ricorrere al soggetto per saper la parola di entrata in scena. Abituata fin dalla sua più tenera gioventù a non considerare la sua parte dal numero dei foglietti, ma dall’interesse che poteva avere nell’intiera produzione, poneva in tutte lo stesso impegno, non escluse le farse.

Quasi tutte le opere drammatiche da lei interpretate potean dirsi suoi cavalli di battaglia ; chè ben poche eran quelle che, mercè sua, passavan senza una replica ; moltissime quelle che ne avean cinque, sei, otto, fin dieci. Fra le produzioni formanti il repertorio della Bettini, cito le seguenti, nelle quali ella era costantemente e ovunque acclamatissima :

Teresa – La finta ammalata – Mistress Siddons – Pamela nubile – Pamela maritata – I tristi effetti di un tardo ravvedimento – L’amor di una madre – Un fallo – Sedici anni or sono – La fedeltà alla prova – Maria Stuarda – Ottavia – Parisina – Pia de’ Tolomei – Iginia d’Asti – Gismonda da Mendrisio.

Quale ricchezza ! quanta varietà ! E questa donna acclamata, festeggiata, celebrata da pubblici e da poeti, lasciava a soli trentatrè anni le scene senza tornarvi più mai, se non per offrire alla patria il proprio contributo di donna italiana, a un misero compagno d’arte quello di donna di cuore.