Calderoni Francesco. Comico eccellente che fiorì nella seconda metà del secolo xvii. Luigi Riccoboni dopo di avere parlato delle condizioni artistiche, dell’ignoranza dei comici, della sudiceria dominante nelle commedie di allora (1690) dice :
Una sola Compagnia in questa spaventosa decadenza serbò la modestia sul teatro ; ma il buon esempio non durò gran tempo per poter essere seguito dagli altri : essa lasciò l’Italia per recarsi in Germania a servizio dell’ Elettor di Baviera a Monaco e a Bruxelles, d’onde poi passò a Vienna in Austria al servizio dell’ Imperator Leopoldo e di Giuseppe Re de’ Romani. A capi della Compagnia erano Francesco Calderoni detto Silvio, e Agata Calderoni detta Flaminia sua moglie, nonna della mia.
[La figlia di Francesco ed Agata Calderoni, sposatasi ad un Balletti fu madre di Elena, la famosa Flaminia della Compagnia del Reggente e moglie del Riccoboni. (V. Balletti)].
E qui aggiunge con molti particolari che il lettore vedrà trascritti al nome di Pietro Cotta, come essendosi questo imbattuto nel Calderoni, a lui si unisse in società, e con lui rialzasse a poco a poco il teatro, espurgandolo da tutto ciò che vi era allora di equivoco, di osceno, di immorale.
Di Francesco Calderoni metto qui una lettera inedita comunicatami gentilmente dal cav. Azzolini.
Mi forza incomodar V. E. con mie mal composte rige, le gran disunioni che nascono in q.ta Comp.ª, sopra della scena, che si auerebbe da esser fratelli, sono come nemici chi da un ochiata torta, chi ride dietro al altro, e tra l’altre ogn’un dice, scriverò al Sig.r Marchese Sua Ecc.za Mandarà gl’ordini. chio in quanto a me stimo che al detto di q.ti Sig.ri V. E. non facci altro che leggier lettere di Comedianti ; il Fiala, come scrissi a V. E. non uol saper niente, si che non si pol far un opera che sia bona, ma non solo le opere anche le comedie ; l’altra sera appunto si fece ti tre finti turchi e recito il secondo Zanni nouo che andò così bene che tutti si partirno inanzi fornita ; dicendo che se si fariano di quelle ci daranno delle Pomate. dove che ardisco suplicarla il dar ordine à qualcheduno che regoli la compag.ª pchè ò bisogno di studiare è tirarmi inanzi non di star à spasso p. i capricci d’altri ; la Sig.ª Flaminia à dato una delle sue parte che ne faceva due à mia sorella addesso pare che la Sig.ª Ippolita con la colega fatta tra di loro abbiano disgusto è la uoriano far fare alla guercina basta doppo dificultà si sono contentati ma però di nouo lo suplico il scriverli che la facciano recitare è la lettera onorarssi d’inuiarla à me però diretta alla Comp.ª non dirò più per non incomodarla, solo che se segue così non occorre uenir a Ferara p. che so che se non fosse in riguardo alla protetione di V. E. ci accopariano. È qui con farli umiliss.ma riuerenza p. parte di mia sorella che se li dedica serua, mi notifico
Di V. S. Ill.ma et Ecc.ma
Bergamo il dì 13 agosto 1664.

Li tre finti turchi è fragli scenari di Basilio Locatelli, conservati alla Corsiniana di Roma (Acc. de’ Lincei).
Il Fiala recitava le parti di capitano, e la signora Flaminia, la prima attrice, era sua moglie. Di loro sappiamo dal Bertolotti (op. cit.) che Ranucino Farnese per compiacere alla Corte di Mantova, nell’aprile 1670 lasciavale il Capitan Fialla, sua moglie Flaminia, loro figli e cognato, affinchè si unissero in Mantova con Nicolò Zccca (Bertolino) e formassero una buona compagnia comica.
Nel ’64 dunque il Calderoni non avea ancor preso moglie ; e data la famigliarità della sua lettera, doveva, se ben giovanissimo, essersi già acquistata ottima fama di artista.
Il 1687 pubblicò a Modena▶ dal Soliani stampatore ducale una commedia spagnuola « Gl’impegni per disgrazia, » tradotta dal Marchese Ippolito Bentivoglio, a cui forse è diretta la lettera del Calderoni. E pubblicò con nuove sue aggiunte a Vienna il 1699 da Gio. Van Ghelen, stampatore accademico, la commedia del Dott. Gio. Batta Boccabadati « Quando sta peggio sta meglio, ovvero la Dama innocente creduta colpevole. »
Dell’andata a Monaco del Calderoni abbiam qualche notizia nel bellissimo studio del Trautmann. Massimiliano Emanuele, il Principe Elettorale, come tutti i principi tedeschi del suo tempo, era un assiduo visitatore di Venezia, il gran centro europeo della vita di piacere che contendeva il primato a Parigi. Nel 1687 vi trovò la Compagnia del Calderoni, e subito risolse di legarla stabilmente alla sua Corte. Il contratto fu concluso nel luglio dal segretario intimo e poeta di teatro Bonaventura Terzago, dal cui giornale di viaggi si apprende come a titolo di sovvenzione fosser pagati 500 fiorini alla Compagnia che constava di undici persone. Entrarono in paga dal 1° ottobre con un decreto del principe, dal quale si hanno anche notizie precise sullo stipendio annuo di singoli attori. Francesco Calderoni e Agata Caterina sua moglie, Bernardo Bonifaci e Angela sua moglie, Francesco Balletti e Giovanna sua moglie, Vittorino D’Orsi e Teresa sua moglie ebber fiorini 1 200 ciascuno ; Domenico Orsatti, Domenico Bononcini, e Ambrogio Brollio, solo 600. Lo stipendio era pagato a quartali anticipati. Pare davvero che il Riccoboni non andasse errato nel tributar lodi uniche alla Compagnia del Calderoni, dappoichè essa rimase al servizio della Baviera sino all’ottobre del 1691. Dopo il qual tempo ritornò in Italia, e precisamente a Mantova, come abbiamo da una lettera dell’Elettore al Duca ; a cui raccomanda nel lor ritorno la coppia D’Orsi, e da una nota che ci fa sapere come « i loro abiti da commedianti furono spediti a Mantova in 29 casse. »
Dalle qui unite lettere, esistenti nel R. Archivio di Stato di ◀Modena▶, dirette al Computista del Ser.mo di ◀Modena▶ in Ferrara, Girolamo Viviani, apprendiamo alcune delle piazze in cui si trovò la Compagnia del Calderoni dopo ritornata di Baviera.
Dalla compitissima Sua sento le glorie fracesi, che già comincio a vedere che la fortuna, a cura ma questo poco m’importa, sono gl’otto scudi delle botte che mi danno fastidio, La pregho andare dal Signor Giuseppe Priori, cassiero del Monte, e dirli che mi fauorisca auuisarmi per qual causa non ha pagato una mia polizza d’una doppia dicendo non auer denari de miei, e farsi dare una notarella del nostro, conto, perche mi pare che tenghi assai più nelle mani, se pure a riscosso li denari dal Ebreo Rossi al quale uendei il Vino, auendo il suddetto Signor Priori acettato di riceuer lui il mio credito e darmene credito, che in tal caso corre la somma per conto suo, che per altro, io non avrei dato il Vino, oltre di che di Conto Vecchio ui è qualche bagatella senza questi che lo pregho prenderne Nota distinta accio possa regolarmi, e ne do carico a V. S. e l’incomodo perche per esser Computisca in pochi momenti lei se ne sbrigha, et io aurò eterne le obbligazioni. Caro Signor Gerolimo assistetemi in questo particolare, perche al bisognio si Conoscano gli Amici, in oltre lo pregho uedere l’Ill.mo Sig.r Cast.no e Sig.r Seg.rio e dirli che Non mi scordo receuer li suoi fauori per l’alloggio in sua Casa come per sua Gentilezza mi esebi e che tra poco potria seguire mi ualessi delle sue grazie, e qui con riuerenza per parte di tutti di casa resto dicendoli che le faccende Nostre per l’Estate, Vanno assai superiori alli guadagni che si fanno in Italia e mi sottoscriuo
Di V. S. M.to Ill.tre
Nap.li li 5 Ag.to 1692.
Aff.mo Ser.re Vero
Francesco Calderoni d.º Siluio.
Son certo della sua Cortesia in auer gusto de miei caratteri et io sospiro li suoi si che ogni ordinario li scriverò sino à tanto che lei sij in stato di farmi auer sue ogni ordinario.
Il Nostro Signor Pantalone sara giunto in Ferrara e da lui aurà distinta relazione delle nostre facende e perchè il medesimo mi à lasciato in forse di ritornare, la pregho con destrezza ricauare il suo intento et auuisarmi, e questo suppongo saralli permesso dalla ricuperata salute che gl’auguro perfettissima quanto a me stesso.
Se potrà onorarmi di quel poco di fitto decorso mi farà fauore pagarlo al Signor Priori, appresso il quale deuo ualermi in breue di qualche somma, e così anco se non li fosse incomodo quello di pasqua prossima che gl’auguro felicissima e così pregare in Mio Nome l’Ill.mo S.r Castellano, e seguito che sij auuisarmi accio possa ualermene.
Godo che tenghi V. S. la casa e per li morari la pregho auantaggiarmi s’e possibile non se ne seruendo lei, intendendomi sempre che per lei non intendo crescerli cosa alcuna e lo fo padrone di tutto.
Li raccomando le botte e Tinazzi, acciò non patiscano, e non uadino da male, e già che la S.ra Leonora à pagato al S.r Albini per la S.ra Anna, ne scrivo al S.r Pantalone acciò c’ intendiamo.
Godo che detta S.ra Leonora sij acettata nella Compagnia di ◀Modena, ma vorrei auerne certezza, e così di pasq.no e qui con riuerenza per parte di tutti di Casa resto.
Di V. S. M.to Ill.tre
Nap.li 3 Marzo 1693.
Aff.mo Ser.re Vero
Francesco Calderoni d.º Siluio.
Lordinario passato non scrissi stante esser ritardato il procaccio, ora non manco al mio debito pregandolo di nuouo far por in Monte il denaro del fitto è così il S.r Castellano, caro s.r Gerolimo non manchi auendo gran necessità prima che parta il S.r Pantalone, per riscuotere alcuni pegni, noi godiamo ottima salute l’istesso, spero nell’Altissimo, che sij di V. S. che mi sarà car.mo sentirlo con sua, è se potessi seruirla in cosa alcuna, fauorirmi de suoi commandi, gl’auguro le S. Feste di Ress.ne per parte di tutti di casa, a misura del suo merito, che ual a dire, colme di ogni bene, la nostra Quadragesima è quasi finita, con pioggie quasi ogni giorno, l’armata di marc già si prepara per andarsene, ne altro si attende che alcuni uascelli Inglesi per far un buon numero, e poi portarsi uerso Genoua è quest’anno si uol sentir belle cose, altro non ò che dirle solo che non mi lasci infrotuoso, accertandola che sempre sarò.
Di V. S. M.t Ill.re
Napoli 17 Marzo 1693.
Aff.mo S.re Vero
Francesco Calderoni d.º Siluio.
Replico questa mia per non parere che stij sul grande, ma so dirli che non mi lusinga altra speme ch’ella si sij scordato di me se non il suppormi V. S. occupato nelle fatiche, ora ueniamo a noi.
O scritto al S.r Faccioli della Containa per auer del uino di S. Nicolò, onde prego V. S. uedere se pol auersi quando no la supplico al solito lei prouedermene, e non andrà come l’anno scorso, mentre a Carneuale (se a Dio piace) dobbiamo essere a Ferrara.
La prego ancora se mi conosce abbile in Liuorno non mi lasciare infrotuoso ne sij scarso di sue lettere, e se pensa con il non scriuere esimersi dal formaggio s’inganna, mentre tengh’ordine salutarlo e con tutti mi sottoscriuo
Di V. S. M.to Ill.re
Livorno 4 7bre 1693.
Aff.mo Ser.re Vero
Francesco Calderoni d.º Siluio.
Sempre seguendo il Trautmann, vediam che il Calderoni più tardi fu chiamato anche una volata da Massimiliano Emanuele alla sua splendida Corte di Bruxelles. Lo troviam poi nel 1699 a Vienna ; nel 1702 in Augsburgo, dove il 16 maggio ottenne il permesso di poter dare dovunque alcune rappresentazioni in lingua italiana, e nel 1703 ancora a Vienna, assistito dalla liberalità del Principe Elettorale, che si occupava con ogni larghezza delle spese di costumi ecc. ecc. per ogni singola rappresentazione di cui fu tenuto un esatto registro.